martedì 30 aprile 2013

Una rosa bruciata.


A volte si parla un po' troppo sopra le righe. Non si pensa mai a quali possono essere le conseguenze. Magari un uomo esce al mattino e scrive:"Oggi è una bella giornata di sole"" e dopo un' ora la sua vita è rovinata per sempre.

Oggi solo una quartina di Ommar Khayyam, la 297, che tento di tradurre un po' maccheronicamente da un libro che mi ha mandato un caro amico.


шел вчера я, мечтая о чаше вина,
вижу: роза растоптана, обожжена.
я спросил: " за какие грехи наказанье?"
"слишком громко смеялсь" - сказала она.


Ieri stavo sognando di una coppa di vino,
quando ho visto una rosa calpestata e bruciata.
Ho chiesto: "Per quale peccato merito questo?"
"Per una risata sguaiata" mi ha risposto.





lunedì 29 aprile 2013

Cronache di Surakhis 55: Il pianeta degli avvelenatori.

Lo chiamavano anche il pianeta degli avvelenatori. In realtà era Boot IV, un piccolo mondo periferico dalle usanze particolari, ma noto in tutta la galassia per il Grande Gioco, un evento che si svolgeva periodicamente e che attirava spettatori da ogni parte dell'universo. La popolazione si divideva in squadre che lottavano tra di loro e chi vinceva governava per un certo pericolo, ponendo in schiavitù gli sconfitti. Le tecniche messe in atto nella gara erano quelle tipiche della loro tradizione, il tradimento, gli accordi tra fazioni, l'uso spensierato di ogni genere di veleno con cui uccidere o mettere fuori combattimento gli avversari. Era davvero un grande ed istruttivo spettacolo. Paularius, che non se ne perdeva una edizione da decenni, da molti giorni se ne godeva ogni momento da una grande sala multischermi per ospiti di riguardo nella capitale. Le dodici amazzoni linguiste sdraiate mollemente sui divani, facevano parte dell'arredo dell'appartamento, comprese nel prezzo del pacchetto de luxe. Questa edizione del Gioco era stata fino a quel momento, davvero superba, per colpi di scena e soluzioni inedite e fantasiose. La cerimonia di apertura soprattutto era stata bellissima, con tutte le squadre che sfilavano nello stadio del Mons Cytorius, spargendo veleni a contatto dove si pensava che gli altri avrebbero messo i piedi. Tutti recitavano a squarciagola il mantra "Ognuno deve prendersi le proprie responsabilità" danzando a ritmo di reggae.

Erano morti, eliminate da veleni istantanei antichi gruppi e se ne erano formati di nuovi del tutto inediti che utilizzavano di preferenza pozioni ancor più mefitiche di nuova generazione, che si trasmettevano direttamente con la parola, tramortendo di colpo gli avversari. Gli schieramenti tradizionali erano sempre i più forti, ma avevano perso consistenza perché, avendo avvelenato i loro stessi sostenitori per anni, non erano più riusciti ad avere la forza sufficiente per togliere di mezzo subito i vecchi avversari. I Puri e Duri, che inglobavano tra le loro fila le più varie correnti, dai Fiorellini, che usavano solo veleni gentili che uccidevano senza sofferenze, per credo religioso, fino ai Semper Liberi, abituati a metodi più spicci, polveri o liquidi che facevano cadere il nemico in piazza, di fronte alla folla festante, erano presi da lotte interne cruente e spettacolari. Dall'altra parte gli storici loro avversari, i Putaneros De la Luz, affermavano pubblicamente di aver abolito l'uso dei veleni per convincere i passanti ad entrare nelle loro case  dove veniva loro somministrata da ancelle fedeli, una pozione che ne ottundeva per sempre ogni senso morale, trasformandoli durante eleganti orge collettive, in automi che osannavano il loro leader in continuazione e recitavano chiocce giaculatorie. Il nuovo gruppo, i Piati Zbiezdi spargevano invece i loro veleni ricavati da varie specie di Digitale direttamente attraverso l'etere. Paularius non ricordava una cosa del genere.

Un vero spettacolo. Le fazioni dei Duri e Puri, incuranti degli attacchi esterni, si decimavano tra di loro ed eleggevano un capo dopo l'altro solo per sopprimerlo subito. Avevano eliminato l'Uomo del Mare, un loro vecchio capo, ripescato per caso, somministrandogli un alga mortifera che lo aveva tenuto in vita tra grandi sofferenze un paio di giorni. Subito dopo era stato acclamato come nuovo capo, un antico e prode militante, invitto in ogni battaglia contro il nemico. La mattina dopo era stato trovato riverso a terra, soffocato dalle fette del salume tipico di Boot IV e trafitto da oltre cento colpi di lama avvelenata alle spalle. Un coup de theatre avvero spettacolare. Ma adesso il Gioco stava per finire. I due gruppi, tra grandi dichiarazioni di affetto e di amore universale, si erano accordati per dichiararsi vincitori entrambi e si apprestavano a governare il pianeta per gli anni successivi, anche se evitavano il contatto fisico tra di loro, timorosi dei veleni di contatto. Paularius si adagiò meglio tra i cuscini, lasciando che le linguiste continuassero il loro lavoro. Quasi quasi conveniva prolungare il soggiorno, era molto probabile che il nuovo Gioco sarebbe ricominciato prestissimo e non valeva la pena tornare a Surakhis. Accarezzò sorridendo la testa della linguista più brava e la lasciò lavorare tranquilla. Ne avrebbe viste ancora delle belle.


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domenica 28 aprile 2013

Un fiocco alla porta.

Quando nasce un bambino, in generale sono tutti contenti e si sperticano in lodi e auguri di futuro radioso per lui e ovviamente in felicitazioni per i suoi. Questo qui no. E' un po' diverso. Intanto è stato un parto difficilissimo e anche se, appena nato tutti dicono: "Oh quanto è carino", tutti sanno che non è vero. Il neonato è come sempre brutto, grinzoso e pieno di difetti. Per questo qui, non si sa nemmeno se mettere il fiocco rosa o azzurro, ma adesso tanto è di moda e il sesso è diventato un po' un optional, quindi non ci facciamo caso. Certo l'unico che lo ama davvero è il nonno, saggio come tutti gli anziani, mentre invece è malsopportato addirittura dai genitori. Non parliamo poi di parenti e amici a cui non va giù neanche col caffelatte, Se pensiamo poi a chi non può vedere neanche i genitori, possiamo proprio dire che è visto come il figlio della schifosa. Certo è pieno di difetti; d'altra parte, con un parto così faticoso, l'hanno tirato fuori col forcipe, non si poteva pretendere di più. E va già bene che con interventi notturni di chirurgia prenatale, gli avevano torto i bubboni più infetti e purulenti, sia quelli piccolini che le voglie più sordide che macchiano la pelle più irrimediabilmente, però il neonato rimane quello che è, malaticcio e pieno di difetti e si fa fatica a prenderlo in braccio, potrebbe anche morire in pochi giorni, tra il giubilo delle prefiche e le lacrime di coccodrillo di chi gli ha trasmesso i geni della propria rogna. 

I più decisi detrattori, estranei, ma anche quelli molto vicini alla sua cerchia familiare, auspicherebbero una bella operazione di eutanasia, soffocandolo nella culla, salvo darsi poi la colpa uno con l'altro. Già, loro volevano e sognavano una di quelle belle bimbe coi riccioli dorati o uno quei deliziosi maschietti coi capelli rossi, che magari appena nato cominciasse a frinire, pardon a frignare. Invece è venuto fuori questo sgorbietto puzzolente che si porta dietro tutte le tare dei genitori bene in vista e nessuna delle qualità, posto che ne abbiamo mai avute. Qualcuno sperava in uno di quei ragazzini seri e prestigiosi che fin da piccoli imparano a leggere, sani, onesti e specchiati, però quando c'era scegliere un genitore con quel genoma lì,  lo hanno tenuto fuori dal letto nuziale, troppo serio per il bunga bunga. Ma fate attenzione cari amici, non consolatevi pensando che tanto creperà presto tra il giubilo generale. Non è mica detto. Guardate che i bebé più malaticci e deboli, spesso poi sono proprio quelli che campano fino a cent'anni e molti fanno addirittura molto meglio degli altri, i forti e prepotenti, destinati a cadere a terra ingloriosamente proprio per la loro odiosa sicumera. E poi vorrei dire a tutti quelli che lo schifano, questo neonato bruttino e pieno di difetti, che non basta gridare che bisogna buttarlo nel cesso; proponete per favore, qualche cosa al suo posto, con i numeri a disposizione che ci sono però, non con la chiacchiera e i distinguo. Datemi retta, teniamocelo com'è senza odiarlo troppo e vediamo cosa riesce a fare.


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sabato 27 aprile 2013

Considerazioni sul Tai Ji Quan 23-24: Shí zì shǒu - Shōu shì.

Shí zì shǒu - Shōu shì



La forma 24 Yang si conclude con questi due brevi movimenti finali. Il primo viene denominato Shí zì shǒu -Mani in forma di croce, con i tre caratteri 十字手 . Il primo dei tre è inequivocabile e significa anche 10 in quanto per indicare questo numero si pongono i due indici appunto a forma di croce, mentre il secondo vuol dire Carattere, Forma. Infine il terzo lo abbiamo già visto nel movimento 10 ed è la stilizzazione della mano. Ci troviamo in posizione Gong bu, col piede sx avanti. Il piede dx ruota sul tallone verso l'esterno, il peso del corpo si sposta sulla gamba dx, mentre anche il piede sx ruota sul tallone portando tutto il corpo in direzione Nord. Ci si trova quindi col peso al 70% sulla gamba dx sul ginocchio leggermente piegato, con il passo Pa Ma Bu (mezzo passo del cavaliere). Contemporaneamente, come abbiamo detto, tutto il torso ruota verso dx di 90°. Il braccio dx ruota di 180° verso dx, palmo in avanti rimanendo alla stessa altezza, mentre il sx rimane in posizione, dando la sensazione di spingere lateralmente col taglio della mano. Lo sguardo segue la mano dx. Al termine di questa parte del movimento (fase inspiratoria) ci si ritrova con le braccia allargate quasi a 180° alla stessa altezza, dando la sensazione di spingere verso l'esterno, coi tagli delle mani mantenuti verticalmente. I gomiti rimangono verso il basso leggermente arcuati. Da qui inizia la fase espiratoria. Il centro di gravità si sposta verso la gamba sx richiamando il il piede dx alla distanza delle spalle. Le braccia contemporaneamente compiono un semicerchio verso il basso e si innalzano fino a formare una croce in diagonale davanti al petto, il polso dx davanti al sx con le palme rivolte verso il viso. Lo sguardo che ha seguito la mano dx rimane rivolto avanti verso N. Le ginocchia sono piegate leggermente e il bacino è retroflesso in avanti. Qui termina il movimento 23 in cui bisogna porre attenzione a mantenere il busto sempre in posizione eretta, fare ruotare le braccia davanti a sé in maniera ampia e mantenere il corpo morbido evitando ogni tensione. Questa grande rotazione di braccia ha una funzione di rinvigorimento del processo respiratorio e tonifica in generale il sistema nervoso simpatico. 

A questo punto non rimane che effettuare il movimento finale 24 chiamato 势 -Shōu shì, che significa proprio: Situazione (posizione) finale. Le mani che erano in posizione di croce, si allargano portandosi avanti alla larghezza delle spalle con la punta delle dita volte in avanti (fase di inspirazione). A questo punto si portano le braccia verso il basso come spingendo con le palme in giù. Al termine di questa discesa della braccia si richiama il piede sx riunendolo al dx, mentre le braccia rimangono morbidamente distese lungo i fianchi. Durante questa fase (espiratoria), ci si risolleva in modo che le gambe che avevano le ginocchia leggermente piegate, riportino il corpo in posizione eretta, la medesima con sui si era incominciata la forma. Lo sguardo rimane sempre in avanti. E' importante che durante questa fase, in cui il corpo sembra risollevarsi dalla posizione sempre un po' bassa delle ginocchia piegate, si utilizzi la respirazione per portare l'energia (气 - Qì)  verso il basso, qualche centimetro sotto l'ombelico (Tan Tien). Questa posizione finale dovrebbe portare al rilassamento completo di tutto il corpo, dando un senso di completezza e di equilibrio fisico e psichico. In ogni caso durante tutta la forma (e in tutto il tai ji in generale) la respirazione deve essere di tipo addominale, con il fine di mantenere appunto l'energia e quindi il centro di gravità, il più in basso possibile. Si conclude in questo modo, pressappoco nel punto di partenza la forma 24 dello stile Yang.




Refoli spiranti da: 

Fundamental of Tai Ji Quan - Wen Shan Huang - S.Sky Book Co - Honk Kong -1973
Moiraghi : Tai Ji Quan - geo S.p.A. 1995
Kung Fu and Tai Ji  Bruce Tegner -Bantam book - USA - 1968
www.taiji.de
Huard - Wong . Tecniche del corpo - Mondadori Ed. 1971

venerdì 26 aprile 2013

Neve a Mosca 2.



Secondo me è proprio una questione insita nel genoma umano. Siamo esseri incontentabili. Un altro dei punti di forza che ha reso la specie dominante su questo povero pianeta. Ma sì, il fatto che non ci vada mai bene niente, piove e vorresti il sole, arriva l'estate e ti lamenti che fa caldo, sei davanti ai gamberoni alla griglia e magnifichi la bontà inarrivabile della polenta concia. Un amico è stato sei mesi ai Caraibi per cambiare vita, facendo lo skipper tra isole deserte, lingue di sabbia bianca e mare cristallino e poi se ne è tornato ad Alessandria a vendere impianti di purificazione dell'acqua. Motivo, non ne poteva più. Sembra un po' una maledizione che una strega maligna o l'invidia degli dei, ci ha inserito nel software della mente, un bug mefitico, un virus che nessun firewall ha bloccato e destinato a manifestarsi proprio quando pare che ogni cosa vada per il meglio. No, tranquilli, non mi sto riferendo alla politica. Lì siamo messi male. Mentre compulso sui tasti, gira un mp3 di Santana che gorgheggia: Primavera ya llegò...Quanto l'abbiamo desiderata qui, tra le brume grigie tra Tanaro e Bormida, la primavera. Eppure, eccomi qua che, anche se finalmente i termosifoni sono spenti, mi ritrovo a guardare con nostalgia una foto che l'amico Eugenio mi aveva inviato qualche tempo fa, a febbraio mi sembra, scattata in uno dei condomini di quella periferia moscovita così lontana, anche psicologicamente, dai fasti odierni della Piazza Rossa. Mi sembra di sentirlo ancora nelle narici fredde, quel odore di neve, netto, metallico, che ti aggrediva i polmoni appena uscito in strada, appena lasciato il bozzolo del calore umidiccio e quasi soffocante dell'interno delle case. 

Avevi fatto colazione con un thé bollente, qualche fetta di pane nero spalmati di burro, magari qualche cucchiaio di smietana fresca, tralasciando la composta di cetrioli o le fettone di salame della Mikomsk e uscendo i piedi ti affondavano nella neve alta e soffice, con lievi crok crok ad ogni passo, il sonoro dei cortili di Mosca d'inverno. Qualunque ora fosse, nell'aria, quella penombra appena sfiorata dalle luci gialle dei lampioni che non riusciva a rischiarare. Poi, a mezzogiorno, il pallido puntino giallo smorto del sole, forse un lampione appena più forte, mentre qualche raro fiocco, congelato anche lui dal freddo, faticava a scendere, ballandoti ancora un po' davanti agli occhi prima di posarsi sulla coperta bianca. Ma come faceva la gente a ritrovare la propria auto? Mah, alla fine poi tutti andavano a prendersi la metropolitana, dalle lontane periferie, un altro periodo di riparo e di calore sudaticcio, prima di ritornale al bianco, ma questa volta sporcato ed offeso dai tanti passaggi che lo avevano ormai privato della sua magnifica verginità, all'uscita della Majakovskaija o della Teatralnaija. I marciapiedi della Tvjerskaija erano ormai battuti dai tanti passaggi delle moltitudini che andavano a far finta di lavorare, nelle centinaia di uffici dagli acronimi complicati che coprivano il nulla. Poche macchine nella larga carreggiata, erano tutte rimaste nei cortili dei condomini sotto la coltre di neve, ad aspettare la primavera, con i suoi fine settimana chiari, in cui andare alla dacia di campagna a seminare le patate. Ciao Eugenio.



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giovedì 25 aprile 2013

Il processo di Tian Shi Lao.

Aveva un cartello al collo e un gran cappello a punta in testa, con due lunghe orecchie d'asino che pendevano ai lati, virtuali s'intende. Lo sguardo basso e volto all'ingiù, gli occhi tristi ed una piega amara sulla bocca chiusa, come chi sa di essere colpevole, seduto al centro dell'aula dove si svolgeva quella farsa di processo. Sul cartello potevi immaginarci una scritta del tipo: "Sono uno sporco revisionista" oppure "Ho tradito la causa". La tensione forte sembrava scandita quasi in automatico, come colpi di lama impietosi che affondavano nell'aria rarefatta. Ad uno ad uno, i presenti all'assemblea puntavano il dito, scandendo i termini dell'accusa sulla sua figura curva che pareva ormai sopportare le bastonate virtuali, senza porre nessuna opposizione. Sì, ci sei andato in spregio alle indicazioni tassative del maestro! Hai disobbedito alle indicazioni  del partito! Eppure ti dovevano essere ben chiare le massime del libretto! Hai parlato per appagare la tua vanità personale in spregio al benessere collettivo! Pentiti ed autoaccusati, solo così potrai essere rieducato! Il tuo orgoglio colpevole ti ha fatto dimenticare che il nostro pensiero, se mai ci fosse, deve prima essere sottoposto al vaglio ed al giudizio critico delle masse, le sole che possono dare il loro assenso alle decisioni! I giovani accusatori avevano le ciglia aggrottate e uno dopo l'altro lanciavano le loro pesanti reprimende con astio e certezza di possedere la verità dei padri del partito. Ad ogni colpo, ad ogni vergata, sempre più dolorose e violente, il colpevole chinava il capo, qualche volta cercando una umile giustificazione di facciata, un tentativo disperato ed inutile di difendere il malfatto, pur sapendo che la condanna era già stata pronunciata e la pena pronta ad essere eseguita. Ma io non credevo. Erano solo consigli. Pensavo che non si trattasse di questo, le norme parlavano solo dei talk show. La voce sempre più debole, quasi indistinguibile.  Tutto inutile, ma prima della inevitabile e giusta cacciata, col reprobo coperto di vergogna e di insulti, colpirne uno per educarne cento, una mano pietosa ha spento la telecamera della diretta streaming, forse per vergogna, forse per non mostrare a tutti la vera faccia indecente del partito, quella che poi rimarrà nella storia e così non si è potuto assistere alla sfilata del reo sulla carretta, tra le due ali di folla festante che lo insultava brandendo al cielo il libretto rosso. Ma si trattava in fondo della D'Urso, mica di Santoro!

P.S. Volevo mettervi il video del processo di 天使老 - Tian Shi Lao (il Maestro degli Angeli, tutti i cinesi hanno nomi curiosi). Ma non si trova più nel web. Per lo meno, io non lo trovo. Si sa in Cina queste cose, spariscono subito da Weibo (il social network più seguito laggiù). E' un paese così. La censura è una necessità. Così è giusto fare, per salvare la purezza del popolo. Raccapricciante. Speriamo che chi ha votato se le ricordi, queste cose la prossima volta (o non ci sarà una prossima volta?).



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mercoledì 24 aprile 2013

Gatti neri a Genova.

immagine dal web


Genova a novembre, nelle giornate grige in cui mare e cielo si mescolano in un fondale cupo e un poco triste. Genova quando la sera scende da ore, ma la notte sembra non arrivare mai e tutto si si attenua a poco a poco, mentre un vento forte che ti gela  le ossa corre tra i vicoli che vanno al mare. Non sei mai vestito abbastanza a Genova quando comincia a fare freddo. C'è sempre quell'idea che in fondo sei al mare, così la spina umida e sferzante, ti prende alle spalle e sembra trafiggerti la gola. Manu tornava a Genova dopo molti anni. Anni vissuti in paesi caldi e colorati, pieni di profumi intensi e di ricordi diversi. Mentre l'oscurità calava nascondendole i pochi punti di riferimento a cui riusciva a dare un nome e un senso, si stringeva sempre di più nella sua giacchetta leggera, barriera fragile ai refoli impetuosi che scendendo da nord facevano sbattere imposte mal tenute e immondizie abbandonate negli angoli dei carrugi. Forse l'ora, forse quel tempo fastidioso, ma non c'era proprio nessuno in giro, solo l'umidità sul selciato sconnesso e un senso di inquietudine ambiguo. Proprio non se la ricordava quella parte della città, a lei sconosciuta e non frequentata neppure quando a Genova ci viveva, prima di lasciare tutto in un gesto di protesta e di libertà. Affatto diversa da come se la ricordava, come una città straniera che incontri per la prima volta. Aveva solo un quartiere ed un indirizzo in testa. Una nuova amica conosciuta per caso, un invito simpatico, una serata da costruire. 

Si alzò alla meglio il bavero colorato come i suoi sogni e si infilò più a fondo tra le vie storte e nascoste. Dietro ogni angolo cambiava direzione, guardando in alto i nomi dei vicoli, leggibili a fatica sulle targhette sbrecciate, alla luce fioca di lampioni vecchi e malandati, senza trovare il nome che cercava. La seguiva solo il rumore dei suoi passi, quasi un rimbombo, un eco sordo che rimbalzava tra le pareti alte delle case ricoperte di scritte sugli intonaci sfioriti dal tempo. L'umidità nell'aria era quasi mutata in pioggerellina minuta e fastidiosa che infradiciava i suoi bei capelli lunghi dalle sfumature rosse. Manu continuava a girare angoli, a percorrere piccole salite spossanti. Ad un tratto le sembrò di essere già passata davanti a quella saracinesca abbassata e coperta di ruggine, un po' sfondata e rigonfia da un lato. Si era persa. Proprio nella sua città di ragazza inquieta che l'aveva respinta e che adesso dopo tanti anni non la rivoleva indietro. Se almeno ci fosse stato con lei Richard, che le faceva sempre da guida a Caracas, anche nei quartieri più difficili, pur così allegri e pieni di colori. Certo la sua taglia da istruttore di palestra, le aveva sempre dato una sicurezza che ormai sembrava essere sua, trasmessa dalla sua vicinanza, così che anche tante altre vecchie paure se ne erano ormai andate. Ma qui, col buio sempre più fitto, tante certezze sembravano venire meno. Un'inquietudine quasi fastidiosa che sembrava tornare dal passato. Come le mancavano quelle spalle robuste, quel sorriso sornione, quei capelli neri e folti, i baffi sottili e la voce a toni bassi sempre gentile.

 E le sue magliette nere e la pelle che sapeva di buono. Ancora un angolo stretto e neppure un lampione acceso a illuminare in alto un nome illeggibile. Manu si fermò senza sapere più quale direzione prendere. In un angolo, in basso sopra un gradino di ardesia, vicino ad un grande vaso di rosmarino seccato, due occhi gialli la fissavano nel buio. Stavano lì ad aspettarla, ipnotici, leggermente rivolti verso l'alto, quasi infastiditi per il prolungarsi dell'attesa, come stizziti verso chi arrivasse in ritardo ad un appuntamento. Manu rimase immobile a guardarli, poi il grande gatto nero allungò la coda verso l'alto, inclinò un poco il muso, osservandola con attenzione come per essere sicuro di aver trovato la persona giusta, stirò la schiena, scese il gradino e si avviò verso la strettoia in fondo al vicolo. Senza darsi una spiegazione, Manu lo seguì dietro l'angolo. Fecero quasi insieme diverse deviazioni, prima una via larga, poi un carrugio stretto e male illuminato; dietro ogni angolo, il grande gatto nero, si fermava un attimo, si voltava verso di lei come ad essere sicuro che lo seguisse. Ancora una curva, una ripida scala e di colpo, ecco il gatto si era fermato davanti ad un grande portone di legno, una piccola lampada che illuminava un numero: 16. L'indirizzo cercato. Il muso nero la guardò un momento dal basso con un ronfo leggero, sembrava sorridere sotto i baffi lunghi e sottili, il pelo nero e folto, poi si girò di scatto sgattaiolando via leggero. In un attimo scomparve, come non fosse mai esistito. La porta si aprì e Manu, con uno scrollone alla giacca inzuppata, poté entrare finalmente nel calore della casa amica.


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martedì 23 aprile 2013

Chī fàn le ma?

Chī fàn le ma . Grafia tradizionale.


Secondo voi, perché la gente vota come vota? Sono dementi che non capiscono che solo la serietà paga, o sono furfanti e corrotti al punto da volere essere governati solo da farabutti come e peggio di loro, o invece sono solo degli stolti per cui tanto peggio, tanto meglio, bruciamo tutto incluso la nostra casa e poi si vedrà. Niente di tutto questo. Il fatto è che la gente vota con la pancia e se vuoi il voto della gente è alla pancia che ti devi rivolgere. Mica solo qui, tutto il mondo è paese, ma quali ideali e sogni? La gente pensa solo alla pancia (la propria) dappertutto, anche dove la mentalità sembra così diversa dalla nostra. Anche in Cina, dove il sol dell'avvenire ha illuminato il fiume giallo per 50 anni? Ma certo e anche di più, basta osservare con attenzione la lingua, spia inconfutabile della mentalità popolare. Se incontrate un amico con cui usate un linguaggio colloquiale e con cui siete in confidenza, appena vi vede vi apostroferà senz'altro con un tipico "come va?" (risposta: bene!), un succedaneo di significato dell'"How are you?" inglese. E come si dice in cinese? Ecco qua: 吃饭了吗? - chī fàn le ma? che tradotto alla lettera vuol dire: (Hai) mangiato? Risposta: 吃饭了. 谢谢 - chī fàn le, xiè xiè! Mangiato, grazie! 

Chī fàn le ma - Grafia moderna semplificata.

Cosa c'è di più importante per sapere se una persona sta bene, se non informarsi se ha messo sotto i denti almeno la classica ciotola di riso, se è sazio? Vi ho riportato in testa i quattro caratteri nella loro scrittura tradizionale, con cui si interpretano meglio i significati. Nel primo ideogramma Chī, nella grafia tradizionale si vedono bene a sinistra la Bocca aperta, seguita dal segno della Pianta che nasce e dal Cucchiaio, tutti e tre sopra al segno di Grande (l'omino con le braccia aperte). Significa Mangiare, concetto che contiene appunto la bocca che viene riempita il più possibile dal cereale con il cucchiaio. Nella grafia moderna semplificata di Chī - 吃, è rimasta invece riconoscibile solo la bocca spalancata, comunque evocativa della fame atavica del popolo, bisogno chiave a cui il politico deve sempre pensare. Il secondo Fàn - 饭 : significa Riso cotto. Anche qui per interpretarlo dobbiamo ricorrere alla grafia tradizionale più complessa. La parte del carattere a sinistra presa da sola, significa sempre mangiare e vi si intravedono sopra il segno di Insieme che copre una pentola col coperchio e il mestolo, perché per i cinesi il Mangiare è un atto sociale, stare insieme attorno ad una pentola. Il segno a destra invece, come consueto, ha solo una funzione fonetica, appunto per ricordare che il carattere si pronuncia Fan. (Ricordo per inciso che questo ideogramma si usa in combinazione con quello di bottega, magazzino, per designare il Ristorante o l'Albergo, appunto 饭店 - fàn diàn, il Negozio dove si mangia). 

I due ideogrammi uniti 吃饭 - chī fàn, che si rinforzano l'un l'altro, nel cinese moderno sono definitivamente usati per il significato di Mangiare. Il terzo ideogramma Le - 了, (semplificato) messo dopo il verbo, è quello usato nelle forme verbali per indicare il compimento dell'azione, il tempo passato (compiuto), mentre il quarto 吗 - ma, messo in fondo, è quello che dà la forma interrogativa alla frase. E' composto dalla bocca aperta (appunto che rimane spalancata nell'interrogazione) e a destra dal segno del cavallo che si pronuncia allo stesso modo, come di consueto per ricordare la fonetica del segno. Tra l'altro guardate nella grafia tradizionale come è bene illustrato il pittogramma del cavallo, il muso levato verso l'alto di profilo con la criniera a destra, il corpo orizzontale con la coda e sotto il segno dei quattro zoccoli, che nella grafia semplificata sono stati sostituiti da una riga unica! Dunque cari amici politici moderni, siate pure infami e ingannatori, corrompete a piene mani ma se volete essere eletti, promettete, promettete, promettete, di riempire le pance, di dare salari senza lavorare, che i debiti e le tasse potranno non essere pagate, anzi restituite e il popolo bue vi porterà in trionfo e se non volete più essere chiamati Onorevoli, non ci sono problemi, tanto tutti lo sanno già che non lo siete. Potremmo istituzionalizzare la cosa e chiamarvi in futuro proprio così: Disonorevoli, tanto per farvi contenti,eh! E adesso lasciatemi stare devo andare a comprarmi una bella torta, come si conviene per riempire la pancia per il mio compleanno!


Refoli spiranti da: E. Fazzioli - Caratteri cinesi - Ed. Mondadori

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lunedì 22 aprile 2013

Manuale di Economia Politica 9: Ancora sull'uscita dall'Euro?


Ormai circola talmente tanta robaccia in rete che non bisognerebbe innervosirsi quando si leggono sequele di diktat apocalittici rilasciati da sedicenti esperti sulle cose più varie. Ma queste tirate contro l'euro e la necessità per il paese di uscirne al più presto diventano sempre più fastidiose e pericolose perché vengono lette e commentate da chi non ha la minima dimestichezza con l'economia e che però poi va a votare con le conseguenze che abbiamo visto in questi giorni. Allora voglio dirvi come la penso, naturalmente è un pensiero personale e non sono depositario della verità. Gira da un po' roba come questa qui: Euro, è tutto falso e ci stanno ammazzando, (scusate avevo messo il link ma adesso lo tolgo per non dargli ancora visibilità, dopo il danno anche le beffe!). Ora, come sempre, quando vuoi dimostrare una cosa sbagliata, la devi sostenere dicendo un po' di cose vere, inframmezzate con mezze verità e tante balle. se vogliamo esaminare seriamente il problema, bisogna certo dire che naturalmente ci sono persone a cui questa soluzione conviene e infatti sta brigando da tempo malignamente, per andare in quella direzione. Intanto bisogna sgombrare il campo da un peccato originale che rischia di fuorviare il ragionamento se si è su sponde diverse. Ci sono due tipi di economia antitetici e senza vie di mezzo. O si sceglie un'economia arcadica di sussistenza e autoproduzione, con l'orticello dietro la capanna e il baratto dei pochi prodotti negli incontri settimanali in prossimità degli incroci o si sceglie l'economia di mercato. Ognuna delle due scelte ha pari dignità e ognuno decidendo deve essere responsabile verso se stesso e la propria famiglia delle sue conseguenze. Io personalmente credo che non sarei in grado di accettare la prima, beneficiando dei suoi vantaggi (a mio parere pochi) e sopportandone gli svantaggi (per me troppi e assolutamente inaccettabili). Detto ciò non me ne occuperò, esaminando la seconda, che ha vantaggi a mio parere assolutamente preponderanti, sui pure ovvi svantaggi. L'economia di mercato come tutte le cose, ha delle regole. Nelle regole entra la matematica e le cifre e queste non sono opinabili. Nell'economia di mercato ogni tipo di attività ha la sua giustificazione se genera un profitto, altrimenti non ha ragione di esistere. 

Il profitto (o guadagno o utile o salario che dir si voglia) compensa l'attività stessa. Lo stato deve difendere questo principio mettendo a sua volta regole e correzioni per regolarne il buon andamento ed al tempo stesso difendere in qualche modo la parte più debole o più sfortunata o meno capace dei suoi aderenti (sudditi, cittadini). In alcuni casi più blandamente, come nella mentalità anglosassone in cui il residuo della mentalità calvinista porta a pensare che ognuno debba essere responsabile di se stesso e si merita le proprie fortune o sfortune, e quindi la protezione viene demandata ai vari sistemi di charity e solo molto parziamente coadiuvata dallo stato, oppure come avviene nella mentalità europea, lo stato tende a farsi maggiormente carico delle problematiche sociali intervenendo direttamente a vantaggio di chi non ce la fa (e questo è ovviamente la soluzione che mi piace di più). Tutto questo però ha un costo, che lo stato affronta indebitandosi e cercando di recuperare questi soldi con la fiscalità, a volte riuscendoci, a volte no, per i motivi più vari, come un pessimo modo di governare, sprechi, concessioni di aiuto superiori alle possibilità del paese stesso e così via. Si genera così un debito che a questo punto lo stato si accorge di avere grosse difficoltà a restituire. Le scelte sono solo due. O chiede in misure diverse ai cittadini di contribuire in modi diversi (tassazione, prelievi, riduzione di servizi) a rientrare del debito, o decide di non pagare il debito stesso. Per non onorare il debito ci sono sostanzialmente due modi. Dichiarare il default (Argentina, Russia, Ukraina, Islanda, solo negli ultimi decenni) o stampare moneta (la regolazione dei tassi funziona solo per piccoli interventi sull'economia). Nel primo caso lo stato che ha scelto questa strada e che ovviamente avrà ancora estremo bisogno di altro denaro per le sue spese, stipendi, pensioni, cose da fare, ecc.  non troverà ovviamente più nessuno che gli presti altro denaro e quindi ricorrerà al secondo sistema stampando la moneta che gli serve via via per funzionare. Il problema del debito viene così risolto. Tutto bene? Beh ogni azione ha delle conseguenze , automatiche dovute alle leggi matematiche che regolano l'economia e che non si possono controllare con leggi o con la volontà. 

Dunque la conseguenza obbligatoria e naturale quando si stampa denaro senza copertura è la svalutazione. Questa è proporzionale alla quantità di denaro stampato, naturalmente con variazioni dovute alle aspettative e alle sensazioni irrazionali dei mercati stessi. Questo significa che qualcuno ci guadagna e qualcuno ci rimette. Ci guadagna chi è indebitato o chi costruisce cose scadenti che non è in grado di vendere perché non sono concorrenziali, che lo ridiventano grzie ad una diminuzione provvisoria dei costi di produzione. Ci rimette chi ha risparmi, chi ha un reddito fisso e non più mutabile (pensione), chi è più debole e rimane travolto dall'aumento improvviso dei prezzi a cui non riesce a star dietro aumentando in egual misura il suo reddito. La cosa non è la stessa in ogni paese, perché le condizioni di partenza sono diverse di caso in caso. Gli USA, essendo una economia fortemente importatrice e indebitata e in fase di crisi, hanno nell'ultimo anno cominciato a stampare gradualmente moneta con lo scopo di indebolirla per aumentare la concorrenzialità delle loro merci. Hanno un sistema pensionistico pubblico quasi inesistente ed una popolazione indebitata ben più di quanto non sia risparmiatrice per tradizione. Una immissione graduale di moneta, può così sostenere l'economia senza provocare scossoni svalutativi troppo forti, tenendo anche conto che comunque il dollaro rimane ancora moneta di riferimento per larga parte e questo stempera assai il fenomeno. In Giappone la situazione è opposta. Il debito (enorme) è quasi tutto in mano agli stessi giapponesi e l'economia stagna da poù di un decennio a causa della forza della moneta stessa e della competitività del paese, abbastanza efficiente. La potente immissione di denaro stampato decisa in questi giorni, auspica quindi da parte del governo una potente svalutazione dlela moneta stessa che renderebbe competitive le merci rinvigorendo l'economia interma, cosa che sta puntualmente verificandosi in questi giorni. Chi pagherà? 

I risparmiatori che vedranno diminuiti proprorzionalmente alla svalutazione i propri risparmi e i redditi fissi deboli (pensionati e altri) che si ritiene evidentemente debbano essere sacrificati sull'altare dell'economia del paese e a cui la mentalità giapponese, incline al rispetto dell'autorità in ogni caso, potrebbe aderire senza troppi scossoni sociali. In Islanda il default, a cui si era giunti a causa della pessima gestione economica e che era comunque ridicolo quanto a dimensioni (4 mld di euro a confronto dei nostri 2000!) è stato seguito da una fortissima svalutazione che ha colpito in maniera non esagerata la popolazione perché, proprio per il fatto che il paese veniva da una continia serie di svalutazioni successive (già dagli anni 70), non c'erano in pratica risparmi privati da colpire e i meccanismi di adeguamenti salariali automatici, collaudatissimi proprio per questa abitudine, hanno reso l'impatto sulla popolazione duro ma non devastante, tenuto anche conto che è continuato comunque l'aiuto finanziario internazionale a causa dell'esiguità delle cifre in ballo e dell'importanza geopolitica della nazione in questione. In Argentina il default, è stato di proprozioni molto più ampie, ma il debito era completamente in mano straniera, quindi quasi nessun argentino ha perduto i propri risparmi, semplicemente perché non ne aveva, ma la svalutazione selvaggia che è naturalmente seguita ha devastato lo standard di vita della popolazione, specialmente la parte più debole e, la naturale ripresa dell'economia che è seguita (un processo che comunque dura anni) non ha potuto riparare in alcun modo alla devastazione sociale. La maggioranza della gente (la parte debole naturalmente ) se ne frega altamente che tra dieci anni l'economia sarà migliora, se per un decennio non riesce più neanche a trovare da mangiare. 

Analoga situazione è seguita al crollo dell'impero sovieto, con decine di milioni di persone nell'indigenza più nera ed un ritorno ad una vita decente (non per tutti) adesso, dopo 20 (venti) anni. Considerando inoltre che entrambi i paesi sono enormi esportatori di materie prime, quindi molto meno soggetti ai disastri dell'inflazione. Veniamo quindi all'Europa. L'introduzione dell'euro è stato un risultato miracoloso e straordinario, un'occasione unica di stabilità e benessere per tutti i paesi aderenti, resi in questo modo molto meno soggetti all'instabilità economica e alla debolezza dovuta alle dimensioni troppo piccole delle economie dei paesi membri di fronte alla globalizzazione. Questa era comunque una opportunità che andava sfruttata al meglio da governanti acuti, capaci e non fanfaroni o farabutti. In alcuni paesi (Germania in testa) questa occasione è stata in parte colta. Quel paese aveva problemi simili e più gravi del nostro (in seguito ai costi della riunificazioone) Con la capacità politica di accettare una grande coalizione, i partiti sono riusciti a mettere da parte le contrapposizioni, fortemente coadiuvati (se no, la cosa non avrebbe avuto successo) da imprenditori intelligenti e innovativi e sindacati moderni e con visione di lungo termine. Tutti hanno sacrificato parte delle proprie posizioni e sono stati imposti sacrifici che (essendo comunque stemperati in un periodi di crescita e con gradualità, data la non urgenza di essere di fronte al baratro) sono stati accettati dalla popolazione. Oggi il paese gode di tutti i vantaggi dell'euro e soffre poco dei suoi problemi. La popolazione ha già dato ed è difficile convincerla che deve dare ancora a favore di chi invece ha scialacquato a piene mani e ancora fruisce di privilegi da loro persi tempo fa e ormai inconcepibili. 

Come può Herr Muller digerire di dover essere ancora tassato per pagare i debiti degli italiani che non vogliono pagare l'IMU o non vogliono andare in pensione a 65 anni o dei greci che al 50% evadono le tasse e vanno in pensione a 55, quando lui lo fa da anni? In Italia abbiamo avuto un ventennio di politica disastrosa che ha condotto il paese alla rovina, scialacquando tutti i vantaggi che portava con sé l'euro, a partire dalla stabilità economica ed alla inflazione bassissima per la prima volta e massimizzando gli sprechi e l'assenza di riforme corrette, in questo coadiuvati bene dalla peggiore classe imprenditoriale europea (che aveva campato sulle svalutazioni progressive competitive rinunciando all'innovazine e allo sviluppo dei prodotti) e dai peggiori sindacati europei, accaniti difensori di posizioni inesistenti e spesso sacche di privilegio, a danno dei giovani verso cui è stato accettato un sistema di lavoro tra i peggiori in assoluto. Nella attuale situazione l'Europa è alle prese dunque in una tenaglia difficile da risolvere. Intanto non si è dato potere politico all'Europa come tale e quindi la Banca centrale non avendo mani libere nelle decisioni di politica monetaria ed è presa tra i cosiddetti paesi virtuosi che, memori del loro passato (Weimar insegna) in cui andavano con la carretta piena di miliardi di marchi a comprare il pane, vedono come il fumo negli occhi ogni provvedimento con finalità inflattive, dall'altra i paesi scialacquoni e malgovernati a cui una politica di allargamento del cordone monetario potrebbe dare un po' di fiato per tentare di rilanciare un po' di ripresa. Come si vede, una dicotomia difficile da risolvere, anche perché i governanti devono rispondere ai loro elettori che ragionano con la pancia e non con la testa, tedeschi per primi. 

Certo le soluzioni più avvedute sarebbero quelle dei piccolissimi passi alla volta, con accordi che allentassero, ma in maniera molto controllata l'emissione di valuta, mantenendo al tempo stesso mano ferma nella pretesa di riforme di rigore che controllassero lo spreco e la distribuzione di servizi non più sostenibili completamente. In questo, grandissimo e straordinario è stato proprio il lavoro di Monti. Messo al lavoro in pieno accordo, dai pessimi politici che avevano distrutto il paese, portandolo alla rovina proprio perché facesse quelle cose obbligatoriamente necessarie, ma che loro si rifiutavano di fare per non perdere voti e che infatti hanno votato in massa, salvo disconoscerle appena usciti dall'aula. Adesso che il paese è stato rimesso quasi in carreggiata era il momento, proseguendo naturalmente sulla stessa strada di rigore, di cominciare, forti della medaglia appuntata al petto, di aver fatto le cose necessarie e di voler continuare a farlo, di convincere i membri forti dell'Europa (fruendo anche dell'appoggio interessatissimo di Hollande che adesso è rimasto col cerino in mano e non può essere ascoltato da nessuno) a cominciare una politica monetaria di contrasto a USA e Giappone (è di oggi la notizia di un'altra ovvia forte perdita di valore dello yen), Il buon Monti è stato cacciato e coperto di ignominia dagli stessi a cui ha cavato le castagne dal fuoco, pronti, per ragioni biecamente elettorali ad innalzare il vessillo dello scialacquamento. Ma nessun votante medio pensa a queste cose e nel segreto dell'urna premia il populismo distruittore o le promesse di riavere indietro i soldi dell'IMU e le persone serie vengono scaricate in un angolo. Come conclusione si può solo dire che una proposta come quella del post che ho citato all'inizio e che si sente continuamente tirare fuori da vari "economisti",  sarebbe devastante e definitivamente mortale per la gran parte degli italiani. Venti milioni di italiani pensionati e l'80% delle famiglie (che detengono in varia forma quasi il 60% del debito italiano) dall'uscita dall'euro auspicata dai vari Sabelli, Grilloidi e dallo stesso Berlusconi, perderebbero più o meno la metà dei loro risparmi e dimezzerebbero il potere d'acquisto della loro pensione.

Il resto dei lavoratori avrebbe un pesante calo del proprio potere d'acquisto, che si potrà poi compensare in una decina d'anni con forti lotte sindacali. Ne avrebbero certo beneficio le casse dello stato, gli industrialotti che stanno per fallire a causa dell'incapacità di innovare, beneficio comunque relativo e destinato a sparire dopo poco, momento in cui saranno a richiedere la successiva svalutazione competitiva. Una follia davvero spaventosa, un incubo che spero di non vedere mai, quello dell'uscita dall'euro, che sento purtroppo invece sbandierata da molta parte della piazza, che corre insensatamente dietro ai pifferai, assolutamente inconscia di essere la carne da macello che pagherà l'operazione. operazione naturalmente che risolverebbe il problema del debito nazionale. Bene, ho riletto dando  un'occhiata allo sproloquio che ho appena fatto e mi accordo che sono stato un po' pressapochista e impreciso ma l'argomento è davvero complesso ed è facile prenedere le cantonate, solo che quando leggo quelle cose, che poi vanno ad incidere sulla pelle della gente che ci crede, mi va subito il fumo agli occhi, cosa che mi impedisce di prendere le distanze con calma. Comunque visto che ormai la fatica l'ho fatta e come per il maiale (eheheheh) non si butta via niente, lo posto lo stesso, perché mi sono proprio stufato di questi arruffapopolo, ai vari confusi Masanielli che vogliono uscire dall'euro. Che lo lascino dire ai comici, ai buffoni e a quelli che almeno ci guadagnanerebbero


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Economia politica 1.

venerdì 19 aprile 2013

Rithm and Blues al Mag Mell.

Solo due parole oggi, che c'ho da fare in Parlamento. M'hanno dato un colpo di telefono stamattina presto che forse eleggono me e quindi devo andare a comprarmi un vestito adatto. Volevo solo dire che che ho scoperto un posticino, qua ad Alessandria, dove il giovedì sera fanno musica e che musica, il Mag Mell Irish Pub. Tutta roba per palati fini e soprattutto con interpreti davvero d'eccezione per la nostra realtà di paesotto della bassa. Io, che sono un amante assoluto del Blues e dintorni, mi sono gustato un paio d'ore di completa goduria con 'sti due ragazzi (uno neanche tanto ragazzo) che vi consiglierei di tenere d'occhio perché ne vale la pena. Andrea Scagliarini, personaggio già affermato, un'armonica che parla da sola e Lorenzo Favero, 25 anni di voglia di comunicare emozioni diteggiando una chitarra, una tecnica incredibile e tonalità acustiche avvolgenti, date un'occhiata su youtube. Io penso che ne sentiremo parlare, perché quando il talento c'è, alla fine non si rimane indifferenti. Date un'occhiata al video che ho ripreso maldestramente tra bicchieri schiumanti. E dire che mi sono perso un paio di pezzi davvero coinvolgenti tra cui una formidabile Sixteen Tons, troppo impegnato a battere il ritmo. Si sa che noi negri abbiamo il ritmo nel sangue. Riguardo all'incipit, abbiate pazienza, troppa birra ieri sera e se volete andare al Mag Mell al giovedì a sentir musica, prenotate il tavolo, se no vi tocca stare in piedi.




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giovedì 18 aprile 2013

Il Bar Baleta: Il turista.

Disegno di G. Gemme.


Il Bar era un club, un punto di incontro, si potrebbe dire un centro benessere mentale in cui chi entrava, si trovava come protetto da un mondo esterno ed allo stesso tempo, lettino dello psicologo dove essere messo a nudo in tutte le proprie debolezze e difetti e come tale, soggetto agli strali impietosi dei "soci" presenti; un cenacolo (non solo perché uno degli avventori era Ceni) di dibattiti sulle domande fondamentali del pensiero umano e luogo mistico per eccellenza. Rifugio protettivo dai pericoli del mondo esterno in cui potevi rilassarti, prima dall'inquisizione dei professori, poi dall'acredine dei capouffici. Ma il Bar rimaneva a tutti gli effetti un locale pubblico, pur con i due ingressi sapientemente mimetizzati, uno dal portone condominiale, l'altro dalle ombre chiaroscurali del vicolo. Tutto si poteva dire tranne che fosse un cosiddetto Bar di passaggio. Eppure, di tanto in tanto, non si capisce neppure come, la porta si spalancava ed entrava uno dei personaggi, forse tra i più tratteggiati, discussi e motteggiati, nei racconti di quella epopea di ricordi. Come se si fosse spalancato un varco spaziotemporale, ecco che si materializzava un fenotipo alieno, forse proveniente da un'altra galassia: il cosiddetto Turista. Difficilmente questo poteva accadere di sera quando il Bar era piuttosto affollato, ma al mattino, quando il locale era semideserto, capitava che qualcuno improvvidamente e non si sa neppure come, trovasse attraverso la stretta porta degli inferi del vicolo, la necessità di rinfrescarsi con qualcosa da bere in estate o di un caffé d'inverno. 

Il Turista era generalmente solo e dopo l'ingresso sfrontato, si trovava davanti al bancone, cogliendo subito un'atmosfera tutt'affatto diversa da quelle a cui era abituato. Non si trattava certo di ostilità o di atteggiamenti inquisitori, da pub irlandese di provincia o da locale delle downtown nere americane, né dovete pensare ad occhiate dure o tenebrose scansioni dei peggiori bar di Caracas. Al contrario, in chi era al bancone, Gino o il vecchio indimenticabile Baleta padre, o Angelo, scattava di colpo un atteggiamento diverso. Al posto dello scanzonato e disattento ciarlare della vita di famiglia, ecco subito un sorriso e una disponibilità al servizio da locale di blasone. Però nell'aria, qualcosa si era rotto, gli occhi degli occupanti dei tavoli si erano levati dalla Gazzetta dello Sport e osservavano la scena, criticamente in attesa di gesti, segnali, eventi di cui discutere, pontificare, ridere successivamente. Se il bancone era momentaneamente sguarnito, non di rado, l'abitué ruotando compulsivamente il cucchiaino nella tazzina, si girava verso la sala flipper, che dava accesso ai sotterranei, dicendo -Gino, un turista- e lui accorreva trafelato per mettere a suo agio l'avventore casuale. Ma a questo punto l'aria si era inspessita, qualcuno addirittura faceva capolino dalle altre sale per vedere chi aveva ardito entrare e il Turista si trovava al centro dell'incrocio di sguardi, come il bersaglio inquadrato dai mirini dei radar della guerra del Golfo. 

Una insostenibile sensazione di disagio sembrava avvolgerlo, consumava frettolosamente il suo caffé ed usciva velocemente, quasi in punta di piedi, come suggerisce il disegno, seguito dagli sguardi degli astanti, come la bava dei cani. Il plasma della spazioporta si chiudeva dietro il visitatori da altri mondi, che ritornava nella sua Galassia lontana per sempre. Eppure non c'era nessuna malevolenza in tutto questo, anzi per qualcuno era solo sincera curiosità, ma la situazione tutta è un topos tipicamente alessandrino dove, chi arriva estraneo in un gruppo, di qualunque tipo esso sia, dal negozio dei polli in via del mercato, al crocchio sull'angolo della piazzetta, non può fare a meno di sentire su di sé il tiro incrociato, gli sguardi inquisitori, nel caso migliore, un senso di attesa che dice chiaramente - Adès uardùma ischi chì sà ch'el fa - I casi più divertenti o particolari, venivano poi analizzati a lungo nelle serate di cazzeggio. Una volta, si favoleggia che fosse addirittura entrato "un tedesco", generica attribuzione per persona straniera di ignota provenienza. Allora ad Alessandria, città di provincia profonda, l'unico straniero mai visto era il cinese che aveva il negozio storico in via Dante e che era arrivato nel primo dopoguerra vendendo cravatte. Se ne parlò a lungo, con mille ipotesi fantasiose al riguardo. Chissà se qualcuno ricorda qualche particolare più succoso sull'episodio?


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mercoledì 17 aprile 2013

Recensione: M. Richler - La versione di Barney.

Il libro è decisamente interessante. L'importante è resistere alla parte iniziale, a causa di uno stile difficile ed ai continui flash back che rendono la narrazione complicata da seguire. Poi la vicenda ti prende e non molli più fino alla fine. Il personaggio Barney Panofki, gretto, opportunista, volgare e scorretto, si potrebbe dire impresentabile, si racconta in modo mirabile e l'interesse del libro procede su diversi piani. L'intreccio della vicenda che si conclude con un bel colpo di scena finale. Il modo di raccontarsi del protagonista così politicamente scorretto da essere esilarante e tragico al tempo stesso. Gli spunti di critica pungente e feroce a molti mondi, da quello dello spettacolo, all'universo ebraico, a quello della letteratura in cui non viene risparmiato nessuno dei nomi più riveriti e famosi. Infine il problema dell'Alzheimer che aleggia dalle prime pagine come un fantasma leggero, fino alla devastazione finale. Divertente, sarcastico, complesso e meritevole di lettura. Un libro da cui ricavare un film con le stesse caratteristiche, non è cosa facile. Infatti, il lavoro di Lewis pur valido e riuscito, non può rendere tutte le sfumature del libro e riconferma l'idea che libri e film vanno trattati indipendentemente per non rimanerne delusi. 

Certamente comprimere in un'ora e mezza un lavoro così ricco di sfumature e personaggi non è agevole e molti particolari divertenti devono essere lasciati da parte, così come molte figure non possono essere tratteggiate nei particolari come meriterebbero, cose che rappresentano uno dei maggiori meriti del libro e uno dei più pesanti limiti della pellicola, ma il risultato è comunque valido e consiglierei di vedere anche il film, pur se il finale è rappresentato in maniera un po' criptica per lo spettatore disattento.. Ottimi gli attori  che coprono bene i personaggi. Difficile consigliare se dedicarsi prima al libro, come sarebbe d'uso o al film. Forse meglio il passaggio inverso, cosa che farebbe affrontare la lettura senza la fatica iniziale di raccapezzarsi nei meandri della vicenda, facendone quindi apprezzare meglio i contorcimenti del pensiero di Barney, obnubilato spesso dai fumi dell'alcool e poi via via dall'aggressività della demenza incombente. Forse è proprio qui tutto il fascino del racconto, seguire una vicenda raccontata in prima persona da un ubriaco che perde progressivamente la memoria. Cattivo, sarcastico, divertente, tragico.





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