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venerdì 11 marzo 2022

L'aspetto diplomatico

dal web


 Tutte le guerre finiscono, dopo stragi, infamità di ogni tipo, fame, sofferenza e miseria per il popolo provocati da chi sta nelle stanze dei bottoni ai loro danni, allo stesso modo. Con un tavolo dove i contendenti esausti firmano un accordo. Questo risultato non è dovuto alla bontà ed alla voglia di pace di chi fino a ieri faceva scannare tra di loro i propri sottoposti e sudditi, ma da una situazione di stallo in cui entrambe le parti considerano di avere, gli uni raggiunto un risultato accettabile rispetto a quello che avevano in mente quando hanno cominciato le ostilità, gli altri perché ritengono piu' conveniente accettare qualche sacrificio rispetto ad una sconfitta totale che farebbe loro perdere molto di piu di quanto non abbiano già perso. Di norma questi accordi anche quando sembrano tombali e definitivi contengono una sequela di paletti che alimentano feracemente odi implacabili e non dimenticabili, che porteranno a distanza di tempo ad una successiva guerra. Questo è sempre successo in passato anche se non abbiamo potuto constatare quanto succederà dopo una guerra nucleare che, se totale, avrà probabilmente il potere di annichilire i ricordi per molte generazioni, sempre che ne rimangano. Dunque nel nostro caso in quale situazione ci troviamo. A me pare che i contendenti non siano ancora nella posizione da poter affrontare un negoziato serio. Certo che se badiamo alle parole, i Russi hanno detto che si accorderebbero sulla base di una dichiarazione di neutralità e dell'indipendenza di Crimea e Donbass, lasciando il governo attuale in carica e gli Ukraini, hanno dichiarato invece che sarebbero disposti a garantire neutralità ed una incisiva autonomia a Crimea e Donbass. 

Un osservatore ingenuo e non attento potrebbe pensare che alla fine entrambi dicono praticamente la stessa cosa e le distanze sono talmente minime che un accordo è praticamente fatto. Invece la realtà, e l'incontro di ieri ad Antalya lo certifica, dice che le parti non potrebbero essere piu' lontane e che come tutti i diplomatici, entrambi sono piu' bugiardi dell'oro di princisbecco, che infatti era molto usato da quelle parti. Il motivo è che tutti e due sono ancora convinti di non essere arrivati ad un traguardo accettabile per cominciare a discutere. Putin vorrebbe avere in mano piu territorio realmente sotto controllo, mentre fa una fatica tremenda a conquistare spazio e punti critici, pur continuando ad avere gravi perdite e di certo sta meditando se mettere sul tavolo carte piu pesanti, truppe piu' numerose e decise di tagliagole professionisti usate con successo in altri teatri, dagli Spetnaz alle brigate Cecene e ai Siriani, incluso l'utilizzo di armi piu infami come quelle chimiche che ha già dato prova di saper utilizzare in altri teatri  e di optare per radere al suolo qualche città come Mariupol, cosa che pensava di evitare, per piegare una resistenza che non sospettava di trovare così forte e che i suoi competitori avevano a suo tempo riempito di armi abbondanti e così competitive, che al momento non riescono a garantirgli neppure un completo controllo dei cieli, nonostante abbia annichilito la forza aerea avversaria nei primi due o tre giorni. Lo si vede bene dal fatto che i bombardamenti proseguono solo da terra con lancio di missili o sganci da altissima quota. Prima di sedersi al tavolo penso che vorrebbe almeno controllare, ma realmente, la fascia costiera fino ad Odessa, anche senza riuscire a prendere Kiev, che rimane un osso piuttosto duro. Zhelensky dal canto suo, sulla carta è disposto a resistere fino alla morte catartica, sua e di tutti quelli che lo circondano in un martirio salvifico, una fiammata che mostri al mondo chi è il vero Satana, ma soprattutto spera, e lo chiede continuamente ogni giorno in un coinvolgimento di guerra combattuta di tutto l'Occidente in una santa jihad contro l'impero del male e fino a quando non si sarà convinto o non sarà convinto dalla NATO tutta, che questo non avverrà, rifiuterà di discutere. 

Quindi, a meno che gli USA e la Gran Bretagna, non gli dicano chiaramente che il loro appaoggio oltre alle dichiarazioni ufficiali, rimarrà limitato a invio di armi, ma non aeree e a sanzioni teoriche, spingendolo al negoziato, non mollerà di un centimetro. Perché cominci un vero tavolo di trattativa, bisogna che Putin si sia assestato meglio sulla fascia sud e che comprenda (sempre che i nuovi generali che hanno sotituito quelli della prima ondata, già cassati con disonore e presto destinati alle taighe siberiane) che andare avanti con una guerra di posizione erosiva e infinita, sarebbe frustrante e improduttivo oltre ad avere un costo esagerato in termini economici, oltre che di sangue, cosa che, al contrario, non lo smuoverebbe di un dito e che convenga invece passare all'incasso fin che si è in tempo, mentre dall'altra parte, che a Zhelensky venga spiegato con chiarezza che l'appoggio dell'Ovest continuerà solo se si siede al tavolo e tratta da una posizione ancora abbastanza forte per pretendere di rimanere in sella mentre se insiste e va avanti, rischia di perdere assieme all'appoggio anche tutto il cucuzzaro. Tuttavia bisogna che in questa trattativa entrino attivamente e con un peso contrattuale reale, i pezzi da novanta, Cina e Usa innanzitutto, con la presenza magari di personalità credibili come la Merkel o qualcuno di pari status internazionale. Ricordiamoci che la Cina aumenta il proprio PIL di una Russia all'anno, che tutto questa grana le crea pesantissimo danno, è al colmo dell'irritazione e quindi Putin deve starla a sentire, dall'altro lato gli Usa hanno soprattutto l'interesse a non essere messi fuori dal grande gioco internazionale che si sta spostando nel Pacifico. Naturalmente sempre che una visione miope e stupida non li convinca a traccheggiare pensando che una cronicizzazione del conflitto, portando ad un dissanguamento totale del grande nemico di sempre e un disfacimento economico dell'Europa che aveva alzato tropppo la testa, non gli convenga di piu. In questo caso siamo perduti. 


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sabato 17 aprile 2021

Dittature e democrazie

 

da Europa.today 

Ho riflettuto qualche giorno sulla polemica seguita alla definizione data dal nostro Draghi al sultano turco, che sono meritevoli di attenzioni anche se, secondo me, di non facile lettura. Come prima cosa stento a credere che il nostro primo ministro, dato lo spessore del personaggio, che non è certo uno sprovveduto grillino qualsiasi o uno con l'elmo cornuto in testale, le abbia pronunciate senza averle attentamente valutate e che gli siano così sfuggite improvvidamente come una classica gaffe di inesperienza. Sarei più propenso a ritenere che le abbia dette con un fine preciso che tuttavia in questo momento mi sfugge. Certo gli sarà stato chiaro che ogni cosa detta a quel livello va ben al di là del discorso tra amici nel quale si può dire qualunque cosa e di certo ben di peggio. In questo caso, invece, le frasi pronunciate vengono attentamente valutate e centellinate con la lente di ingrandimento e comunque provocano reazioni le cui conseguenze a questi livelli, devono essere valutate prima. Personalmente, per quanto riguarda le relazioni internazionali, io sono molto pragmatico e dato che la maggior parte dei paesi del mondo è al momento in mano a regimi poco o molto autoritari, sono pregiudizialmente contrario alle dichiarazioni ufficiali pesanti, fatte per amor di firma, per soddisfazione personale o peggio per acquisire consenso interno, in quanto vanno generalmente a condizionare se non a danneggiare gli affari futuri che per il benessere del tuo paese devono avere più valore della semplice dimostrazione di orgoglio fine a se stessa utile solo a creare problemi. 

Preferisco dichiarazioni sfumate che lascino comunque comprendere il mio punto di vista, ma che non creino scoppi d'ira con conseguenti dannose ritorsioni economiche per una semplice ed alla fine inutile soddisfazione di orgoglio. Secondo me le professioni di idee per proclamare la difesa del proprio onore sono utili solo ai tromboni, molto meglio un bel sorriso come fanno i cinesi e poi ti fanno un bel pacco col fiocco, come predicato anche da Sun Tzu e la sua arte della guerra. In questo caso penso che il nostro leader avesse comunque in mente una qualche strategia laterale, chissà, magari esternare un precisa scelta di campo per aumentare la credibilità del paese in seno all'Unione, cosa di cui abbiamo sempre tanto bisogno dopo tante dichiarazioni di imbecilli negli anni scorsi. O chissà cosa altro, ad esempio nelle relazioni con gli USA. Nei fatti è vero che il sultano ottomano non è propriamente un "dittatore", essendo stato tecnicamente eletto almeno tre volte dal popolo (qui si capisce bene quali siano i problemi della democrazia, anche se probabilmente non è stato ancora trovato sistema migliore). Dittatore lo diventerà a tutti gli effetti quando avrà perso le elezioni e non mollerà il potere imponendolo con la forza dell'esercito; correttamente è stata definita come democratura questa soluzione autocratica comune in molti paesi. Qualche esempio, Venezuela, Ungheria, Bielorussia e Russia stessa assieme ad una infinità di altri paesi dove i capi dello stato sono stati eletti più o meno regolarmente. Proprio su questo ha fatto forza l'offesa risposta ufficiale turca. Esaminiamo invece i danni collaterali: ci sono quelli immediati del contratto di 70 milioni perso e soprattutto della messa in mora o quantomeno delle difficoltà delle imprese italiane che operano laggiù e dei 10 miliardi ci esportazioni che abbiamo verso quel paese. E' sperabile però che queste fiammate si spengano presto e non abbiano conseguenze esagerate anche perché con le difficoltà che già ci sono, non sarebbero davvero auspicabili. 

Personalmente almeno, sarebbe esiziale la mancata consegna delle nocciole che costituiscono almeno la metà della produzione di Nutella, cosa per me non del tutto trascurabile. Ma al di là della battuta, un danno a mio parere molto più importante deriverebbe dal fattore politico che ne può venire e sul quale è evidentissimo che il buon Erdogan cerca di fare leva. E' noto che, da un lato il leader turco aspiri ad una leadership del Mediterraneo orientale e ad aumentare l'influenza turca nei paesi dell'area (da Cipro ai Balcani, per non parlar della Libia, dove noi abbiamo forti interessi) e cosa ancor più importante abbia disperato bisogno di rafforzare la propria posizione interna, con il consenso in precipitoso calo a causa degli insuccessi economici recenti col crollo della lira turca svalutata di oltre il 20% negli ultimi mesi e si sa che la gente è molto più sensibile alla pancia che ai principi. E' infatti assolutamente in bilico la vittoria alle prossime e vicine elezioni, che in caso di sconfitta (cosa già avvenuta nelle tre principali città) lo metterebbe di fronte alla necessità di instaurare davvero una dittatura di forza, manu militari. Quindi per lui, arriva benedetto l'insulto che stimola la reazione, subito avvenuta e sottolineata, dell'orgoglio nazionalista, molto forte in Turchia, di stringersi attorno alla bandiera, che pare gli abbia fatto riguadagnare parecchi punti nel consenso popolare, sempre pronto ad apprezzare gli idioti che battono i pugni sul tavolo e a disprezzare chi con sapiente lavorio diplomatico ottiene invece i risultati. Dunque questo a mio parere sarà il danno più rilevante della dichiarazione, che comunque potrebbe anche essere destinata a perdersi tra le mille chiacchiere delle storie da telenovela, adesso quelle turche pare siano molto in voga, e ad essere superate dalla valanghe di successivi gossip, con buona pace di tutti.


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