lunedì 31 ottobre 2011

Tre poeti alessandrini.


L’anno sta per terminare ed i festeggiamenti per i 150 anni dell’Unità d’Italia stanno passando in sottordine, tenuto conto anche dalle altre rogne non di poco conto che occupano le prime pagine. Però per fortuna ancora qualcuno se ne ricorda. Per esempio con il bel convegno organizzato domenica a Fubine, ridente paese vicino ad Alessandria dalla Fondazione Robotti e dall’Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano. Ricordatevi sempre che Alessandria è stato il luogo dove tutto ebbe inizio, come si direbbe per presentare qualche film evento e proprio da questa città, oggi languente, partirono i primi movimenti che smossero le élites dei vari staterelli inconsistenti davanti alla nuova economia che avanzava, verso l’idea di uno stato degno di questo nome. Da scrittori, poeti e musicisti partirono le idee e gli afflati di questa avventura ed è stato bello ricordarli in questo convegno che ha illustrato un insieme di aspetti, da quello letterario a quello figurativo ed artistico a quello più marcatamente storico, davvero completo. Non poteva essere diversamente, sotto la guida attenta e di grande competenza in materia di Gian Luigi Ferraris, conoscitore approfondito di Bertoldi, Carbone e A-valle, i cantori di questa epopea nostrana. Così la lettura dei più famosi pezzi che infiammarono i cuori dell’epoca, come la Coccarda o l’arcinota Il re Tentenna, si è alternata ad un excursus sulla pittura risorgimentale da Hayez ad Induno, che così magistralmente illustrarono questo straordinario periodo storico, in cui la nostra città diede il suo contributo, come ricorda proprio la poesia di A-valle: Alessandria:

E del mio Tanaro le amate sponde
Ancor ricordano e n’han ben donde
Ancor ricordano me, nata appena,
mozzare ai barbari la tresca oscena.
Onde con giubilo, che ancor mi ammalia,
mi proclamarono chiave d’Italia.

Con buona pace dei partiti del dito medio.  






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Buon compleanno.

sabato 29 ottobre 2011

Il milione 57: Racconti attorno al fuoco.

Samara - Il Volga ghiacciato.



Siberia - Mercanti di pelli.
Marco Polo è ormai arrivato al Mediterraneo, ormai anziano, secondo i canoni dell'epoca e reso ricco dalle esperienze di una vita unica e straordinaria. Siamo nel 1295 e mentre il secolo sta finendo in una sorta di globalizzazione piena di navi che vanno e vengono per i mari, di carovane che trasportano beni preziosi, di mercanti che gioiscono per il periodo relativamente calmo che da libertà ai commerci, per l'assenza di frontiere che permettono gli scambi dalle terre più lontane, questo mare è ormai piccolo e da ogni parte si sente aria di casa. Rimane ancora un tratto di Turchia da traversare perché ormai le terre sono meno pericolose dei mari dove la natura può sempre giocare brutti scherzi. Una Turchia che nella parte orientale, quella devastata dal recente terremoto, era chiamata Grande Armenia, mentre la parte occidentale Grande Turchia, entrambe sotto il controllo del Gran Khan, terre quindi assolutamente sicure per chi come Marco viaggiava con i salvacondotti e e le lettere imperiali. Terra di contatto tra i due mondi un tempo esattamente come oggi, dove due modi di vivere, di pregare e di pensare, che già allora gli uomini di intelligenza capivano essere una grande opportunità di arricchimento scambievole. Io la percorsi in lungo ed in largo per più di due mesi negli anni 80 e vi trovai una accoglienza ed una disponibilità rara e spesso commovente. Proprio sulle rive del lago Van un ragazzo ci accolse nella sua tenda di pastore, ci offrì lo yogourth delle sue bestie e ci precisò con orgoglio che quella terra era Kurdistan, dicendoci di andare tranquilli che dovunque avremmo avuto ospitalità. Lì vicino mangiammo i pesci del lago, in piccole polpettine (vedi la ricetta da Acquaviva) , specchio azzurro con la gemma della piccola isola dova anche dalla riva vedevi il cono ottagonale della piccola chiesa armena che si alzava al centro. Un paese bellissimo i cui contrasti tra gli uomini sono sempre stati forti così come quelli contenuti nelle viscere della sua terra, pronti a scatenarsi all'improvviso, senza avvertire, con una violenza che lascia senza fiato. Anche Marco Polo la percorre tutta e mentre la carovana si muove raccoglie notizie di terre lontane, a nord, informazioni che si scambiano i mercanti nei caravanserragli come quello splendido ancora oggi di Sultanhani, dove mi fermai a dormire anch'io tra suggestioni antiche.
Mosca - San Basilio.

Cap. 204
Dalle parti di verso  tramontana della grande Turchia sì à un re chiamato Conci, della schiatta di Ginghis Kane. E sono Tartari e sono genti molto bestiali. Questa gente non à città ne castella ma sempre istanno in piani e in tende. Sono grande gente e vivono di latte di bestie e di carne, biade non ànno. Non fanno mai guerra altri e stanno in grande pace. Anno orsi che son tutti bianchi e lunghi 20 palmi e volpi e asini salvatichi assai. Ancora ànno giambelline (zibellini)  donde si fanno le care pelli che una per uomo vale ben mille bisanti; vài (rat musqué) ànno assai. In questa contrada i cavagli non possono andare, perciò che v'à grandi laghi e fontane e sonvi ghiacci sì grandi e fango la state che non si puote menare cavallo. E alle poste v'ànno cani per portare li messaggi da una posta a l'altra.Egli sì ànno ordinate tregge sanza ruote (slitte), perciò ch'elle si ficcarebbero nel fango e per lo ghiaccio scivolarebbero. Su questa treggia si pongono uno cuoio d'orsa e vannovi menati da 6 di questi cani che sanno bene la via infino all'altra posta. Li uomini sono cacciatori di molte buone bestiole e ne fanno molto guadagno sì come sono giambellini e vài e ermellini e coccolini (scoiattoli) e volpi e altre care pegli.

Chi può resistere all'offerta dei colbacchi caldi e gonfi dei mercati siberiani. Io a Ekaterinburg lasciai il cuore per un cappello di zibellino nero che faceva parere Putin nella sua dacia di campagna. Ma di questa terra selvaggia ed infinita sono pieni i racconti vicino al fuoco, tra i mercanti di lungo corso che hanno visto ghiacci gelati e deserti infuocati.

Cap. 205
L'antica cattedrale a Trabzon (Trebisonda)
Andando più innanzi a tramontana trovamo una contrada chiamata Iscurità (la Siberia)e certo sì à lo nome bene a ragione, ch'ella è sempre iscura e qui non v'apare mai il sole. La gente che v'è vi vive come bestie e sono gente pallida e di malo colore. Anno pelli molto care perché sono maravigliosi cacciatori. E Rossia è grandissima provincia verso tramontana e son cristiani a la manera dei Greci e rendono trebuto a' tartari. La gente è molto bella e le femmine alte e bionde. Quivi si à molte argentiere e confina a mezzodì con la provincia di Lacca (Daghestan) che son cristiani e saracini, mentre più a settentrione si à grandissimo freddo che a pena si puote campare  e dura insino al mare Ozeano e ad Orbeche  (Norvegia) e no v'à grande via che per lo grande freddo non si può bene andare.
Istambul - La cupola di santa Sofia.

Come si vede non solo le pelli colpivano Marco, ma la proverbiale bellezza delle donne russe, anche a quei tempi doveva essere registrata.  Ma la strada corre lungo la costa del Mar Nero allora ben tenuto dalle varie Repubbliche Marinare e il nostro si trova ormai in terra amica a due passi da casa. 

...e se ne vennero quindi a Trapisonda e poscia a Costantinopoli e poscia a Negroponte prima di arrivare a Vinegia.

Istambul - Il ponte di Galata 


Refoli spiranti da: Marco Polo - Milione - Ed.Garzanti S.p.A. 1982
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venerdì 28 ottobre 2011

Manuale di economia politica 5: Innocenti evasioni e astuzie cinesi.

Pensavate che con la manovra di ieri il corso fosse finito? Troppo comodo. Intanto ho già sentito le prime voci levarsi compatte sul tema del recupero dell'evasione fiscale. Certo, concordo con voi che le schiere di impiegati provenienti dal dimagrimento della macchina statale, potranno pure essere volenterosi, ma la resistenza a pagare le imposte e l'astuzia per evaderle od aggirarle da parte dei cittadini è sempre stata infinita ed ha radici millenarie, quindi è molto difficile da penetrare anche ad un dittatore come me dotato di pieni poteri. L'aspetto dell'elusione, poi, non è neppure amorale, ma fa parte di quella conflittualità normale tra chi cerca di riscuotere le imposte e chi cerca di pagarne il meno possibile. E' come l'altalenante equilibrio tra i progettisti di cannoni e di mura difensive. Vi siete mai chiesti come mai la stupenda sfilata di strettissime facciate delle antiche case lungo i canali di Amsterdam abbia questa conformazione? Si tratta di semplice elusione fiscale. In quel periodo ogni famiglia ricca voleva una casa affacciata sui canali e la municipalità introdusse una tassa computata sulla larghezza in metri delle facciate delle case stesse. Immediatamente le costruzioni cominciarono a prendere un aspetto strettissimo sulla parte anteriore e a svilupparsi perpendicolarmente ai canali stessi. Appena la città assunse l'aspetto meraviglioso che oggi ammiriamo, zac, cambiamento e imposta sulla volumetria, così l'inseguimento continua. 

Dunque lasciamo il discorso di scacchiera antielusivo ai tecnici e concentriamoci sull'evasione vera e propria, questa sì amorale e da stangare senza pietà, o meglio, cercando pragmaticamente di portare a casa più che si può. Ci sono due tipi di evasione. La grande evasione, quella di qualche migliaio di persone che truffaldinamente non pagano in parte o anche completamente (i famosi evasori totali sconosciuti al fisco) ingenti somme. Come dice La Qualunque infatti le tasse sono come la droga, se cominci a pagarle una volta non puoi più smettere. Qui bene si esercita l'opera della Finanza che ne stana di volta in volta qualcuno e fa scattare cifre, totali e sanzioni davvero ingenti, anche milioni di euro, che vengono messi a bilancio nelle poste attive dello stato. Ma cosa succede in realtà poi? La legge attuale consente molte scappatoie, intanto cominciando un lungo contenzioso, così costoso ed incerto che alla fine lo stato preferisce transare una parte infinitesima della somma, un decimo o poco più. Negli altri casi, ma anche in questo, il birbo, dato che è tutto rateizzabile, comincia a pagare la prima rata, cosa che per legge blocca tutto il procedimento sanzionatorio, poi scompare, fallisce o non paga più nulla e tutto va, come si dice sotto l'uscio e le poste attive che i vari ministri vengono a raccontarti in TV sono, come si dice, carta da cesso. Qui partirà dunque il mio bell'editto imperiale, in cui in caso di accertamento di questo tipo, scatta un blocco totale dei beni del furbo e della sua famiglia al completo. Sarà quindi cura dello stesso affrettarsi a definire e a pagare. 

Solo alla fine del pagamento totale sbloccherò la medioevale ma efficace confisca dei beni. Sono certo che i famigliari del birbo saranno molto convincenti nell'affrettare le operazioni. Veniamo poi al secondo tipo di evasori, quelli piccoli. Questi sono assai più interessanti dei grandi perché anche se sottraggono allo stato da qualche centinaio a poche decine di migliaia di euro per uno, essendo in realtà molti milioni, portano via all'erario ben più di 100 miliardi all'anno, cosa non di poco conto. Ora è chiaro che anche ad un plenipotentato come sarò io, sarà difficilissimo acchiappare questi furfantelli, non potendo mettere davanti ad ogni negozio, ogni bar, ogni studio professionale, ogni casa da cui esce di tanto intanto un idraulico od un piastrellista, un funzionario del fisco in pianta stabile; bisognerà quindi giocare d'astuzia. Non sarà male, magari cercare di imparare qualche cosa da quello che fanno gli altri, perché spesso è un gioco di fantasia. In Francia ad esempio, dove un tempo si dichiaravano valori infimi nella compravendita di immobili per evadere le tasse di registro, è bastato imporre la regola che prima di firmare il rogito, il notaio comunichi al comune la cifra pattuita. In caso di incongruenza il comune si rileva l'affare al prezzo indicato e il venditore non può eccepire. Sono immediatamente finite le meline con scambi di pacchi di denaro liquido che i notai facevano finta di non vedere. 

Per gli affitti poi, per legge l'affittuario dichiara sulla sua denuncia l'affitto pagato, con un piccolo beneficio fiscale. Se tu non ci paghi le tasse, ti arriva una letterina dall'ufficio delle imposte da cui se entro e non oltre, non ti metti a posto con l'IRPEF e relativa sanzione, ti sequestrano la casa. Sembra che paghino tutti, mica volentieri, eh, anche i francesi sono umani! Invece con gli scontrini e le fatture dei professionisti, maestri dello sguscio ci vorrà più fantasia. Sapete cosa fanno i cinesi da una decina d'anni, da quando il boom economico si è talmente conclamato da pensare che le tasse va pagate anche lì? Tu vai al ristorante e quando hai finito il tuo gatto o i tuoi scarafaggi fritti, assieme al conto ed alle mentine per farti passare il gusto di aglio, ti portano un gratta e vinci dell'entità del conto stesso. Tu gratti, gratti e ogni tanto, tra i gridolini delle cameriere non paghi il conto, a volte addirittura puoi fare una vincita. Ognuno ovviamente lo pretende, è ormai diventata una divertente abitudine di fine pasto e intanto il nostro ristoratore si paga le sue belle tasse calcolate fino all'ultimo coperto. Se qualcuno vince anche lui ha un beneficio fiscale. Il cliente si diverte, il ristoratore un po' meno quando va a pagare, ma il sistema pare funzionare assai bene. C'è un sacco di gente che pensa che i cinesi siano degli stupidi copiatori, date retta a me non sottovalutiamoli. Mi sa che questa legge la introduco e con questo capitolo chiudo la prima fase del master in economia politica. Per le iscrizioni alla seconda, c'è tempo; adesso devo prepararmi psicologicamente alla partenza.


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giovedì 27 ottobre 2011

Manuale di economia politica 4: La mia manovra.

Come promesso ieri, passiamo ad illustrare l'elenco dei provvedimenti contenuti nella mia lettera alla BCE, che spedirò appena eletto a proconsole unico (o quando prenderò autonomamente il potere come dittatore). A cappello di tutto emanerò una serie di provvedimenti fiscali per regolare molti strumenti finanziari a disposizione di banche e di tutte le istituzioni del settore che rendano più oneroso e non conveniente l'uso di strumenti e leve finanziarie, quando vengano utilizzate a fini speculativi e non propri della loro natura di utilità per la quale sono state studiate. Infatti la mancanza di queste regolamentazioni è stata l'innesco della attuale crisi, che si è comunque sviluppata a causa dei problemi preesistenti che vi ho illustrato ieri. Non voglio entrare nei particolari, ma si può fare facilmente da punto di vista tecnico. Purtroppo queste regole imprescindibili le potrò applicare solo quando sarò nominato imperatore del mondo, in quanto devono essere contemporaneamente valide per tutti   per essere efficaci. Ma passiamo a noi. I provvedimenti che imporrò verranno presi tutti assieme, anche se alcuni avranno applicazione diluita nel tempo, per attaccare sui due fronti il nodo italiano, massa del debito pubblico e mancanza di crescita. A cappello di tutto alcune misure, molto demagogiche, che non hanno come oggetto quella di produrre una cifra cospicua, anzi il gettito sarebbe assolutamente poco consistente, una goccia nel mare, ma che mi darebbero l'autorità morale di poter cavare la pelle a tutti senza essere indicato come un indegno percettore di privilegi. 

Quindi le varie disposizioni con esecuzione immediata, di dimezzamento dei parlamentari, assessori, consiglieri e così via e riduzione degli emolumenti ai rimanenti a un decimo, aumentabile nel tempo solo le le cose andranno a posto. Io percepirei solo 1 euro l'anno come compenso simbolico, anzi neanche quello che è più di impatto. Eliminazione delle province, comunità montane, circoscrizioni e accorpamento dei comuni con meno di 5000 abitanti. A seguire i provvedimenti che daranno la ciccia. Misure per fare cassa e convogliare una consistente massa monetaria. Minipatrimoniale, di non grande entità, ma estesa proporzionalmente non solo ai grandi patrimoni, che sarebbero troppo pochi, ma anche ai piccoli patrimoni che sono tantissimi, in maniera stabile, riducibile solo in un futuro in cui le cose migliorino, sia finanziari che immobiliari, incluso il ripristino di una sorta di ICI (ma con un altro nome, anzi con lo stesso nome, tanto sono il dittatore e faccio quello che mi pare) ridotta sulla prima casa. Introduzione di una serie di ticket quasi generalizzati su ricoveri ospedalieri, pronto soccorso, medicinali, scuola, università. Ogni esclusione riguarderà solo i casi di indigenza assoluta. Un consistente dimagrimento dell'apparato statale, con l'utilizzazione dei soprannumerari provenienti dai settori depurati in attività esclusive di recupero dell'evasione fiscale, affitti non denunciati, lavori in nero, case non censite e così via, eliminando la possibilità, attualmente percorribile con facilità, soprattutto nei casi di forte evasione, di diluire nel tempo e alla fine non pagare l'accertato. 

Per le pensioni, in effetti sono già a 67 anni, quindi non serve nessuna nuova legge, salvo per quelle di anzianità, con una applicazione di questi parametri su base volontaria con incentivi e disincentivi. Vendita graduale di una parte del patrimonio dello stato a cominciare da quello che genera perdite. Accordi con la Svizzera e gli altri stati (come già fatto da parte di Francia, Germania e Inghilterra, quindi possibilissimo) per prelevare le tasse ai capitali italiani colà emigrati. Questi provvedimenti iniziali avranno una entità tale (da attenuare nel tempo in base agli andamenti) da mettere assieme alcune centinaia di miliardi, la parte più consistente dei quali dedicata alla riduzione del debito pubblico, con una botta iniziale molto consistente, esempio non rinnovando i primi 100 miliardi di Bond in scadenza nei prossimi mesi, cosa che provocherebbe certamente una consistente diminuzione dei tassi di interessi, (ricordo che ogni punto in meno darebbe un ulteriore risparmio di 16 miliardi). A questo punto e in quasi contemporanea farò partire i seguenti stimoli alla crescita. Eliminazione di tutti gli ordini professionali, valore legale delle lauree e liberalizzazioni a pioggia in tutti i settori, licenze, orari, ecc. Semplificazione estrema di tutte le pratiche burocratiche e inerenti al lavoro, creazione di imprese e commerci, copiando semplicemente quelle che ci sono in molti paesi, dove si apre una attività in 5 giorni, riducendo l'interfaccia tra stato e mondo del lavoro ad un unico sportello, applicando su vasta scala il silenzio/assenso e lasciando allo stato l'onere del controllo (con tutti quei soprannumerari di cui abbiamo parlato prima) e della punizione finanziaria implacabile ed immediata a chi sgarra, che la gente capisce solo se la tocchi nel portafoglio. 

A questo punto si innesta il difficile discorso dei rapporti di lavoro. Facciamo un passo indietro. Avendo accettato il sistema di mercato (vedi lezioni precedenti) dobbiamo convenire che il rapporto tra datore di lavoro e prestatore d'opera è per sua natura conflittuale, con un soggetto da una parte che, potendo, vorrebbe che chi lavora per lui stesse a disposizione, lavorando alla bisogna per 24 ore al giorno, senza pagarlo affatto, magari facendogli versare anche una piccola cifra a titolo di ringraziamento perché lo si tiene occupato, con eventuali concessioni motivate solo dal fatto di renderlo più efficiente; dall'altra invece, si pretenderebbe, di non presentarsi neanche sul posto di lavoro, ricevendo possibilmente a casa uno stipendio adeguato e che consentisse un tenore di vita di alto livello, seguito da una pensione del 100%. Le diverse condizioni di forza relativa dei vari momenti storici, producono tutte le fasi intermedie in un equilibrio sempre instabile e che si sposta con facilità da una parte o dall'altra. Quindi questo rapporto va concertato tra le parti, tenendo conto della situazione mondiale, salvo che poi la imporrò con la forza. Ora appare evidente da un lato che la serie di garanzie e protezioni di cui gode giustamente una sempre più ristretta fascia di lavoratori e che va ad esaurimento, è difficilmente sostenibile a lungo; d'altra parte abbiamo un crescente numero di fasce produttive che stanno scivolando verso un rapporto reale che potremmo definire di schiavitù volontaria ridotte ad accettare qualunque vessazione dalle leggi vigenti accanto ad una sistema del lavoro, gravato da oneri tali da non renderlo più concorrenziale col resto dei suoi competitors

A questo punto è necessario che dalla parte sindacale, si cessi di combattere una battaglia anacronistica ed inefficace, ma che invece di cedere pesantemente, "contratti" quella che dovrebbe essere una coerente flessibilità con la modifica di leggi, che parevano inizialmente buone, ma che hanno dimostrato errori mortali, sostituendo nella pratica la necessaria e utile flessibilità ad una ingiusta e mortifera precarietà. Chi ha bisogno di un lavoratore per pochi mesi deve avere la possibilità di assumerlo, ma basta che questo gli costi di più di uno fisso, per sconsigliarli questa strada, se l'assunzione a tempo fosse stata invece fissa. Basta agli stage semigratuiti e le finte cooperative e i vari cocopro fasulli, tutti eliminati se il loro costo sarà superiore, contributi pensionistici decenti inclusi, alle assunzioni a tempo indeterminato. In cambio e solo in questo caso,  il sindacato conceda la maggiore flessibilità richiesta e contemporaneamente lo stato una riduzione degli oneri fiscali su impresa e lavoro, con soldi arrivati dalla strizzata di palle iniziale. Comunque in mancanza di accordo interverrò io direttamente. I rimanenti soldi a disposizione derivanti dallo squeeze, tutti su ricerca, istruzione e turismo interno, non a pioggia ma a cominciare dai punti di eccellenza, che non debba più sentire da un professore del Politecnico di Torino, con gli occhi disperati, che le ricerche del suo istituto sulle nanotecnologie che sono ai più alti livelli del mondo, devono rimanere nel campo teorico, perché i suoi colleghi americani hanno avuto un finanziamento di centinaia di milioni di dollari e lui niente  e che ha dovuto lasciare andare i suoi più promettenti dottorandi in Svizzera e Germania dove gli garantivano 3000 euro al mese e aiuto nella sistemazione logistica, in istituti dove la sola area relax è di 600 m3, mentre lui non riusciva a trovargli due metri per lavorare. Intanto attorno a quegli istituti si stanno creando aree tecnologiche per sfruttare le idee ed i brevetti di quelle ricerche in termini economici ragguardevoli, senza preoccuparsi, anzi essendo ben contenti che le magliette le facciano i cinesi ad 1 euro l'una.  

Ho detto cose, strane? Mi sembra che siano le stesse cose che hanno proposto via via tutti i diversi gruppi, la differenza consiste nel fatto che io le applicherò e tutte insieme. Il fatto che in seguito a queste misure, che chiamerò manovra economica e di sviluppo Bo, tutti i sessanta milioni di italiani urleranno nelle piazze come gatti scuoiati maledicendomi, sarà segno inequivocabile che è giusta e saggia. Bene, in caso mi venga affidata da voi questa incombenza, io comincerei da lunedì, tenendo conto che qualcosa avrò comunque dimenticato ed ho bisogno di qualche giorno per limarla ed organizzarmi. In mancanza di elezione diretta per acclamazione, provvederò a prendere il potere con la forza ed inutile che mi diciate che farò la fine di Gheddafi. Ognuno deve essere preparato ed accettare il proprio destino. Con calma penserò alle mie residenze ad alla creazione del mio gruppo di Amazzoni.Alea jacta est.

Continua.


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mercoledì 26 ottobre 2011

Manuale di economia politica 3: Creditori e debitori.

Abbiamo visto ieri, che non si può fare a meno delle banche (i cui meccanismi sono bene esaminati anche da Francesco) anche se è necessario indirizzino le loro operazioni per evitare la fioritura di pericolose storture, con regolamenti, ma anche e soprattutto con la leva fiscale. Basta infatti una intelligente sovratassazione sulle operazioni pericolose (transazioni veloci, vendite allo scoperto, leve finanziarie) per ridurre le frange puramente speculative e lasciarne intatti gli utilizzi sani e necessari per cui sono state create. Ricordando che per essere efficaci, queste misure devono essere ugualmente applicate in tutti i paesi. Ma questo laisser faire, certamente miope, che ha condotto alle esagerazioni che hanno innescato la crisi mondiale, non avrebbero avuto le conseguenze devastanti che stiamo vedendo, se non si fossero innestate su quello che è il vero problema, la smisurata crescita dei debiti sovrani. Bisogna avere l'onestà di accettare che nella maggioranza degli stati, il nostro tra i primi, per un paio di generazioni, la mia in testa, è stato concesso per motivi vari (ma non ci interessa qui capire di chi è stata la colpa, ora esaminiamo lo stato dell'arte) alla stragrande maggioranza della popolazione di vivere al di sopra delle proprie possibilità, spendendo per questo più ricchezza di quanto ne producesse e finanziando questo sperpero con debito pubblico, che poi significa indebitarsi con sé stessi. 

La crisi ha evidenziato questa stortura che non può gonfiarsi all'infinito ed ora ci si chiede di rientrare. Sta di fatto che debitori e creditori sono alla fine le stesse persone, che magari si indignano e gridano: non vogliamo pagare il debito. In realtà la maggior parte di questi non capiscono che non ripagando il debito non potranno riscuotere il credito che hanno verso lo stato (e quindi sempre verso sé stessi) ad esempio perdendo tutti i loro risparmi se ne hanno, oppure non ricevendo più la loro pensione a fine mese o la loro copertura sanitaria, sociale, scolastica e così via. Pochi, gridando in piazza, capiscono che quando salta lo stato e dichiara bancarotta, saltano anche tutti questi servizi e si azzera tutto, non si possono più acquistare beni ed energia che nello stato non ci sono, perché nessuno dà nulla ad un debitore che non ha saldato i conti, deve far vedere moneta per avere cammello e lo deve pagare anche un po' di più. Lacrime e sangue vere, non queste in cui tutti gridano come se gli avessero levato la pelle per qualche provvedimento da un centinaio di euro. Vuol dire crollo della produzione del 50%, metà delle gente di quelli che attualmente lavora che perdono il posto, difficoltà a riscaldarsi e molte altre piacevolezze di questo genere, accadute in ogni posto che ha fatto il cosiddetto default (Russia nel '90, Argentina e così via). 

Quindi, qualunque siano i sacrifici da fare, saranno sempre di gran lunga meno gravi per i cittadini di un default dello stato. L'operazione primaria per evitare questo dramma è la riduzione graduale di questo pesantissimo debito, che tra l'altro, con il suo costo (gli interessi da pagare, che aumentano vieppiù, se aumenta il timore che questo debito non possa essere restituito) si mangia una bella parte di risorse utili ad avere quella crescita, che come abbiamo visto nella prima puntata, è obbligatoria e vitale alla sopravvivenza del sistema. Dobbiamo pensare che tutta la popolazione nel suo insieme, abituatasi ad un tenore di vita che non si poteva permettere, è andata dallo strozzino (il suo vicino di casa e viceversa) a farsi prestare i soldi per ricevere una pensione superiore ai soldi che aveva versato, una sanità di ottimo livello quasi gratuita rispetto alle trattenute dedicate e così via senza ripetermi, ed ora deve trovare i soldi per restituire questo prestito, perché se no, il vicino non compra più i Bot il prossimo mese e se lo fa, dato il rischio vuole interessi sempre più alti come ogni buono strozzino.D'altra parte anche lui si comporta nello stesso modo con il suo vicino. Una tentazione classica con cui si sono spesso risolti questi problemi nel passato, è quella di azzerare il debito, in pratica con una ipersvalutazione selvaggia e che evita il default dello stato, bruciando i risparmi, riducendo vicino allo zero pensioni e stipendi, colpendo soprattutto le fasce più deboli, per poi ricominciare il giro. 

E' accaduto spesso, generalmente accoppiando la cosa ad una bella guerra, generale e/o civile che spaccasse tutto per poter poi ricostruire da capo e ricominciare il gioco (le due mondiali, la Yugoslavia, tanto per ricordare le più note). La salvezza italiana è per ora data dal fatto che esistendo l'Euro, mai abbastanza ringraziando e santificando chi, contro l'incredulità generale, è riuscito a farci entrare e a cui ogni giorno  bisognerebbe ricordare di baciare i piedi, questa strada graditissima agli industriali e da loro praticata in maniera soft con la liretta, non sia percorribile, fino a che non verremo cacciati fuori dal sistema, cosa che per la verità e per fortuna non conviene neanche agli altri, se no lo avrebbero già fatto. Allora per trovare l'enorme massa di denaro necessario a ridurre questo debito (il cui andamento, vedete qui a lato di secondo in secondo), è necessario pescare in tutte le tasche alla grande, date le sue enormi dimensioni. Certo tutti si tirano indietro, dicendo, io ne ho già dati fin troppi, prendete ad altri, senza capire che ne servono talmente tanti che se non si preleva da un enorme numero di persone, meglio da tutti, non si scalfisce neppure il problema. Certo bisognerebbe avere un governo che non si preoccupi innanzitutto di perdere consensi e che volesse davvero risolverlo, il problema. Domani vedremo quali sono le mie proposte al governo e che metterò in atto senza tentennamenti, appena nominato cunctator di questo stato.


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martedì 25 ottobre 2011

Manuale di economia politica 2: Banche e banchieri.

Dunque ieri ci eravamo lasciati concludendo che un sistema di governo "democratico" ed un sistema economico "di mercato", oltre al fatto di non presentare alternative pragmaticamente percorribili, sono anche nella loro amorale ed indegna imperfezione, il meglio che ci possiamo augurare a questo punto della partita. Quello che dobbiamo sforzarci di accettare, anche se non ci piace tanto, è che questo sistema dell'economia ha delle regole che non si possono ignorare, perché tanto è inutile pestare i piedi come i bambini piccoli che non vogliono fare le cose. L'economia basata sullo scambio e sul denaro come unità di conto ha come punto fondamentale la crescita. Con una crescita costante e controllata tutto funziona, la gente sta sempre meglio, i dissidi sociali si attenuano, le condizioni migliorano a poco a poco per tutti, non certo per bontà o accondiscendenza, ma perché conviene che tutti stiano meglio, in quanto più persone hanno un aumento del loro benessere materiale, più migliora il benessere generale, e tutto funziona, aumentano le occasioni di lavoro, si può allargare il wellfare, si possono tutelare i più deboli e così via, attenzione: sempre perché è conveniente farlo. 

Quando si parla di economia infatti non bisogna confondere i livelli di giudizio inserendo valutazioni etiche, perché confonderebbero le considerazioni. Quando fai un calcolo matematico o statistico non ha rilevanza se un prodotto o un quoziente sono ingiusti o meno. Si deve solo cercare quali sono le possibili soluzioni di un problema e poi porle ai politici che ne valutino gli impatti sociali e prendano le decisioni corrette. Sono due piani diversi della discussione e non vanno confusi perché condurrebbero a risultati sbagliati. A parte questo inciso, e trascurando per il momento il fatto che in un sistema chiuso come è il nostro, planetario, la crescita infinita è teoricamente impossibile, bisogna obbligatoriamente ricercare strade che perseguano questo tipo di andamento generale, nella maniera più utilmente regolare e costante in tutto il mondo. La globalizzazione del nostro tempo (ultima di una serie di globalizzazioni che in passato hanno più volte rivoluzionato i sistemi di vita e gli assetti delle nostre civiltà) ha dato e continuerà a dare grandi vantaggi, ma come ogni cambiamento, ha anche degli svantaggi, che vanno conosciuti e regolati per massimizzare gli uni e minimizzare gli altri, rendendosi comunque conto che questi cambiamenti quando nascono, procedono da soli e non ci si può opporre in alcun modo, piaccia o non piaccia, ci si può soltanto adeguare e sfruttarli al meglio. 

Se non c'è crescita, comincia una fase di stagnazione e automaticamente diminuiscono le occasioni di lavoro e comincia la crisi. L'economia, in generale, precede sempre le situazioni, le anticipa e se teme che stia per nascere un problema, quel problema già è in atto e provoca reazioni, tutte valutabili naturalmente e calcolabili nelle loro conseguenze. Tutti gli aspetti economici vengono nella pratica gestiti funzionalmente dalle entità economiche, che per comodità indicheremo come le Banche. E' un errore comune demonizzare questi soggetti, come normalmente si è portati a fare, inserendo come già detto valutazioni etiche o confondendole con le persone fisiche che le governano. Come già detto sono piani di discussione diversi che non vanno confusi. Se i banchieri si danno stipendi offensivi per la morale comune, non ha rilevanza con il fatto che l'entità bancaria funzioni bene o male al fine dell'economia mondiale. In sé, le banche non sono né buone né cattive e svolgono una funzione assolutamente indispensabile in questo tipo di economia. Se una banca, per errori di gestione sbaglia le sue scelte, la punizione che le dà il sistema è quella di perdere tutto il suo denaro, il ché equivale ad ucciderla. 

Il fatto che la politica decida di "salvarla" non è per giustizia sociale o per bontà d'animo, ma perché questa soluzione conviene di più a conti fatti alla comunità. Inoltre, attenzione, la banca "salvata", non è una persona fisica, un malfattore che viene graziato, ma una entità giuridica che, col salvataggio, passa di mano, diventa di proprietà del "salvatore". Il vecchio proprietario (gli azionisti che ci avevano messo il grano e che ben sapevano di fare una attività rischio, lo perdono o tutto o in parte) lascia il posto a chi ci mette i nuovi soldi del "salvataggio" e la nuova entità bancaria ricomincerà a svolgere la sua attività secondo le leggi vigenti cercando di fare il massimo dei profitti, come è funzionale al sistema e come deve essere. Se in base a questo sistema si verifica che avvengono delle disfunzioni generali che provocano problemi, tocca alla politica intervenire con correzioni che obblighino il sistema economico a percorrere binari funzionali alla società. Dunque ragionando su quest'ultima crisi, si può dedurre che il sistema finanziario, che poteva disporre di strumenti sofisticati, tuttavia utili e necessari, ne ha fatto un uso talmente esagerato, anche se legittimo, da far saltare il sistema. 

I coltelli, strumenti utilissimi per tagliare il salame e che non hanno colpe o meriti, sono stati usati invece per affettare le pance, in ultimo le stesse di chi li utilizzava, a causa dell'incapacità e dell'avidità degli uomini  a cui ne era stato affidato il governo. La corretta punizione del sistema è consistita nella morte delle stesse istituzioni e nel loro passaggio di mano a chi le ha "salvate" mettendoci il suo grano. Se il grano ce lo mette lo stato ( e lo fa perché gli conviene), le banche diventano di sua proprietà e se poi queste risorgono lo stato stesso, quindi i cittadini ci guadagnano quando le rivenderanno. A questo punto ha sbagliato la politica a non accorgersi in tempo che i coltelli venivano usati troppo e male ed sarebbe suo dovere intervenire dettando nuove regole, sulla base dell'esperienza,  perché questo non continui ad avvenire. Bisogna lasciare alle banche di fare il loro sacrosanto ed indispensabile mestiere, mentre la politica deve dettarne invece i regolamenti. Ma di questo parleremo domani.

Continua.



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lunedì 24 ottobre 2011

Manuale di economia politica: 1. Dal baratto alla fattura.

Mi è venuta voglia di fare una analisi seria, quindi se avete voglia di ridere, girate pagina. Anzi, la cosa è così ponderosa che ho deciso di farle prendere almeno un paio di puntate. Dunque, esaminiamo prima i fatti su cui discutere. L'economia del mondo in cui viviamo può essere variamente definita, da economia di tipo capitalistico ad economia di mercato. Tuttavia, tra le molte sfumature di copertina, ha una caratteristica comune, quella di essere basata sulla computazione del valore di beni e servizi materiali ed immateriali tramite una unità di conto detta denaro. Questo sistema ha preso vita nel momento approssimativo in cui l'uomo è diventato allevatore-agricoltore, dopo aver abbandonato la fase del cacciatore-raccoglitore, con l'avvento necessario delle primitive forme di baratto. Questo sviluppo della specie umana, ragione prima del suo successo evoluzionistico, se da un lato è stato l'humus su cui è cresciuto il benessere fisico e materiale, dall'altro è la primigenia fonte dell'infelicità umana, tanto che di fronte ai problemi che periodicamente si ripresentano nella storia, alcune persone si chiedono se non sia possibile ripensare un altro tipo di sviluppo, differente e non basato sullo sviluppo infinito. 

Una delle ragioni che conducono a questo pensiero, particolarmente forte nei momenti più acuti delle crisi economiche, come quella attuale, con i problemi che inevitabilmente ne derivano, proviene anche, oltre che dalla ricerca di una qualche soluzione alternativa e fideistica, dalla osservazione di quelle poche tribù, rimaste isolate nell'Est Africa, in Amazzonia o in Nuova Guinea, che hanno mantenuto una qualche specie di cultura primordiale che non prevede l'uso del denaro. Gli antropologi ne rilevano diversi vantaggi, quali la soluzione interna e veloce dei contrasti tra persone, un ridottissimo tempo della giornata dedicato al lavoro, parte del quale svolto comunque a titolo, diremmo volontario e a beneficio di altri componenti della comunità, la quasi totalità della giornata tipo dedicata ad attività ludiche o di relazioni interpersonali e un tipo di vita che, in generale potremmo definire "felice/sereno" e privo di ansie, si potrebbe dire, il fine ideale dell'uomo. Probabilmente questa disamina è assolutamente corretta e reale, tuttavia, ritengo che la quasi totalità delle persone viventi non sarebbe ormai capace di rinunciare al nostro stile di vita, pur riconoscendo che la maggior parte delle cose di cui ci circondiamo sono assolutamente inutili ed alla possibilità di dedicare al lavoro per vivere non più di un'ora al giorno e anche quelli disponibili a provare in nome di un newagismo anche di moda,  uscirebbero devastati dall'esperienza, tentando vie di mezzo che purtroppo non sono percorribili, perché o accetti il patto col diavolo e allora devi sopportarne tutte le conseguenze o devi rinunciare davvero a tutto. 

Io penso che questa strada sia tecnicamente impossibile da percorrere, se non in caso accada qualche cosa di traumaticamente globale che per un paio di generazioni spazzi via tutto, anche la memoria del denaro. La ripresa potrebbe, almeno per un certo periodo ripercorrere la via antica, una specie di età dell'oro, priva dell'egoismo e dell'avidità causata dalla presenza del danaro. Anche l'ecosistema planetario se ne gioverebbe, in quanto grazie alla scomparsa della medicina moderna delle odiose multinazionali e della vituperata agricoltura "industriale", attraverso l'auspicato ritorno alle medicine ed ai saperi tradizionali ed antichi, che ci condurrebbe ad un bello e rapido sfoltimento della popolazione, che tra fame, epidemie e accidenti vari si ridurrebbe velocemente ad un numero tale che il potere tampone del pianeta potrebbe sopportare con facilità. Al di là di questa soluzione, direi drastica, bisogna concludere che il sistema dell'economia di "mercato", unito al cosiddetto sistema politico "democratico" è comunque quello che nella sua totale imperfezione riesce a rendere l'uomo meno "infelice" che tutti gli altri.

Diverse soluzioni sono state tentate nella storia e sotto tutti i cieli, tutte migliori e più efficaci dal punto di vista teorico. Alla prova dei fatti hanno tutte dimostrato di produrre non solo una "infelicità" maggiore, ma anche lacrime, sangue, povertà e morte. Proprio Pol Pot in Cambogia, aveva come prima operazione abolito il denaro, in uno dei vari tentativi di ricercare un uomo nuovo e davvero "felice". Tutte queste soluzioni, sulla carta di certo migliori ed anche eticamente superiori, sono in passato finite nel breve volgere di qualche decennio, quasi sempre in maniera traumatica, tra le sofferenze di chi li ha subite, perché, a mio parere di certo, la natura dell'uomo, quella che ha permesso l'affermarsi della nostra specie, viene naturalmente portata a corrompere con piccoli gesti e comportamenti all'apparenza non sostanziali, lo svolgersi dei rapporti e delle funzioni, difetti di sistema che in breve si accumulano con effetti moltiplicatori devastanti fino a far degenerare l'impianto teorico. Pensate a che meraviglia, il dittatore illuminato che con immediatezza decide senza contrasti ogni cosa per il bene del suo popolo. Nessuna perdita di tempo, nessun apparato da mantenere, niente corruzione ed inefficienza. 

O pensate al lato opposto, la meravigliosa anarchia, la città ideale dove ognuno sa cosa fare per il bene di tutti e lo fa, senza prendere più del necessario, senza la necessità di qualcuno che controlli, che reprima o che governi. Perfetti anche tutti i sistemi intermedi. Che noia invece questa odiosa democrazia, dove tutto deve essere discusso, controllato, approvato, dove bisogna continuamente mediare tra le idee di tutte, sbagliando molto spesso per ascoltare ognuno, con tutte le possibilità di sgusciamento, di corruzione, di interessi personali preposti all'interesse generale. E poi questo sistema economico, governato dal Dio denaro che sembra incentivare la parte oscura di ognuno, egoismo, avidità, competizione con ogni mezzo ed ogni prevaricazione possibile, appena mediata da un sistema di leggi imperfetto ed in continuo divenire. Eppure non c'è niente da fare, cari amici, questo pessimo sistema è a tutt'oggi, il migliore che abbiamo saputo inventare, quello che tra gli alti e bassi consente un grado di "felicità media" superiore agli altri, con tutte le disuguaglianze del caso, per queste specie infame. Domani vedremo di esaminare più da vicino questo sistema economico, che, purtroppo,.sta presentandoci dei conti piuttosto salati di questi tempi.

Continua.



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sabato 22 ottobre 2011

Autunno africano.

Sahara 1980


Sabbia rovente

di petrolio in fiamme.

Foglia caduta.



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venerdì 21 ottobre 2011

In morte di un dittatore.

Foto dal web
Pochi dittatori finiscono la loro vita nel proprio letto. Molti sono destinati a dare spettacolo anche nel modo in cui non avrebbero mai voluto. La folla che festeggia, il cadavere, simbolo del ludibrio, icona perfetta della ferocia che si combatteva e che si esprime nello stesso modo incontrollato. Muhammar era un tipo strano, come tutti i dittatori del resto. Gli piaceva ammantarsi di un'aura da Mahdi, tra deserto, datteri e latte di cammella, ma amava le costanti tipiche degli altri satrapi, stuoli di donne bellissime ad allietare il suo tramonto fisico, familismo spinto, ricchezze che dimostrassero il suo potere, probabilmente sempre a lamentarsi di non averne abbastanza per fare quello che avrebbe voluto, il bene del popolo naturalmente. Forse proclamava anche di essere il migliore leader che la sua terra avesse mai avuto. Amava circondarsi di amici con le sue stesse passioni, certo, ma in fondo non aveva amici, solo gente che cercava di succhiare più latte possibile da quella mammella. Adesso è caduto, tristemente come tutti gli altri, inseguito dal suo popolo, avendo rifiutato di fare quel passo indietro che l'intelligenza ti suggerirebbe, quando ancora lo puoi fare. Aleggia nell'aria il tanfo della bestialità, un poco più di ieri, ma l'uomo è fatto così, animalesco e feroce, festeggia sul corpo del nemico ucciso.

Tutti quelli che lo inneggiavano sono magicamente scomparsi, anzi se ieri gli erano amici, oggi rimarcano che ogni cosa è andata come sarebbe dovuto andare. Alle spalle molti tirano un sospiro di sollievo, da un lato è finita una pratica senza code fastidiose, le cancellerie sono più tranquille, niente vetrine da cui potrebbero uscire fastidi. Si può dire pragmaticamente che "purtroppo" è andata così, sì sa come finiscono queste cose, adesso pensiamo al dopo. Adesso apriamo un'altra cartella. Densa di incognite per la verità. Alla testa dei vincitori pare ci siano ex-jihadisti, non sarà un seguito di tutto riposo, ma pare non importare a nessuno. Dietro a questi non ci sono grandi masse popolari, ma solo affari, affari belli grossi. In verità questo sembra interessare più di ogni altra cosa. La scacchiera si è scompaginata, molti pezzi hanno cambiato posizione, mutano i rapporti di forza e le alleanze strategiche. La geopolitica è cosa complicata e molto sottile, i corpi insanguinati nella sabbia del deserto, son cose da filosofi, al di là di quello che rappresentano, contano poco.


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giovedì 20 ottobre 2011

Xīn.

Che emozioni, che passione in questi giorni! Ma già, come li vedono i cinesi questi sentimenti? A noi sembrano sempre così compassati e misteriosi, dietro le fessure dei loro occhi, così imperscrutabili, che non lasciano trasparire l'accelerazione dei battiti. Come spesso accade, una chiave di lettura, è riverberata nella loro scrittura, nelle cui volute a volte è possibile scorgere, come abbiamo visto molte volte, la cartina di tornasole che interpreta una cultura. Il carattere chiave è quello di Cuore. Si tratta di uno dei più bei pittogrammi della lingua cinese ed anche uno dei più utilizzati singolarmente e come facente parte di altri più complessi. Ecco infatti che in quei quattro tratti eleganti vedete la linea curva che disegna l'organo descritto, sovrastata da tre goccioline di sangue. Sembra davvero uno di quegli ex-voto, quei cuori sanguinanti della Madonna, che troneggiano nelle nostre chiese. Qualcuno, più scientificamente, riferendosi alla grafia antica, li individua come i tre principali vasi che portano il sangue al nostro motore fisico, ma preferisco la prima ipotesi, un po' perché mi pare più azzardato pensare ad una così buona conoscenza dell'anatomia interna da parte degli antichi, un po' perché mi sembra decisamente più poetica.

Anche per i cinesi, il cuore è la sede tradizionale dei sentimenti, così questo ideogramma fa parte di tutte quelle parole in cui ci siano sfumature riguardanti il sentire e le emozioni. Naturalmente anche quelle dal significato scientifico, come Psicologia, xīn lǐ -  理, che unisce al carattere di cuore, quello di Gestire, mettere in ordine, ma anche Prestare attenzione, cosa che illustra davvero bene quello che dovrebbe essere il lavoro dello psicoterapeuta. Tra i tanti invece che raccontano dei sentimenti, scelgo quello che meglio mi sembra illustrare il significato del post di oggi. Come illustra dunque la lingua cinese la passione travolgente, quella che ti ossessiona senza lasciare tregua e ti conduce alla follia? Con un solo ideogramma: 怒 -  , costituto da tre segni che già conoscete. Sopra a quello di Cuore, che dà l'idea che si parli di un sentimento, quello di Mano e quello di Donna, che già da soli significano Schiavo, d'amore naturalmente o chissà. Dunque la passione incontrollabile è proprio quella in cui il proprio cuore è preso prigioniero da una donna. Siamo dunque tutti uguali in questo mondo.


Refoli spiranti da: E. Fazzioli - Caratteri cinesi - Ed. Mondadori


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mercoledì 19 ottobre 2011

Addirittura una recensione?

Guardate un po' cosa gira sulla rete? Attenzione che qui continuano ad accadere cose strane. Il libro è stato recensito ufficialmente e non da baubau micio micio, ma addirittura dal Barozzi, il poeta scientifico del web. Questo è davvero troppo, non so se resisterò a lungo a queste emozioni!!!!! Vi riporto il tutto pari pari.


Popinga: BoIn anni lontani, in uno “storico bar” di Alessandria, i cattivi studenti passavano le ore a giocare a Majong, un gioco praticato nel Celeste Impero e, curiosamente, anche in quello storico bar di Alessandria. Il Majong è un gioco da tavolo per quattro giocatori, in cui si guadagnano punti creando opportune combinazioni di tessere e rimuovendole dal gioco. Chi ha la posizione detta “Vento dell’Est” gode di una posizione di vantaggio.


Uno dei perdigiorno impegnati in tali ludi orientali, una volta raggiunta la privilegiata condizione di pensionato in buona salute, decise di mettere a disposizione degli altri la sua saggezza di tuttologo e di aprire un blog che chiamò, appunto, Soffia il vento dell’est. Un tuttologo, per definizione, si occupa di tutto, perché di tutto sa quel poco sufficiente per sostenere una discussione, al contrario di un povero specialista, che il più delle volte è costretto a star zitto perché sa tutto di poco e nulla del resto.

Scrivere di tutto è una vocazione per la quale ci vuole talento: bisogna aver molte cose da raccontare, è necessario essere aggiornati su ciò che succede, ci vuole una certa maestria per dire le cose senza annoiare il lettore. Erano tutte doti che il pensionato alessandrino, ex giocatore di Majong, aveva sviluppato nel corso di una vita invidiabile scandita da viaggi, di lavoro e di piacere, in ogni parte del mondo (ma proprio tutto), facendo mestieri che avevano valorizzato la sua naturale tendenza al rapporto umano.

Nel suo blog, che progressivamente si allargava da pochi intimi a una cerchia sempre più ampia di lettori (me compreso), l’alessandrino, che per semplicità chiameremo Enrico Bo, scriveva, ovviamente, di tutto: le vicende fantascientifiche ma reali dell’imprenditore Paularius, tiranno del pianeta Surakhis; il significato degli ideogrammi cinesi e la poetica libertà di quella lingua; le sue avventure nei paesi dell’est europeo prima, durante e dopo il crollo della “cortina di ferro”; i ricordi di viaggi nelle altre parti del mondo; le sue intelligenti considerazioni sull’attualità politica e scientifica; lo smascheramento di allarmismi ingiustificati e luoghi comuni in tema di nuove tecnologie applicate alla produzione alimentare, eccetera, eccetera. Il tono e lo stile erano quelli di un’amichevole chiacchierata tra amici, una delle migliori forme di trasmissione di cultura, esperienza e calore umano.

Consapevole che un blog è spazio troppo ristretto quando si hanno tante cose da dire, convinto che le parole hanno bisogno di essere assaporate lentamente come un buon bicchiere di cognac e non consumate nella fretta imposta dalla pagina elettronica, il nostro protagonista, che continuiamo a chiamare Enrico Bo per comodità espositiva, un giorno decise di raccogliere su carta i primi due anni di articoli di Soffia il vento dell’est, e ne fece un libro che intitolò come il sunnominato blog.

Il libro è tra le mie mani, un tomo di 384 pagine con una bella copertina tratta da una foto dello stesso autore, che mi ostino a chiamare Enrico Bo, forse per affinità intellettuale. La sua lettura ha accompagnato la mia estate, sera dopo sera. È facile da leggere, per il brio, il linguaggio adottato e per la struttura, che permette anche una lettura non continuativa e lo spiluccamento goloso. Mi è piaciuto molto, e mi sento di consigliarlo a tutti coloro che, come me, vogliono immergersi in storie vere, raccontate con intelligenza e garbo.

Sono commosso, ma soprattutto gonfio come un pavone, tra un po' scoppio, meglio che da domani cambiamo discorso, eh.


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Where I've been - Ancora troppi spazi bianchi!!! Siamo a 119 (a seconda dei calcoli) su 250!