martedì 19 luglio 2022

Cronache di Surakhis 96 - Dimissioni, dimissioni!

dal web

 Da quasi un mese era calata la notte artica che sarebbe durata per altri cinque su una metà di Surakhis da quando l'asse del pianeta si era inclinato fino ad arrivare quasi all'orizzontale ed era cominciata la notte degli agguati, delle vendette, del regolamento di conti. Da quando agli abitanti, ormai ridotti in schiavitù totale dall'ampliarsi del debito individuale che a poco a poco era diventato familiare con l'opportunità di indebitare direttamente figli, nipoti e pronipoti ancora prima che questi nascessero, con l'obbligo e la convenienza di figliare il più possibile, era stato concesso di votare dei loro rappresentanti per formare una sorta di governo, i partiti si erano moltiplicati come i funghi ed i loro rappresentanti si battevano mani e piedi per promettere le cose più impensate al fine di ottenere il voto, dai minatori, ai contadini, ai produttori di organi per trapianti. La promessa più comune era la riduzione delle tasse, dalla Angurioni messasi a capo dei Cugini di Surakhis, una formazione che si richiamava al mitico dittatore del pianeta che faceva arrivare tutte le astronavi in orario, che proponeva tasse negative per tutti, distribuite casa per casa dalle sue Ciornie Rubachkie, assieme a bicchieri di oli peristaltici, fino al capo delle Gilde che puntava di più sulle mine spaziali per fare esplodere le astronavi carretta che portavano i disperati delle Nubi Magellaniche che tentavano di atterrare nei deserti del sud per andare a raccogliere i cactus veleniferi, mestiere che tutti ormai si rifiutavano di fare, da quando la scodellata di zuppa era stata garantita a tutti quelli che impegnavano i reni dei pronipoti (in linea paterna). 

Tutti si sbracciavano nei comizi, direttamente nelle miniere per non far perdere preziose ore di lavoro, come i rappresentanti delle dodici varianti risultate dalle varie scissioni degli Immobilisti Seven Stars. Cricket il loro ideatore e mentore le benediceva tutte, ricavando una buona prebenda da ognuno di loro, che ovviamente piuttosto che consumarsi nelle miniere di pietra di Baum, preferiva occupare un posto nel parlamento del pianeta, anche se lo stipendio se lo razziava tutto lui. Aveva solo tolto l'appoggio a al ministro Iunii, da quando gli aveva morso la mano, mentre lui gli buttava le ossa del pasto della sera. Al più se il governo resisteva ancora un paio di mesi, tutti avrebbero avuto diritto alla pensione perpetua del minatore, la famosa scodella di zuppone che veniva distribuita a fine turno, poca roba secondo alcuni, ma sempre meglio delle dodici frustate col nervo di kabù, che venivano inferte a chi non raggiungeva la quota di pietra scavata. I partiti minori invece avevano adottato un sistema meno comprensibile ma più astuto, promettevano tutto e anche il suo contrario, cosicché ognuno potesse trovare quello che gli piaceva nella loro proposta politica. Nella pratica, da quanto a capo del governo era stato messo Drakes, li teneva tutti per le palle, inclusi i multitesticolari aldebariani, che ne tenevano sempre qualche paio di riserva o gli aracnoidi di Rigel ai quali ricrescevano in ventiquattro ore anche se gliele strappavi alla radice. Gridavano un po', è vero, ma poi alla fine filavano via mugolando e mantenevano una certa obbedienza. 

Fatto sta che da quando era calata la notte polare, erano cominciate le vendette incrociate e gli agguati, complici le tenebre si erano moltiplicati. In realtà benché ogni formazione fosse ferocemente avversaria di tutte le altre, specie quelle ufficialmente alleate, tutte avevano poi uno stesso fine comune che le univa, quello di far fuori Drakes e togliere i loro zebedei dalla morsa in acciaio inox, leggera e non scomoda, infatti non impediva i movimenti, che il saggio banchiere aveva loro imposto e calzata di persona e che poteva far scattare a piacere con un semplice comando blue tooth, che teneva sempre a portata di mano. Infatti, dopo l'ultimo consiglio dei ministri tutti erano andati via con la coda tra le gambe, anche gli Aldebariani, che neanche ce l'avevano, dopo aver giurato eterna fedeltà, felici quanto meno di avere conservato le appendici riproduttive. Ma non appena usciti dalla sala capitolare, Earl the Loyar, radunati i suoi fedelissimi, aveva mandato una missiva all'antrace direttamente all'ufficio di Drakes annunciando di astenersi dal voto successivo, quando in aula si sarebbe dovuta approvare la costruzione di una nuova centrale a merda, per sfruttare meglio le deiezioni del popolo che diventavano sempre meno ricche man mano che lo zuppone veniva allungato. Anche se si era promesso di posizionarla in periferia e che le emissioni non sarebbero state più sgradevoli di quelle a diossina, la gente tritamarroni come sempre, non gradiva. Schivato il pericolo venefico, Drakes usava un gruppo di assaggiatori di messaggio, che cambiava non appena cadevano avvelenati, ma schifato per la mancanza di fedeltà, lui non sopportava chi si rimangiasse la parola, fece subito sopprimere dai suoi Sardar i primogeniti che i seguaci di Earl gli lasciavano come pegno, ma alla fine fu preso da un senso di sconforto. 

Se addirittura ormai la gente se ne fregava anche dei figli più cari, capisco venderne qualche organo secondario o doppio, occhi, reni, palle, voleva dire proprio che non c'era più la possibilità di fidarsi di qualcuno. Quindi mestamente salì sul colle delle immondizie che dominava la città dal punto più alto dell'acropoli per farsi ricevere da Bastonius (questo era il nome che adesso preferiva usare Paularius da quando aveva formalmente dato il potere al popolo), per rassegnare le sue dimissioni. Forse non aveva considerato, i problemi a catena che questo gesto avrebbe provocato anche in sede galattica, dato che aveva la stima di tutti i tiranni dell'impero e subito dopo che Bastonius gli respinse le dimissioni, rimandandolo a farsi sfiduciare dal popolo, la responsabile delle finanze dell'Impero, Madame La Guardia, un octopus di Arcturus capace di tenere in memoria tutti gli indebitamenti di ogni essere vivente della galassia e forse anche di quelle vicine, aveva fatto trapelare che in caso di rifiuto non avrebbe avallato il meccanismo salva spread che stava per essere varato per Surakhis. In pratica nel caso il debito medio individuale degli abitanti di Surakhis, superasse una certa soglia, sarebbe stato asportato automaticamente ad ognuno un arto a scelta da devolvere alla banca centrale degli organi. La cosa aveva molto infastidito Drakes, desideroso di ritirarsi su qualche luna secondaria di Deneb IV per dedicarsi alla caccia dei vermi mutanti delle paludi di Fobs, cosa che lo divertiva moltissimo, specialmente quando per sfuggire alla cattura accettavano qualunque incremento dei tassi (animaletti pelosi loro nemici naturali e molto crudeli). 

Soprattutto non è che fosse molto desideroso di sottomettersi nuovamente al giudizio di fiducia parlamentare, anche perché col nuovo sistema di democrazia diretta, il premier veniva issato con una catena al centro dell'arengo ed in caso di bocciatura, il gancio veniva aperto e il capo di governo ormai inutile veniva precipitato in un pentolone di olio bollente tra il giubilo della folla convenuta, alla quale non fregava minimamente nulla di quale fosse in quel momento il malcapitato di turno, ma gioiva soprattutto dello sfrigolio delle carni e delle urla del malcapitato, mentre le vecchiette in prima fila, smettevano per un attimo di completare i loro centrini all'uncinetto, per alzarsi ululando: "E vai, uno di meno". Insomma no, non gli andava proprio, ma l'ultima occhiata in tralice di Bastonius Paularius gli fece chiaramente capire che i suoi desideri personali, non avevano molta rilevanza nella decisione. Si trattava di una scelta di responsabilità alla quale nessuno si poteva sottrarre. Appena uscito lui, Paularius, fece uscire anche il quartetto di flauti da culo, che aveva scoppiettato un'aria di sottofondo e arieggiò la stanza, poi chiamò le le multilinguate di Rigel VI, per concedersi qualche momento lieto, cosa che lo rigenerava sempre dopo ogni tediosa seduta politica. Nei cunicoli più profondi delle miniere gli schiavi non si accorsero di nulla, anche se i multi schermi riportavano le novità del giorno a rotazione. Gli occhi abituati all'oscurità, non distinguevano più le variazioni di luce ed i colori, tantomeno i suoni che apparivano tutti desolantemente uguali. ma intanto nel più profondo della terra, la rabbia montava.

 

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