Il tempio di Garni - Armenia . Caucaso - Maggio 2024 )Foto T.Sofi) |
Nartece |
Prendiamo la strada verso sud est, risalendo colline aspre e siccitose. Pochi chilometri e siamo a Garni, zona dove sorse una fortezza strategica nel controllo della piana che si estende davanti all'Ararat. E su una specie di sperone di roccia che si spinge sulla valle, ecco spuntare una piccola ma deliziosa gemma. Proprio sulla punta estrema, sollevato da una serie di gradoni piuttosto alti, forse appositamente disposti per far sentire più piccolo chi li saliva e indurlo, stanco per l'ascesa, a genuflettersi ancora di più di fronte alla potenza della divinità, ecco ergersi una costruzione piccola, se paragonata ad altri grandi esempi religiosi, un tempietto che forse, anche per il fatto di essere stato rimesso in piedi una cinquantina di anni fa, pur con tutti i materiali originali rimasti per tre secoli nella polvere a causa di un terrificante terremoto, appare adesso come nuovo. Per la verità la storia del tempio è avvolta nel mistero, non è chiaro neppure se si tratti davvero di un edificio religioso o di una costruzione civile. Tutti gli altri templi pagani sono infatti stati distrutti nella furia cristiana dei primi secoli e quanto meno sostituiti da basiliche del nuovo culto, invece questo non è stato toccato, non si sa se per il voler mantenere un raro esempio di bellezza classica o se per caso. Certo, il fatto che una basilica di piccole dimensioni sia stata eretta accanto farebbe propendere per l'assenza di sacralità riferita al luogo, fatto sta che non è neppure chiaro, se si trattasse di un tempio, a quale divinità fosse dedicato, forse al Sole, per uno di quei tanti culti orientali che stavano sorgendo in quel periodo di confusione mediorientale, dove sotto ogni pietra trovavi un predicatore o un santone.
I mosaici |
Certo che l'edificio è architettonicamente perfetto con le sue linee eleganti e le decorazioni pur fitte ma non barocche o esagerate. Vedetela come volete, ma il periodo classico ha comunque lasciato ovunque nell'area mediterranea e oltre, segni incancellabili del suo passaggio e ben si può affermare che, comunque abbia condizionato tutta la storia successiva. Anche il mosaico che è venuto alla luce nei vicini bagni termali, ha una eleganza davvero unica e anch'esso marca il livello raggiunto anche da queste parti per un impero che era riuscito comunque a livellare culturalmente ed economicamente ogni zona controllata, anche se era molto lontana dal centro del potere. E' una capacità non secondaria, ancora più importante di certo di quella della facilità di conquista e che probabilmente, è anche uno dei segreti che ha contribuito a tenere insieme un impero così vasto per quasi quattro secoli. Insomma siamo stati bravi, mi sento parte di questa storia e quindi voglio arrogarmi una piccola parte di merito come discendente, anche se lontano, ma sì, diciamolo pure, abbiamo insegnato tanto al mondo e un po' di orgoglio ci sta tutto. Dunque andiamo pure a mangiarci un paio di spiedini di carne con vista tempio, che qui sembra proprio di essere in campagna, tra orci di vino e griglie che crepitano, anche se i prezzi sono condizionati dalla vicinanza delle rovine, temo, come si usa in tutte le parti del mondo. Ad un tavolo vicino un gruppo di gente festeggia qualche ricorrenza, cantano, qualche ragazza si alza e volteggia attorno al tavolo al suono di una canzone tradizionale.
Torsioni laterali |
Sembra di essere nel nostro sud, con le vestigia di pietra sullo sfondo. E pensare che dagli anni trenta in poi i Soviet volevano spostare tutto nella capitale per arricchire qualche piazza di Yerevan con questa bellezza, poi per fortuna (o meglio per il costo) ci hanno rinunciato. Benvenute le ristrettezze economiche, a volte riescono ad evitare lo scempio. E' ora di andare ,ma non vogliamo ritrarci da questo luogo particolare e scendiamo nelle gole del fiume Azat, che fa una grande ansa attorno allo sperone di roccia su cui giganteggia, pur nelle sue minuscole dimensioni, il tempio e segue poi la spaccatura della valle e qui in fondo appare uno dei più grandi spettacoli naturali del paese, la Sinfonia delle pietre. Se lo vedi, scendendo la stradina in discesa che porta direttamente sotto alla parete di roccia in questione, capisci subito il perché di questo nome. I basalti colonnari sono formazioni rocciose presenti in molti posti del mondo e dovunque per la loro bellezza attirano visitatori a compiacersi di questo prodigio della natura, che si forma durante una eruzione interna alla crosta terreste, durante la quale le rocce schiacciate da forze titaniche assumono questa regolarissima forma di colonne di diversa altezza che la compressione stessa costringe ad assumere una impressionante forma esagonale. Quando poi l'erosione libera queste rocce più dure dagli strati esterni, la loro bellezza esplode alla vista come una magica costruzione innalzata da giganti di ere perdute.
Ne ho visti molti. per il mondo, di questi spettacoli, dalla Giant's causeway all'estremo dell'Irlanda del nord, a quelli coreani della costa sud dell'isola di di Jeju, a quelli della Namibia, in una valle selvaggia, alla cascata Svartifoss, in Islanda, proprio per questa presenza detta la cascata nera, per non parlar della Devil's tower americana, ma queste sono per dimensione, quantità e perfezione, assolutamente le più straordinarie che mi sia capitato di vedere almeno fino ad adesso. Per una lunghezza di quasi un chilometro, si allungano in curve successive, alte fino a cinquanta metri, cascate di pietra allineate in un perfetto colonnato che finisce per i fusi più esterni ed esposti alla vista ad una certa altezza da terra formando anfratti, rientranze e grotte che appaiono come gli angoli delle moschee, le affascinanti muqarnas a nido d'ape, le volte a stalattite dell'architettura islamica più decorativa. Cammini avvolto dalla perfezione di questa opera della natura, che poi a tratti si contorce come fosse stata schiacciata da forze sovrannaturali, formando archi, diagonali, disegni complessi, pur senza perdere mai la sua struttura perfettamente geometrica, apparentemente diresti artificiale, tanto è precisa. Alla base i frammenti di pietra che sono via via piombati giù a causa delle dilatazioni termiche della roccia, appaiono come piastrelle esagonali posate lì, in attesa di qualcuno che venga a ripristinare un pavimento devastato da qualche titanica devastazione.
Il rumore dell'acqua del torrente suona la sua musica lieve, un arpeggio di strumenti antichi che accompagna il tuo passaggio, mentre dall'altra riva, altri spettacolari rilievi si alzano verso il cielo, creando altre quinte grigie, altri fondali destinati nei prossimi millenni a spezzarsi, un frammento alla volta, precipitando in basso e formando coni di deiezione dalla forma anch'essa perfetta, come per non turbare le forme di colore ardesia che splendono sulle pareti in verticale. Santo cielo, che bello e che privilegio poter essere qui. Insomma fatichi a venir via, in verità mi piacerebbe davvero restare fino al tramonto del sole, per vedere se l'astro rosato, riesce a schivare nella discesa i crinali più alti e a far penetrare i raggi dorati della sera a carezzare il colonnato perfetto, quasi fossero luci che passano le vetrate di rame di una cattedrale eretta da esseri di altri mondi. E forse essere aiutato a capire come mai in questa terra hanno trionfato tanti culti dedicati proprio alla maestà del Sole. Risalgo l'erta verso l'auto a malincuore, tre asini scendono verso il basso cariche di robuste signore velate che vanno anche loro a godersi la vista del fondo della gola, fino a fermarsi davanti all'antico ponte che la sbarra, proprio dove finisce lo spettacolo. Poi ecco ancora scendere anche una cavalla con un puledrino al seguito, di certo nato da pochi giorni. Porta in groppa un'altra signora abbondante, che si guarda intorno con aria incerta, evidentemente non abituata a quel mezzo di trasporto, preso nell'entusiasmo di poter evitare la scarpinata.
La volta centrale con l'oculo |
Il cavallante tira la cavezza per farla scendere più rapidamente, anche questo è lavoro insomma e anche il turismo serve a far girare il mondo. Mentre tiro il fiato alla fine della salita, ho un contatto umano con quattro torinesi che stanno girando il Caucaso dopo aver affittato un'auto, insomma anche così si può evidentemente, ragiono buttando ancora un occhio indietro per imprimermi nella testa un immagine di questa meraviglia, che rimanga indelebile, almeno per un po'. Insomma nel giro di tre ore son rimasto già due volte senza parole e la giornata non è ancora finita. Risaliamo quindi ancora qualche chilometro per arrivare al monastero di Geghard, incapsulato in una gola secondaria da cui vedi sempre più in basso, il tortuoso corso dell'Azat. E' uno degli insediamenti cristiani più antichi del paese, tipico della cultura rupestre dei primi secoli, con una serie di chiese scavate nella roccia e ricavate da anfratti ingranditi mirabilmente fino a farli diventare ambienti regolari e complessi, dalle semplici grotte da anacoreti che erano all'inizio. Abbiamo visto tante di queste tipologie costruttive in giro per il mondo, dai templi indiani di Ellora e Ajanta, alle meraviglie di Lalibela in Etiopia, alle decine di chiese della Cappadocia e altre ancora, tutte portatrici di questa ansia di sacro che porta gli uomini a scavare la roccia per ricreare quella sorta di ventre materno nella quale la piccola dimensione umana cerca di protezione e rifugio. Nel tempo, qui, tutto si è ingrandito e alcune costruzione si sono allargate all'esterno fino alla chiesa principale, sorta nella forma attuale attorno al 1200, che rappresenta un esempio davvero mirabile di questa tipologia di costruzioni religiose. A parte le dimensioni notevoli e l'armonia delle proporzioni, quello che ti colpisce maggiormente è la complessità degli ambienti interni alcuni dei quali proseguono fin dentro alla montagna.
Bassorilievi |
Sei circondato dalla pietra grigia ricoperta da bassorilievi arcaici e severi, che ricordano i nostri Antelami e i primi scultori medioevali o le figure inquietanti di Wiligelmo. Leoni e pantere a coppie ti scrutano dagli architravi e dagli archi oscuri. Figure dalli occhi rotondi e spenti scrutano lo spazio avvolti dall'ombra. Ma è soprattutto la volta centrale del cosiddetto Gavit, con una ricopertura di stalattiti che richiamano molto le successive muqarnas islamiche, sostenuta da grandi e robuste colonne, anche ricavate dalla roccia. Evidentemente un tipo di decoratività ispirata dalla natura, più legata al gusto geografico che alle tendenze religiose specifiche. Il pavimento è irregolare, formato come appare, da enormi lastroni di pietra, alcune sono lastre tombali ricoperte di scritte e bassorilievi che ricordano il sepolto, mostrandone le fattezze, reali o solamente immaginate. La luce è scarna, penetra da un oculo al culmine della cupola e contribuisce al senso straordinario di mistero, un artificio imparato di certo dai romani e dalla loro capacità architettonica. Tutto attorno alla sala centrale, su una serie di scansie, un letto di ceri, con la flebile luce di gialle fiammelle aggiunge magia alla scena. La devozione popolare contribuisce sempre alla sacralità dei luoghi pur se in forme diverse. Un luogo assolutamente mistico. Fuori, un'altra meraviglia. Appoggiate ai muri di contenimento o addossate alla parete di roccia, ecco sfilare una interminabile serie di Khachkar, le croci della tradizione, uno dei mezzi espressivi con cui si manifesta l'arte religiosa armena. Nella maggior parte dei casi vengono scelte per questo uso delle lastre di pietra morbida, una specie di arenaria, dal delicato colore dorato. rettangolari con il lato maggiore di almeno un metro o più.
Croci nella roccia |
Il colore magnifico della pietra le fa apparire ancor più come oggetti di meravigliosa ornamentazione. Il bassorilievo raffigura una croce inscritta nel rettangolo e in essa ed attorno ad essa, si scatena la fantasia dell'artista, con una ricchezza infinita di disegni geometrici, di trine e di intrecci fantasiosi, delicati e complicatissimi, fino a farla apparire come un lavoro di filigrana nella pietra. Una diversa dall'altra sembrano fare a gara per mostrare un risultato finale sempre più complicato, raffinato e mirabile. Una gara di abilità tecnica artigianale o forse qualche cosa di più. Anche qui, rimanere sul muracciolo a guardare la sfilata delle croci sulla parete, la cupola maggiore che svetta su tutte, le cappelle che emergono dalla roccia, è emozione, non sai da dove distogliere gli occhi per passare alla meraviglia vicina e poi alla successiva. Certo che oggi nel raggio di una cinquantina di chilometri siamo passati attraverso una delle meraviglie della natura di milioni di anni, ai tremila anni di Erebuni, all'arte ellenistica di mille anni dopo di Garni ed eccoci qui dopo un altro millennio a godere della capacità artistica dell'uomo, che riesce sempre a rappresentare la storia che via via si dipana nel tempo, accoppiando la forza mentale agli avvenimenti, capace sì di guerre e violenze indicibili che tutto vogliono distruggere, o per lo meno tentano, ma alla fine qualche cosa rimane a raccontarla questa storia infinita ed appagante, per chi la percorre ed ha il privilegio di poterla considerare.
Devozione |
SURVIVAL KIT
Monastero di Geghard - A circa 12 km dalle gole, proseguendo sulla H3, è costituito da una serie di chiese scavate nella roccia a partire dal IV sec. La più importante costruita all'inizio del 1200, si dice conservasse la lancia che diede il colpo di grazia a Gesù sulla croce, poi portata ad Echmiadzin. E' la più imponente, Qui sono conservate alcune delle più belle e antiche Khachkar, le tradizionali croci armene scolpite nell'arenaria. Almeno un'oretta per dare un'occhiata alle varie grotte e ambienti e soprattutto apprezzare le croci istoriate.
Le gole dell'Arat |
Sinfonia della pietra |
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