giovedì 16 novembre 2023

Corea 12 - Il Nanta theatre a Myeongdong

Myeongdong - Seul - ottobre 2023


Pace, pace, pace

Il giro alla DMZ mi ha dato interessanti stimoli su cui meditare e deduco quindi che questa visita sia consigliabile a chi voglia fare considerazioni che vanno un po' oltre il semplice godimento delle bellezze artistiche o naturali del paese. In fondo qui sono appesi da quasi tre generazioni ai capricci di leader bizzosi e che con una semplice decisione possono scatenare l'inferno, come diceva del resto anche Massimo Meridio. Tutto questo è in generale frenato dalle situazioni di calma e di avanzata economica del mondo, ma tutto è sempre sul punto di precipitare quando si accendono qua e là scintille di disordine mondiale, guerre locali che hanno sempre il malcelato desiderio di coinvolgere i vicini per espandersi come cancri pronti a devastare l'organismo che li ha creati e distruggerlo. E' un po' come un'epidemia che dilaga senza freni e qui siamo in uno dei punti del mondo dove le difese immunitarie sono labili e tutto sta lì in equilibrio precario pronto a deflagrare, basta un cerino, un sentore che in altre parti del mondo ci si massacri per un qualunque futile motivo, perché anche qui il mostro alzi la testa e cominci a soffiare fiamme, con dietro il solito codazzi di folli guerrafondai carichi di odio arretrato e assatanati di sangue che gridano evviva e abbasso. Già mi sembra che non appena è scoppiato il nuovo casino mediorientale, anche qui sono cominciate le dichiarazioni bellicose e si sono mosse flotte e batterie di missili.

DMZ

Insomma la cage aux folles è sempre più popolata e non si può mai stare tranquilli, basta che poi ci lascino tornare a casa prima di cominciare il lancio dei missili e qui ce ne sono molti, così dicono per lo meno. Comunque appena superi l'ultimo posto di blocco, tutto sembra dimenticato e non avverti più la minima tensione anzi, questo sembra proprio un pulmann di vacanzieri in visita ai vari parchi giochi di cui questo paese è pieno, manca solo lo zucchero filato e la frutta caramellata. Il mondo è davvero strano, così almeno mi sembra mentre percorriamo le vie più trafficate fino a City Hall con i suoi cubi immensi di acciaio e cristallo che soffocano le statue di re e di monaci del corso centrale che sembrano così piccole al confronto. Gli ingressi fastosi ed invitanti del Lotte mall e dei suoi succedanei, chiamano come sirene molto di più dei modesti vialetti che conducono agli antichi templi nascosti nei piccoli parchi sparsi per la città, sacrari di nuove religioni che privilegiano il consumo cercando la sofferenza nella deprivazione invece che nella punizione per il malfatto. Tuttavia il giro di oggi mi ha dato modo di ragionare anche su altro. Infatti nella serie di monumenti e punti commemorativi vari che si trovavano nella DMZ, ce n'era anche uno apparentemente estraneo, diciamo così fuori tema che raccontava un'altro dei punti dolenti della memoria di questo paese. 

Il ricordo alle ragazze rapite

Infatti in una piccola area vicino ai binari della ferrovia monca, quasi a rimarcare che il problema riguardava il paese nel suo complesso e non solamente per quello dimezzato, c'era una statua di bronzo a grandezza naturale, che ritroveremo uguale in molte altre parti del paese, come a voler puntualizzare un ricordo che sarebbe sacrilego dimenticare. La statua rappresenta una ragazza adolescente seduta su una sedia, immobilizzata in un atteggiamento di attesa e dal volto tristissimo. Una targa commemorativa racconta la storia di una delle più incancellabili e vergognose ferite che la guerra mondiale ha inferto a questo paese. Durante l'occupazione giapponese infatti, si parla di oltre 100.000 ragazze imprigionate e rinchiuse in campi speciali, per diventare oggetto di svago sessuale per la truppa occupante, rapite direttamente dalle famiglie o convinte con l'inganno di andare a svolgere un lavoro come cameriere o governanti, per poi essere internate in veri e propri lager/bordelli. Queste ianfu, secondo il termine giapponese tradotto, con la tradizionale pruderie orientale, come confort women, sistematicamente violentate e torturate, morirono in larga parte in prigionia e su questi fatti dopo la fine della guerra calò il silenzio, seppellito da un lato dala distruzione dei documenti da parte dei giapponesi e dall'altra parte da un malcelato senso di vergogna, quasi la colpa fosse attribuibile alle vittime stesse. 

Myeongdong

Dagli anni '80 in poi, tuttavia, il problema riemerse, grazie all'attività di molte sopravvissute e pur se sottoposto più volte a indecenti revisionismi, la storia segue sempre gli stessi canali, anche il Giappone dovette ammettere questi crimini di guerra e scusarsi ufficialmente, pur in un indecente balletto di confessioni e ritrattazioni ufficiali. Fu addirittura già all'inizio del nuovo millennio, proposto una sorta di indinnizzo di circa 2000 dollari per ognuna delle vittime. Oggi sopravvivono ancora qualche decina di queste donne e la memoria dei fatti è mantenuta viva proprio da questi monumenti sparsi per il paese, con questa ragazza triste seduta su una sedia con le mani sul grembo a difesa dell'innocenza strappata e mostra come questo vulnus non sia assolutamente sopito o dimenticato e rivolto verso un paese da sempre nemico e invasore. Insomma ogni nazione ha le sue memorie tristi da onorare, anche se questo apparentemente così sereno, sembra considerarle con pudore trattenuto, senza sguaiatezza insomma. Chissà se l'atteggiamento delle nuove generazioni quaggiù è permeabile a queste suggestioni o se come da noi capita spesso, quando parli di guerra e resistenza, spesso non si riesce neppure a collocarle in una linea temporale sensata. Ma adesso bisogna pensare a concludere il resto della giornata e il mio programma prevede l'alternanza assoluta, quindi dopo l'intermezzo politico, la serata è prevista in uno dei quartieri che più rappresentano la movida sfrenata della capitale: Myeongdong, il vero centro cittadino frequentato dai giovani. 

Banchi di street food

In realtà avremo il tempo solamente per una toccata e fuga, una passeggiata nella via pedonale che taglia in due il quartiere, che vedremo con più attenzione al ritorno in città alla fine del giro. Questa volta invece voglio approfittare di una delle attrazioni più note di Seul, lo spettacolo del Nanta Theatre che propone da anni uno spettacolo notissimo e si dice di grande impatto. Bando al braccino corto e questa volta usufruiamo di un comodo taxi dato che non siamo molto distanti e arriviamo giusto in tempo per lo spettacolo delle cinque. Si tratta di una performance molto divertente, ben studiata anche al pubblico straniero, dato che praticamente è una pantomima senza paarole che mescola elementi del tradizionale teatro popolare ad elementi delle tendenze musicali moderne per le quali la Corea è diventata famosa nel mondo. La vicenda, semplicissima, racconta di quattro cuochi pasticcioni che devono preparare in un'ora un banchetto nuziale, occasione per una serie di gag comiche, di acrobazie, giocolerie e soprattutto di virtuosismi di percussionismo eseguito con ogni strumento possibile dalle posate, alle pentole e da ogni altro oggetto via via disponibile che possa produrre un ritmo complesso e vertiginoso. Lo spettacolo è davvero spassoso e coinvolge frequentemente il pubblico che partecipa entusiasticamente portando alla fine la vicenda in un crescendo travolgente. Davvero questi Coreani sono un pubblico facile da scaldare che si diverte di cuore e si entusiasma calorosamente. Ce ne usciamo così, convinti a passeggiare tra gli innumerevoli negozi di prodotti di bellezza che chiamano le signore di passaggio invitandole ad entrare con la promessa di sconti mirabolanti e con l'esca di campioncini di prova. 

Frutta caramellata

Ma la parte più divertente del quartiere è la sfilata di bancarelle di street food che propongono tutta una serie di specialità all'apparenza assolutamente golose, dalle fette di pane abbrustolito e cotto con l'uovo a tutta una innumerevole serie di spiedini tra i più vari. Il più noto è il calamaro fritto, che volge all'in su i suoi tentacoli nel disperato tentativo di sfuggire alla pentola di olio sfrigolante, alle capesante grigliate, ai gamberoni appena scottati o alle piccole code di astice insaporite da salse all'apparenza molto golose. C'è poi tutto il settore della parte dolce, pankake di vario tipo, waffles farciti (pure di Nutella, anche se questo è uno dei paesi del mondo dove Ferrero è meno presente sugli scaffali), frolle e biscotti ripieni al formaggio o alla crema di fagioli rossi, altra specialità orientale, fino alla frutta caramellata, evidentemente una delle passioni locali, visto il numero dei banchetti specializzati. Un discorso a parte va fatto sulla frutta che anche qui, come mi sembra nella maggior parte dei paesi orientali, non è uno dei naturali componenti del pasto e della dieta quotidiana come la intendiamo noi, quanto piuttosto un oggetto quasi di lusso, che viene portato in regalo durante le visite e consumato in occasioni speciali. Ecco dunque che la frutta deve essere solamente bellissima, di dimensioni sproporzionate e quindi offerta a pezzo più che a peso, proprio per valorizzarne meglio la qualità e la bellezza. Questo porta quindi a prezzi d'affezione che noi giudicheremmo sproporzionati visto che si tratta in generale non di produzioni esotiche ma prodotti autoctoni e credo, disponibili in larga quantità. 

Gamberoni alla griglia

Così nei vari negozi specializzati e anche nei mercati (sempre divisi dalle verdure che evidentemente sono invece di uso comune) trovi castagne enormi, fragoloni grossi come albicocche, albicocche e prugne delle dimensioni di belle pesche e pesche più grandi delle mele. Le mele poi paiono meloni e i meloni angurie, mentre strano a dirsi le angurie, rigorosamente apirene, sono grandi come mele. I frutti più comuni in stagione sono comunque i cachi, presenti in molte varietà diverse, poi i nashi, la particolare pomacea giapponese a metà strada tra la mela e la pera, esternamente simili alle nostre mele ruggini, assolutamente enormi e dalla polpa deliziosa, ognuno avvolto in un cestellino di plastica per proteggerlo dai colpi e infine i mandarini, di una varietà succosissima e particolare, specialità dell'isola di Jeju di cui avremo ancora modo di parlare. Comunque pensate che l'uva, pur molto bella e dagli acini giganti, può costare anche 10.000 W al chilo, i nashi o le mele 2000 W al pezzo e  i meloni 10.000 W cadauno. Noi intanto ci abbandoniamo a dei vassoietti di gamberoni sgusciati e capesante, assolutamente deliziosi tanto per far venire tardi, passeggiando tra i ragazzi che volteggiano qua e là ridendo e divertendosi. Tiriamo tardi fino a far l'ora di rientrare. Qui, il quartiere è molto frequentato dai turisti e i tassisti fanno i furbetti (è l'unico posto in tutto il paese dove riscontreremo questa cosa) e chiedono una cifra esagerata a botta, ma basta uscire dalle vie più frequentate e trovi subito quello che, senza fare un plissé, attacca il tassametro e commenta la scorrettezza dei suoi colleghi furbacchioni con un moto di riprovazione sdegnata. Questo è un paese serio.

Code di astice

SURVIVAL KIT

Nanta theatre3F, 26 Myeongdong-gil, Jung-gu, Seoul. E' il più noto tra gli spettacoli coreani. E' stato anche portato in giro per il mondo. La sua sede principale è qui a Myeongdong, ma c'è anche un altro punto a Hongdae. Due o tre spettacoli al giorno (14. 17, 20), tutti i giorni e della durata di quasi un'ora e mezza. Tre ordini di prezzo quello centrale ma si vede benissimo dappertutto, la sala è molto ampia costano 55.000 W (senior 33.000) e il biglietto propone sconti anche per negozi e ristoranti del quartiere, come potete vedere dando un'occhiata al sito. Qualche posto rimane sempre anche se arrivate all'ultimo momento, ma c'è comunque la possibilità di acquistare il biglietto online. Foto vietate. Gli attori (mimi, giocolieri, percussionisti) sono davvero bravi e coinvolgenti e mi sembra che lo spettacolo valga assolutamente la pena di essere visto. Consiglio di non perderlo.

Fette all'uovo e formaggio


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