venerdì 18 ottobre 2024

Caucaso 26 - La valle del Tatev

Passo di Selim - Armenia - Caucaso - maggio 2024 - (foto T. Sofi)


La funivia

Il tempo si intristisce sempre di più, rilasciando una nebbiolina bassa e uggiosa che ti lascia solo indovinare lo splendido paesaggio circostante, fatto di montagne lontane, pascoli rigogliosi e verdi vallate, dove cominci ad intravedere le spaventose spaccature del territorio che a breve scenderà verso il confine iraniano, ormai a qualche decina di chilometri, mentre quello del Nagorno Kharabakh, che ormai dovremmo definire Azerbaijian a tutti gli effetti scorre alla nostra sinistra da tempo. L'area di questo estremo lembo di Armenia è davvero selvatica e solitaria e comincia a manifestarsi anche nella strada che, di chilometro in chilometro, si fa sempre più malandata e piena di buche fangose. Anche i rari agglomerati di case sembrano ordinati baraccamenti predisposti sulle alture circostanti, lasciate dai tanti camion che ballonzolano trascinandosi verso sud. Quando arriviamo a Halidzor, il villaggio rimasto in questa area un tempo insediamento piuttosto importante sulla riva sinistra delle gole del fiume Vorotan, fatto di chiese, monasteri e piccoli villaggi, sulla via del deserto iraniano, oggi abbandonati, è quasi sera. E' una zona particolarmente interessante proprio per queste sue tracce di presenza umana che ha avuto il suo massimo fulgore attorno all'anno 1000, che ne facevano evidentemente  un punto di transito importante su un ramo della via della seta che puntava proprio verso sud est. Oltre a queste presenze rimane la bellezza dei luoghi con i suoi canyon profondissimi, le  acque che li percorrono, gettandosi in salti successivi con ardite e ruggenti cascate, i boschi impenetrabili delle sue balze. 

Nella chiesa

Le case dell'attuale paesino sono un residuato sovietico, posto sul limitare del precipizio, cosa che garantisce viste spettacolari sulle gole. Il nostro alberghetto, una serie di bungalow in legno è proprio in splendida posizione. Il precipizio è ad un passo, la sponda opposta sembra potersi toccare con le mani. Scende la notte e non si sente un minimo rumore. Poi, lontanissimo, giù nella forra l'abbaiare di un cane che forse cerca una luna nascosta dalle nuvole basse. Una casetta di legno affacciata sul vuoto ci aspetta per cena. Specialità locali e ambiente molto familiare ci aspettano, sembra di essere nei territori più sperduti e lontani da Mosca, all'epoca delle mie peregrinazioni caucasiche, quando ancora ero io, il mercante in cerca di opportunità.  D'altra parte con gli spiedini di pollo e di maiale, non sei mai morto e poi le deliziose patate al forno con la pancetta e una grassa e ricca purea, ti fanno satollo in fretta. Il vino poi, lo fa direttamente il padrone di casa, così come il brandy, ruvido e forte, che concluderà la cene. Non sarà l'Ararat 25 anni della mia giovinezza, ma tra queste montagne sarebbe sciocco lamentarsi, mentre devi solamente goderti il momento e l'atmosfera. La notte è buia e senza luci, l'umidità penetra nelle ossa e le pareti di legno della tua camera, scaldano solo a guardarle. La mattina arriva di colpo e anche se la giornata non sembra migliore di quella di ieri, pazienza, continuiamo a goderci questa atmosfera sfumata da film fantasy, più che altro abbuffandosi di una pantagruelica colazione, ricca delle presenze locali. 

L'eremo

I due formaggi, uno più sapido e granuloso, uno morbido e dolce, sembrano appena arrivati dal gregge che ieri sera sfilava lungo la strada. Ma è soprattutto la panna acida densa e corposa che la fa da padrona, mi sembra quella che nelle baite di Dombay, in Circassia, mi rischiarava le mattine d'inverno negli anni '90. La signora continua a portare piatti, rossi pomodori ed i consueti ma terrificanti cetrioloni affettati, almeno per il mio stomaco, devo ancora digerire quelli che mi facevano ingollare prima che crollasse l'URSS, figuriamoci se mangio questi, ma tutto il resto è assolutamente delizioso e la padrona di casa, sembra offendersi se non facciamo onore. Non sia mai, sarebbe brutto. Ce ne andiamo verso le nove, che di cose da vedere, come sempre ce ne sono parecchie, anche se la giornata, sinceramente butta male. In effetti questa zona, dal punto di vista paesaggistico promette moltissimo ed ha moltissimo da dare , ma con la pioggia e le nuvole basse. si vede poco ed i colori sono molto attutiti, comunque sia bisogna fare di necessità virtù ed accontentarsi di quel che passa il convento, il convento appunto che è il punto chiave di questa area. Intanto si decide che visto che siamo arrivati fin qui, tempo o non tempo andiamo a fare la famosa funivia di Tatev che consente di raggiungere l'altrettanto famoso monastero di cui vi dicevo, un'altra delle meraviglie architettoniche armene. Bisogna ammettere che il salto è impressionante e la valle che scorre sotto di noi, mentre il vagoncino fila a tutta velocità, sembra farlo invece con grande lentezza, tanta è la distanza e lo spazio. 

La cascata

Anche se la luce non è ottimale, scorgi però il fiume che scorre in fondo e che questa unghiata ha scavato nella terra e nelle rocce, la grande cascata iniziale, che da lontano appare come un salto gentile che forma un bell'arco dalla fenditura a V e cade allargandosi come un velo di sposa e soprattutto puoi apprezzare le rovine dell'antico eremitaggio, costruito dai monaci nel 1600 circondato da un basso muro, che fu quasi completamente distrutto dal terremoto disastroso solo una cinquantina di anni più tardi. Deve essere un luogo suggestivo che si raggiunse solo con un tortuoso sentiero lungo i fianchi della gola e che la natura si sta riprendendo a poco a poco. Dall'alto si vede bene la massa verde che da secoli ha aggredito i muri e le rosse costruzioni di mattoni che a fatica emergono tra il folto dei cespugli. Pare che oggi ci viva ancora un monaco eremita, ma bisognerebbe andare a darci un'occhiata e la strada non è agevole. Verso il termine del lungo salto, ecco altre rovine dell'antico villaggio di Shinuhayr che dopo aver resistito per quasi mille anni è stato a sua volta distrutto, come quello di Khot e tutti i molti altri della valle, in un altro terrificante evento tellurico negli anni 30 del secolo scorso. Questa è una terra molto ballerina e questi disastri si sono succeduti nei secoli con una catena infinita di distruzioni epocali che hanno più volte costretto gli abitanti di queste valli sperdute ad abbandonare i loro territori ed a ricostruire i poveri paesi in altre posizioni, magari a torto ritenute più sicure. Pensate che attorno all'anno mille in questa area erano calcolati oltre 600 villaggi. 

Il monastero di Tatev

Alla fine comunque la funivia si ferma sulla balconata di arrivo, davvero un bel salto. La macchina di Saro ci dovrebbe raggiungere, ma non si vede nessuno. Cominciamo a preoccuparci, con questo tempo la pioggia e le strade fangose in uno stato piuttosto disagevole, non si sa mai cosa possa succedere. Dopo una mezz'oretta eccolo che arriva, aveva finito la benzina e come potrete capire da queste parti non è così agevole trovarne. Comunque anche questa è risolta e non ci rimane che scendere il sentiero che raggiunge il monastero, circondato come di consueto da una cerchia di mura. Il sito comprende due chiese, una più antica e maestosa, innalza il suo alto tamburo centrale sormontato da una bella cupola con dodici spicchi. Nonostante il tempo, il monastero è piuttosto affollato di fedeli. Nella chiesetta più piccola si S. Grigor, un pope dalla barbaccia incolta sta officiando una cerimonia, attorno a lui si assiepa un gruppo di persone a cui lui rivolge attenzione, uno alla volta, prende loro le mani, li consola e continua la preghiera sommessa rivolgendo poi le braccia al cielo. Intorno i ceri ardono sulle tavole di ferro disposte lungo i muri. Fili di fumo vanno verso la volta lontana a cercare uno spiraglio di uscita, senza fortuna. L'altare dietro, che la tenda di velluto rosso accostata di lato, ha lasciato scoperto, è sopraelevato come un palcoscenico in attesa dello svolgimento dell'atto successivo. 

La valle sottostante

Fuori, adesso che la foschia si è alzata, l'erba umida sembra smeraldo e ti bagna le scarpe mentre fai il giro delle mura fino ad arrivare allo strapiombo sulla valle, duecento metri più in basso. Nascosti contro le mura alcuni ambienti, antichi magazzini e refettori, ospitano adesso una sorta di museo che raccoglie la collezioni delle croci, meravigliose steli scolpite da mani di artigiani sensibili e fantasiosi. Le grandi macine del frantoio testimoniano invece che qui si lavorava comunque e che, come dalle nostre bande, i monasteri vivevano sul substrato agricolo del circondario, certamente allora ben più diffusamente popolato. Insomma un luogo interessante da molti punti di vista, storico, religioso, artistico e non ultimo naturalistico, visto lo scenario maestoso che lo circonda e si capisce bene il tentativo in atto di rilanciarlo dal punto di vista turistico, vista anche la situazione piuttosto depressa della intera regione. Ma è ora di riprendere la strada che oggi ce n'è ancora molta da fare. Ripercorriamo dunque il tratto già percorso fino al Vorotan pass, poi dopo una cinquantina di chilometri prendiamo la strada M10 che gira decisamente a nord per superare un altro rilievo di monti. Subito dopo il passo di Vardenyats o Selim come era chiamato un tempo, proseguiamo sull'altopiano tra pascoli verdissimi, dopo avere zigzagato su una serie di tourniquet sul fianco della montagna per poi scendere subito dopo dagli all'incirca 2400 metri, verso pianori e altri pascoli che proseguono all'infinito. 

L'ingresso

Qui su una balconata rivolta a nord, contro la montagna ecco comparire una costruzione bassa e massiccia che racconta di una grande epopea storica. Si tratta del Caravanserraglio di Orbelian, uno di quei luoghi dove le carovane trovavano riparo la notte, quando percorrevano queste piste spesso infestante da briganti o, come ci racconta Marco Polo nel Milione, che qui certamente passò nel suo viaggio di andata, "da Saracini e son cattiva gente" e prosegue al cap.21: "...quivi dimoran la state tutto il bestiame dei Tartari del Levante per lo buono pasco che v'è, di verno non vi stanno per lo gran freddo, che non camperebbono le loro bestie...". Che emozione, certamente qui tra queste spesse mura di pietra, è passato certamente anche il Marco diciottenne, ansioso di avventura, con la sua smania di conoscenza ed ha calcato questo ingresso, ha governato le sue cavalcature al centro, dormendo in una di queste rientranze laterali, dove i mercanti trovavano tranquillità e sicurezza durante la notte, scambiandosi informazioni attorno al fuoco, raccontandosi di prezzi e materiali reperibili, di spezie, di tessuti, di gemme e poi, certamente, di leggende e storie, quali solo l'oscurità della notte sa inventare, magari al suono dei cembali di qualche femmina locale, una Sherazade che tentava di profittare del passaggio di quegli stranieri che arrivavano da lontano e che il giorno dopo sarebbero ripartiti. 

L'interno

L'ingresso è su un lato, segnato da un basso portale triangolare, con bei fregi, sormontato da una nicchia a muqarnash; ai fianchi due altorilievi di animali, un toro ed un altro fantastico, forse un leone o una chimera. All'interno la sala a volta, sostenuta da colonne laterali, si allunga con una infossatura centrale dove rimanevano gli animali, per agevolare la pulizia evidentemente, mentre ai lati si susseguono le nicchie dove gli ospiti passavano la notte. L'ambiente manifesta in ogni caso una notevole dignità architettonica, considerando anche che siamo in una sperduta banda dell'Asia e mostra bene quale era la vita del mondo di quasi mille anni fa, percorso comunque da un flusso ininterrotto di genti che spostavano merci, che creavano commerci, contatti e allo stesso tempo contribuivano alla circolazione delle idee e delle conoscenze. Vi assicuro che con tutte le implicazioni che riesce a raccontare, questo luogo è emozionante e stare qui a guardare la valle, con un cane da pastore accucciato ai miei piedi che ansima, buttandomi uno sguardo interrogativo di tanto in tanto, mentre aspetto di sorbire un sorso del caffè che Saro sta facendo sul fornellino, non ha prezzo. Un pastore a cavallo sposta più in basso i suoi torelli scuri. Il vento dell'est spira forte sul crinale, porta con sé sentori di lontano oriente, di mondi sconosciuti che invitano ad andare, andare avanti senza fermarsi. C'è ancora tanto da scoprire dietro quelle colline lontane che nascondono l'orizzonte. 

La valle al passo di Selim


Il bungalow
SURVIVAL KIT

Hotel Old HalidzorHalidzor-Tatev main road (H 45) 5.3 km from Tatever ropeway, Halidzor station - Struttura di ospitali casette di legno con allegato campeggio, con camere comode e spaziose. Pulito, bagno tutto funzionante. Posizione panoramica molto bella sulla valle. Gestori molto gentili. Possibilità di cenare in struttura, cosa molto comoda se si arriva alla sera. 19.000 dram in 5, incluso vino e brandy prodotto in casa. Ottima occasione per assaggiare cibo locale. 34 € la doppia, colazione abbondantissima inclusa, uova, pomodori cetrioli (classici), due tipi di formaggio, burro casalingo e una sensazionale smietana. 

La chiesa di Pietro e Paolo

Valle di Tatev - Zona molto interessante dove il terreno scende di quota verso la piana iraniana, dall'altopiano armeno, frantumandosi in molte valli e gole laterali. Qui c'era un antico insediamento di molti villaggi ora abbandonati a causa dei terremoti succedutisi nel secoli. Da vedere le Wings of Tatev - La campata aerea di funivia più lunga del mondo, oltre 5 chilometri. da fare in 11 minuti di ansia a più di 300 metri di altezza. Finita nel 2010 da allora è nel guinness dei primati e consente di raggiungere il famoso monastero anche d'inverno. Poi il Monastero di Tatev, un magnifico esempio di architettura armena molto ben conservato e ancora attivo con le chiese di S. Grigor e quella di S.Poghos e Petros e diverse altre costruzioni esistenti fin dal IX secolo, tra le quali un antico frantoio, diverse sale, e la stele oscillante posta in mezzo alla corte. Più a nord sulla strada del lago Sevan, fermatevi tassativamente al Carvanserraglio Orbellian, il meglio conservato dell'Armenia, che vi avvincerà con le sue implicazioni psicologiche-

Un pastore


La chimera
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7 -  Kazbegi

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