mercoledì 2 ottobre 2024

Caucaso 22 - Yerevan dall'alto

Yerevan - Armenia - maggio 2024 - (foro T. Sofi)


Nel mirhab della moschea blu

Insomma come sappiamo, il  passaggio ai mercati è sempre cosa piacevole e divertente, tanto alla fine te ne esci sempre con pacchetti e pacchettini, in questo caso, però essendo tutta roba mangereccia, quanto  meno sappiamo che non andrà ad appesantire le valige, che come è d'uso sono sempre troppo piene. Intanto dobbiamo ancora finire la giornata, perché ci manca la famosissima moschea blu, una costruzione in stile iraniano, che ha avuto nel tempo una storia travagliata e che oggi è rimasta l'unica delle otto moschee costruite nella città che è stata per secoli sotto l'influenza iraniana. L'edificio e l'annessa madrasa, è tornato al culto solo dopo la caduta dell'URSS, periodo durante il quale era stato trasformato in museo. L'Iran a cui è stato ceduto, si è occupato delle opere di restauro, che seppure piuttosto criticate, oggi ci restituiscono un monumento integro e molto bello per le sue linee storicamente ineccepibili e con la bella cupola di maioliche azzurre che svetta nel cielo della capitale vicino al suo piccolo minareto. Il grande giardino interno alle mura racchiude un grande senso di pace e se pure l'edificio viene utilizzato per le funzioni del venerdì, durante il resto della settimana si visita molto piacevolmente come edificio storico molto ben tenuto. Come in tutti gli altri monumenti islamici, devi apprezzare soprattutto la grande attenzione che viene posta nell'utilizzo della grafica e della scrittura come strumento di ornamentazione, non potendosi utilizzare le figure viventi per motivi religiosi. 

Il giardino

E in questo caso bisogna dire che gli stilemi grafici uniti all'accostamento dei colori è particolarmente riuscito. La cupola e l'ingresso di questa moschea sciita, che incornicia il grande portale di ingresso formano un quadro bello ed elegante, soprattutto quando ci arrivi mediato dalle quinte delle aiuole geometriche, anch'esse in linea con l'andamento degli altri decori, quasi a ricordare un giardino all'italiana. Possiamo davvero considerare il luogo come un'oasi tranquilla in cui trascorrere un po' di tempo guardandosi attorno, senza dimenticare di fare un giro nella piacevole esposizione di oggetti di arte che riempiono tutta l'ala laterale. Quando risali i gradini dell'uscita che ti riportano nell'affollato e rumoroso viale del centro dove si affaccia l'ingresso, torni effettivamente alla realtà confusa  e caotica delle grandi capitali. Terminato il giro, rimane da sistemare il problema della camera, che avevamo lasciato da parte essendo arrivati stamattina troppo presto per prendercene cura. Come prima cosa recuperiamo i bagagli, poi tentiamo di raggiungere l'appartamento che ci avevano assegnato, in una krushiovka rimessa a nuovo perlomeno internamente, ma che era sbagliato, essendo mancante di una camera. Insomma un po' di qui pro quo che alla fine viene comunque risolto con una sistemazione in un ottimo alberghetto del centro proprio sulla centralissima piazza Aznavour. Così non rimane che uscire a fare due passi e a cercarci un ristorantino per la cena. 

Il minareto

Per strada in una piazzetta laterale vicino ad una chiesa, intanto si sta radunando una piccola folla dove qualcuno da un palco di fortuna, sta improvvisando un comizio, mentre vengono distribuiti volantini. Su un lato della piazza, un paio di auto della polizia stanno a guardare senza imporre troppo la loro presenza. Bisogna ricordare che qui c'è appena stata l'ennesima guerra con il vicino prepotente, che ha portato via all'Armenia un ulteriore pezzo di territorio, questa volta il conteso Nagorno Karabag, che gli Azeri chiamano Artsack, provocando una ondata di circa 100.000 profughi, come se di problemi non ce ne fossero abbastanza e quindi da queste parti gli animi sono piuttosto caldi e lo spirito revanscista, sta facendo gioco anche nella discussione politica di tutti i giorni tra la gente, nei bar e nelle piazze. Noi intanto ci infiliamo in un ristorante armeno, che poi si rivela essere piuttosto elegante e costoso per gli standard locali. Obiettivamente essere serviti in maniera estremamente gentile in un ambiente curato e piacevole, unito ad una atmosfera ovattata ti fa sentire coccolato ed il cibo ti sembra ancora migliore. I dolma, i tipici involtini di foglie di vite, ripieni di riso e carne, debitamente speziati, ma non troppo in questo caso, sono in linea con quanto ci si può aspettare, ma devo dire che ho assaporato delle cappelle di funghi ripiene di formaggio fuso davvero deliziose. In somma nel Caucaso, il formaggio non manca mai, peggio per chi abbia problemi coi trigliceridi, noi per adesso resistiamo o almeno cerchiamo di resistere. 

La cupola

Insomma alla fine sembra che anche andando a caso si cada sempre in piedi. Due passi per digerire, per le vie di questa città, tutto sommato piacevole e neppure brutta come ci si aspettava, se consideriamo che sempre di un residuato sovietico si tratta, e poi ce ne andiamo a letto, mentre le predette manifestazioni, si sono già sciolte, oppure non si saranno neppure formate. Comunque dopo una scarpinata intensa come quella di ieri, la notte è proprio una mano santa e ti restituisce, la mattina dopo al mondo, fresco come una rosa! Hahahahah, bella battuta. Comunque anche se oggi ce la prendiamo comoda e sono quasi le dieci quando ci avviamo, non è che mi senta in piena forma, insomma la gamba è quella che è, ma questa è la vita del turista anziano, gambe rotte eppur dobbiamo andar. Oltretutto si aggiunge un ulteriore intoppo. Da oggi abbiamo il nostro mezzo a disposizione, che ci scarrozza in giro come dei milord, direbbe la mia mamma, ma oggi, domenica, la città è tutta bloccata per una maratona nazionale. Per cui tutto il centro non è accessibile ai mezzi e dobbiamo scarpinarcela lungo i viali vuoti fino a raggiungere uno dei varchi tra le transenne che segnano il percorso, dove ci aspetta l'amico Saro che ci scarrozzerà per tutta la settimana. 

L'ingresso alla sala

Intanto ci facciamo strada tra i corridori che arrancano sbuffando sul vialone in leggera salita. Certo che 42 chilometri e rotti sono una bella mappazza e infatti molti trascinano le gambe, non oso pensare alle ultramaratone che si ciuccia il nostro Gianluca di 100 chilometri od in alternativa, quando si sente, di 100 miglia. Però sembra che ce la si possa fare con il corretto allenamento ed infatti, lui, prima di venire a prenderci in albergo si è già fatto un paio d'ore di corsetta leggera, come d'altra parte fa tutti i giorni, tanto per non perdere il ritmo. Certo che poi quando si tratta di salire alle varie cittadelle, va come un camoscio. Va bé, possiamo sempre avanzare la scusa dell'età. Comunque ridendo e scherzando siamo arrivati in cima alla collina che dalla estrema periferia, domina tutta la città, dove sorge la cittadella di Erebuni, il primo nucleo costruttivo di Yerevan. Qui, all'incirca 2800 anni fa, i re della cultura di Urartu, eressero questo avamposto per difendersi dalle incursioni delle etnie del nord, che divenne via via più importante fino a rappresentare una sorta di vera e propria capitale della zona. Certo oggi puoi apprezzare solamente lo schema costruttivo della fortezza, pur potendo individuare bene la grande sala consigliare colonnata e la grande superficie circondata dalle mura. 

La cittadella

Era di certo un caposaldo importante di quelle culture provenienti dal vicino Iraq, che con la loro scrittura cuneiforme, di cui qui sono state trovate abbondanti  tracce, erano all'apice dello sviluppo mediorientale e formavano società moderne ed estremamente evolute, cosa che si capisce bene dai manufatti trovati che sono conservati nel piccolo museo sottostante alle rovine. Il luogo è emozionante, seduti sulle antiche pietre ad ascoltare la lezione storica che Gianluca ci impartirà, come in tutti i giorni successivi, prima di passeggiare a toccare con mano i vari siti. C'è poco da fare se non ti preoccupi di assimilare prima una opportuna esposizione di fatti storici e soprattutto di motivazioni e di cause che si sono succedute a provocare questi stessi fatti, alla fine vedi solamente delle distese di pietre e di muri senza significato e non solo li apprezzi poco, ma alla fine quella che mancherà davvero è l'emozione, che dovrebbe essere la vera molla del viaggio. Intanto da questo bastione alto 1000 metri, guardiamo la città che si stende sotto di noi, dove spicca il bel centro storico con i suoi palazzi zaristi e le periferie che si estendono tra le vallate laterali, piene invece di falansteri sovietici quasi in rovina. Sullo sfondo, come sempre, la sagoma imponente, la presenza protettiva ed inquietante al tempo stesso, del cono perfetto dell'Ararat e della sua anticima minore, entrambe incappucciate di neve. 

L'iscrizione cuneiforme

Pensiamo, mentre il sole leggero ci scalda la testa impegnata a pensare, che mentre Romolo scavava il solco della nostra storia creando la sua città, qui si dominava questa parte di Caucaso, ammantata dalle leggende della Colchide, già ricco delle sue vicende protostoriche millenarie, di regni succedutisi gli uni agli altri, ognuno creando culture, capendo per primi in quale modo si potevano coltivare le piante, liberandosi così dagli obblighi del continuo spostamento nomade, abbandonando definitivamente caccia e raccolta e inventando cose che hanno cambiato tutto il resto del mondo. Questa terra ha dato davvero molto alla storia dell'uomo e passeggiare sulle grandi pietre originali che costituiscono il pavimento del piccolo museo, te lo ricorda anche con poche cose, un elmo perfettamente conservato, che rappresenta la guerra, presenza violenta forse inestirpabile nell'animo dell'uomo, ma al suo fianco, fondamentali, un boccale per il vino e i grandi orci per la conservazione delle granaglie, e le iscrizioni che recitano quante staia (kapis) erano contenute nei granai costruiti dal re Sarduni, figlio di Argistis e che raccontano quanto nella realtà, l'agricoltore sia quello che rimane davvero a mandare avanti il mondo, dopo che gli eserciti sono passati sterminandosi a vicenda. Ma questa è a eterna storia dell'uomo, gli eroi fanno la storia morendo sui campi di battaglia e gli umili mandano avanti il mondo senza clamori, ma implacabilmente.

Le krushovke della periferia


Elmo

SURVIVAL KIT

Dolmama Restaurant - Pushkin str. 10 - Posizione ottimale in una traversa laterale della centralissima Abovyan street, offre cucina armena in un ambiente elegante e raffinato. Piatti abbondanti e servizio curatissimo. La qualità, anche se per noi occidentali, è difficile distinguere le differenze, è ovviamente di altro livello rispetto ai ristorantini di minor livello. Il prezzo ovviamente è proporzionato, ma sempre accettabile, 30.000 in 4 per una cena parca.

Cittadella di Erebuni - Alla periferia della città, in bellissima posizione elevata da cui si domina tutta l'area ed il monte Ararat sullo sfondo. Visibili le basi della fortezza e delle sale principali con le colonne lignee ricostruite per far capire meglio  la struttura. Non perdete il museo sottostante con pochi pezzi ma molto significativi. Ben apprezzabili le aree di stoccaggio di cereali, olio e vino, che si produceva e si commerciava già in maniera protoindustriale. Inoltre riconoscibili il tempio con portico dodecastilo e torre tipo ziggurat, tipica della cultura di Urartu. Sono stati trovati anche interessanti affreschi, con figure umane, animali e geometriche e floreali. Ingresso compreso museo 1800 Dram. Dedicateci almeno un'oretta. Si può arrivare facilmente in taxi, se non avete il vostro mezzo.


Il museo

Angolo
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7 -  Kazbegi

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