mercoledì 16 ottobre 2024

Caucaso 25 - Il Nagorno Karabakh

Lo Syunik - Caucaso - Armenia - maggio 2024

Vorotan pass - m. 2400

Ce ne andiamo dal monastero visto che di strada da fare oggi ce n'è ancora parecchia, attraversando piccoli paesi nati attorno alla strada. Ci fermiamo in una food court, diciamo una specie di autogrill che si trovano di tanto in tanto in queste vie di scorrimento che traversano il paese. C'è un sacco di scelta di cibarie tradizionali oltre ai soliti ed onnipresenti hamburger, che con le pizze variamente presentate sono ormai diventati uno dei cibi globali che puoi trovare in qualunque parte del mondo. C'è comunque anche parecchia griglia che accontenta tutti. Comunque, con deliziose patate farcite al formaggio, la fame te la togli facilmente e con pochi Dram, cosa che non guasta affatto. Poi la strada prosegue salendo sempre di più. Siamo nel Caucaso minore o almeno credo, una catena un po' più bassa che corre parallela al Caucaso maggiore e che delimita i confini di Georgia, Armenia e Azerbaijan verso sud. Si tratta di una zona di semi altopiano circondata da montagne dalle cime ancora innevate, che non sembrano molto alte visto che siamo già in quota e anche qui il solitario paesaggio, molto diverso dagli aspri avvallamenti che abbiamo visto nei giorni scorsi, è molto bello, così dolce e apparentemente facile, ricoperto di pascoli verdissimi e spogli di alberi. Attraverso una serie di continue giravolte la strada arriva lentamente al passo di Vorotan, segnato da un alto monumento di classicità sovietica, che traversa la strada nel punto sommitale, il cui scollinamento in effetti quasi non si avverte a causa dei leggeri saliscendi attraverso i quali la strada si dipana. Intanto siamo arrivati a quasi 2400 metri e la temperatura esterna si è fatta decisamente freschina. 

Il gestore

Scendiamo a fare un giro nel prati attorno, già ricchi di fiori e di erba alta, spessa e rigogliosa, segno che qui la piovosità è piuttosto importante. Infatti, tanto per cambiare sbava leggermente e non invoglia a passeggiare fino alla cima vicina di una collinetta dalla quale lo sguardo spazia oltre il passo in una bellissima serie di ondulazioni leggere, che nascondono negli avvallamenti volti a nord, ancora placche di neve che non se ne vogliono andare. L'erba è costellata dai punti gialli dei ranuncoli mescolati ai punti rosso vermiglio delle nigritelle. Sul passo, un paio di costruzioni, forse un tempo studiate per controlli daziari, adesso ospitanti qualche tipo di attività commerciale, una specie di bar per camionisti di passaggio, perché questa è una strada importante che si dirige verso il confine iraniano. Da qui passa il commercio via terra verso quelle bande. C'è un grande banchetto davanti alla casa, pieno di funghi bianchi e, strano a dirsi, un sacco di secchiellini di asparagi, un po' piccoli, non saprei se coltivati o selvatici. Il tizio, con una barbaccia nera dall'apparenza talebana, che si rifugia subito nel suo baraccotto, non sa darmi informazioni precise, visto anche che non parla idiomi riconoscibili. Poi cominciamo lentamente a scendere un po' di quota; il cielo adesso è azzurro indaco damascato di sbuffi bianchi che corrono veloci verso i crinali lontani. Ci fermiamo su una balconata che aggetta sulla valle sottostante, ma sempre dolce nei suoi rilievi altalenanti. 

Pausa caffè

Il nostro Saro estrae subito la sua attrezzatura, fornelletto a gas e bricco metallico e ci prepara un bel caffè alla turca, chissà come si chiama qui, visto che ogni paese in questi casi reclama una sua orgogliosa primogenitura. Va giù bene, basta che tu resista alla tentazione di arrivare al fondo, momento in cui l'ingordo rimane punito dai residui che ti impastano la bocca. Il caffè fatto in questo modo, è un insegnamento esistenziale, più forte e profumato degli altri modi di declinare la bevanda, deve essere bevuto con calma, senza la furia che te lo fa ingollare nei nostri bar, perché stai correndo al lavoro. E' da sorbire piano, assaporandone la qualità, l'aroma, il sapore molto intenso e pastoso e poi quando stai oltrepassandone la metà, rallentare ancora, dominare la fretta, permettere ai fondi di depositare, un po' come dire, lasciamo sedimentare le bruttura del mondo che scendano in basso dove meritano di stare e poi arrivati verso la fine, lasciare quel che rimane senza rimpianti, avendone già delibato il meglio. Intanto che noi perdiamo il guardo all'ultimo orizzonte e accidenti che panorama stupendo, largo e maestoso, il nostro Saro ritira l'attrezzatura e siamo pronti a ripartire. Superiamo lunghe colonne di camion che si dirigono al confine. Per la maggior parte sono camion cisterna, sembra che si tratti di milioni dei milioni di barili di petrolio che vengono esportati di contrabbando per superare l'embargo. 

Asparagi

La determinazione dell'uomo la vedi sempre e dappertutto, puoi mettere vincoli, freni e imposizioni, ma lo spirito del mercante sarà sempre all'opera per trovare una via parallela, una soluzione che consenta alla sua voglia di commerciare il proseguimento dell'attività, trovandovi magari ancora maggior profitto, visto che magari c'è maggiore rischio. In fondo all'Iran, paese stranamente assai amico, nella contorta e spesso incomprensibile scacchiera geopolitica mediorientale, mancano poco più di un centinaio di chilometri, ma mentre perdiamo un po' di quota, entrando definitivamente nella regione di Syunik il tempo cambia e diventa bigio e quasi nebbioso, mentre il cielo comincia a lacrimare un poco, tanto per cercare, senza riuscirci, di trasmetterci il suo cattivo umore. Poi, perso nelle brume, sulle ondulazioni dell'altopiano, ecco la sorpresa della giornata, un fuori programma, poco conosciuto ed evidentemente ancor meno frequentato, visto che siamo gli unici ad accedere alla improvvisata biglietteria, risvegliando l'addetta che è stata mandata fin qui, forse per punizione, infagottata in un cappottone grigio e corroso dall'umidità. Una breve salita lungo una carrareccia sassosa, oltre la recinzione ed eccoci a Zorats Karer, un sito megalitico del VI millennio a.C. nascosto in questo luogo sperduto ed  isolatissimo. La serie delle pietre basaltiche aguzze e dai bordi taglienti, quasi fossero state scheggiate a mano e non dalle forze della natura, innalzano le loro punte, come frecce verso il cielo. 

Il sito dall'alto

Corrose dall'esposizione dei millenni, ricoperte di licheni che quasi colorano di verdi, di gialli e di rosa le loro glabre superfici, stanno lì immobili e silenziose a custodire il loro mistero. Individui subito il grande cerchio centrale dove si assiepano con grande regolarità, poi guardando con maggiore attenzione individui i bracci che se ne allontanano con larghi cerchi, quasi fossero i prolungamenti di una galassia a spirale, come la nostra e subito nascono le suggestioni. A lato altri piccoli gruppi di pietre suggeriscono la rappresentazione di piccoli ammassi periferici, Andromeda? le Magellaniche minori? Il mistero oltre ad infittirsi diventa sempre più intrigante. Cosa rappresenta questa diposizione e soprattutto a che cosa serve. Ad aumentare il mistero, ci sono le decine di grandi fori perfettamente posizionati in  molte di loro verso la sommità e presenti in circa un terzo delle pietre. La loro disposizione che consente di osservare durante giorni particolari, solstizi, equinozi, i punti di albe e tramonti e particolari momenti delle fasi lunari. Questo porterebbe a valutare il luogo come una sorta di osservatorio, che data l'età del sito, lo determinerebbe come il più antico in assoluto, tra quelli conosciuti al mondo. Ma c'è un altro punto controverso. I fori sono assai lisci e molto meno corrosi dal tempo, rispetto alle pietre e questo potrebbe far supporre che sono stati fatti successivamente al periodo megalitico, inoltre gli allineamenti non sono poi così precisi come sembra. 

Il cerchio

Sono stati fatti molti studi al riguardo, che comprendono anche la parte di necropoli ritrovata nei dintorni, che farebbero propendere verso una soluzione più banale, come quello di un sito utilizzato in epoca postneolitica, durante l'età del bronzo ed i massi potrebbero essere i resti di una sorta di cinta muraria, usati come rinforzi di un bastione di terra. Cadrebbe così l'ipotesi astronomica, che risulterebbe in questo modo un po' tirata per i capelli, cosa che per la verità sta prendendo forma anche per la sua omologa Stonehenge, a cui viene spesso paragonata. Così il mistero permane e aggirarsi tra queste pietre gigantesche ti fa apparire i belati del gregge che le sta attraversando, come lamenti lontani di una terra di un'epopea fantasy. Il pastore che segue l'armento cammina fuori dal grande cerchio e scruta tra le pietre, forse in cerca di qualche traccia di mondi ultraterreni. Poi si china e raccoglie qualcosa che mette nella sporta che tiene a tracolla. Se guardi meglio capisci subito che è piena di grossi funghi bianchi come quelli offerti al passo e tutto ritorna sulla terra. Poi scompare lontano, mentre nell'aria rimane solo il tinnare delle campanelle dei grandi arieti del suo gregge. Lasciamo il sito con molti dubbi anche se nella maggior parte dei casi le spiegazioni più semplici e lineari sono anche le più probabili. 

Un foro

La strada prosegue e qui gli occhi del nostro Gianluca si inumidiscono. Siamo solo a qualche chilometro da quello che è o meglio era, il confine con il Nagorno Karbakh, denominato Artsakh in armeno, uno stato che si era dichiarato autonomo dopo la caduta dell'URSS, una enclave, uno spazio che come tale non esiste più. Da pochissimo infatti, la guerra, che di guerra si tratta a tutti gli effetti, anche se a noi non è quasi neppure arrivata notizia, ha eliminato le resistenze degli abitanti armeni della zona, oltre centomila, presenti soprattutto nella piccola capitale Stepanakert, che hanno dovuto fuggire nella vicina Armenia, creando l'ennesimo problema di profughi in un paese che di problemi già tanti ne ha. L'Azerbaijan che lo ha occupato in tre guerre successive (1994, 2020 e 2023) e ne rivendica il possesso e se ne è a questo punto, definitivamente impadronito tra l'indifferenza internazionale e la rassegnazione armena che, non più difesa dalla Russia, dopo che ha mostrato intenzioni di entrare nell'Unione Europea, ha dovuto rinunciare all'ennesima porzione di territorio. Ancora uno dei tanti problemi che attanagliano il Caucaso, una terra che ribolle di ostili contrapposizioni, tra tribù, etnie, popoli, da sempre fratelli coltelli e dove le malefiche religioni aggiungono il loro carico da undici di impossibilità di accordo, essendo in ogni caso la superiorità e il giusto, sanciti dalla forza divina.

Zorats Karer

SURVIVAL KIT

Sito di Zorats Kare- Conosciuto anche come Karahunj e con altri nomi, dal significato all'incirca di Pietre parlanti, è un sito preistorico megalitico posizionato a 1800 metri di quota e con le dimensioni di circa 7 ettari. Noto come la Stonehenge armena, presenta oltre 220 menhir alti fino a tre metri e dal peso di circa 10 tonnellate cadauno, presentati fori e coppelle, disposti regolarmente in un cerchio centrale con lunghi bracci laterali. La spiegazione è incerta, così come la presenza di molte tombe di grandi dimensioni. Dato l'isolamento del luogo non troverete quasi mai nessuno salvo i pastori della zona. Ingresso un po' caro rispetto alla media. 1500 Dram. Luogo molto suggestivo.


Per funghi
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7 -  Kazbegi

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