Foto Rosa Berruti |
Questa foto di una amica pescata su FB, mi ha richiamato un flusso di sentimenti mandandomi subito fuori controllo. Sono gli ultimi giorni ad Alessandria per i baracconi, il parco divertimenti itineranti che da noi arriva in aprile e se ne va subito dopo S. Giorgio, che cade guarda caso il 23 aprile , coincidendo col mio genetliaco, anzi oggi devono aver già smontato tutto e se ne sono ripartiti per qualche lido lontano. Per gli alessandrini è sempre stato un evento e per me rimangono inevitabilmente legati agli anni dei calzoni corti, anche se il luogo dove sono collocati adesso, diverso dalla magnifica piazza Garibaldi di allora, mi toglie quel tanto di poesia che i luoghi non mantengono più, quando vengono modificati i tag del ricordo (vecchio ma tecnologico, eh!). Però, la permanenza immutata ed immutabile di questa icona, vedo che permane e tanto basta. Il solo guardarla mi smuove dentro. Sento immediatamente un profluvio di odori ed altri stimoli ineguagliabili che percuotono oggi come allora ogni manifestazione sensoriale. Di certo adesso molto più amplificati dalla cassa di risonanza del tempo. Mi basta guardare la foto e subito sono travolto dall'onda del passato.
Stavi lì, davanti al personaggio grasso e bisunto che armeggiava davanti ad un gran pentolone cilindrico di alluminio che un fuoco nascosto nelle sue viscere scaldava, facendo sobbollire un padellone ampio e pieno di chissà quale porcheria di olio che fumava un poco, altro che controllo del punto di fumo! Sentivi nell'aria e vedevi negli occhi del piccolo assembramento di ragazzini che gli stava intorno, un profumo di fritto ineguagliabile. L'omaccione prendeva le palline di pasta che teneva nascoste sotto un lurido panno quasi bianco e le allargava tirandole da una parte e dall'altra, grossolanamente, poi le gettava come per disprezzo nell'olio, che lanciava uno sfrigolare più intenso. La pasta affondava nella massa oleosa mandando in superficie una schiuma di bollicine e subito la superficie di irrigidiva gonfiandosi in una serie di bolle irregolari, poi, poco a poco imbiondiva sotto gli sguardi golosi del bambino acquirente. Il tizio, quando lo vedeva già un poco inscurito sulla superficie, lo ripescava con un mestolo a rete di fili di ferro sottili che ne ne facevano scolare l'eccedente e lo metteva in una cartaccia ruvida e gialla che pero, assorbendo meglio l'unto, assolveva egregiamente al suo compito.
Ogni tanto rabboccava il liquido che la pasta via via assorbiva, versando da una latta misteriosa, piena di chissà quale cancerogenica materia. Il cartoccio veniva subito preso dalle mani bramose del giovane cliente che preventivamente aveva porto il biglietto da 50 lire alle manone unte che se le ficcavano in una tasca davanti di una parannanza che era nata bianca e che era ormai solo un unico damasco di chiazze di varie sfumature di giallo a seconda delle epoche di rilascio. Non appena avuto il cartoccio contenete il krapfen tra le mani, tenendolo per di sotto, te lo guardavi un attimo sfiorandolo con le dita attraverso la carta, godendone la morbida consistenza ed il calore violento ma delizioso e riscaldatorio, dato che in quei giorni ad Alessandria piove e fa sempre piuttosto freddo. Ma non si può resistere a lungo, subito devi infergere la prima ferita, dare il primo morso, nella bolla più carnosa. Allora senti subito lo scrocchiare leggero di quella deliziosa croccantezza che si frange sotto i denti mentre questi penetrano subito sotto la superficie nel morbido e voluttuoso impasto, cotto, ma ancora delicato e fragrante.
E subito una ondata di piacere olfattivo ti coglie in pieno, una serie di profumi che non riesci neppure a definire, di mela o vaniglia o di chissà cosa, ti sazia il naso mentre le papille vengono ricoperte, se hai saputo resistere almeno un attimo e non sono state subito ustionate dalla fretta ingorda, da un sapore pieno e dolce, unico in assoluto. Lo divori in un attimo, gli astanti non ti badano, intenti come sono ad aspettare il turno per ripercorrere la tua stessa storia e tu, a lato, mordi e mastichi senza soluzione di continuità, con una voracità belluina, solo in questa onanistica voluttà solitaria, che nel giro di un attimo finisce lasciandoti felice per il godimento completato. Che meraviglia quel tondo e sicuramente cancerogeno krapfen dorato, sempre desiderato con brama e quasi con cattiveria invidiosa, dato che io potevo permettermi sempre solo quello più piccolo a losanga da 30 Lire, che provenivano dal sacrificio di un risparmio oculato, avendo precedentemente rinunciato ad un giro sugli autoscontri. Ma, Rosa, davvero li fanno ancora i krapfen ai baracconi?
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