Al tempio d'oro - Amritsar - Punjab - India - Marzo 2024 |
Pellegrini |
L'esperienza notturna all'interno del tempio d'oro non può lasciare indifferente nessuno. Ti segna per la sua bellezza intrinseca, la piacevolezza della folla e non sembri questo un ossimoro insensato, ma è la sensazione reale che ho avuto, il caleidoscopio di colori che ti rimarranno per sempre negli occhi, i suoni, che rimangono di sottofondo alla scena, un basso continuo che la rendono parte di uno stato d'animo toccandone le corde più segrete, stimolando i diaframmi come mantra tibetani. I costumi, sgargianti e bellissimi, le armi di parata inutili ad offendere, ma testimoni di una esibizione di orgoglio e di affermazione, i turbanti colorati che incorniciano maestose barbe e baffi curatissimi, i sorrisi che non mancano mai. Il contesto di fondo appare come assolutamente opposto alla tensione, pur festosa e goliardica, vissuta durante l'holi. Anche qui la folla è presente, ma non riesci ad avvertirla come oppressiva o addirittura in qualche caso pericolosa. Mi sono addormentato in pace con il mondo, gli occhi ancora pieni di pace e di bellezza e mi sono svegliato di nuovo pieno di desiderio di tornare là, comletamente consapevole questa volta, perché ormai so di cosa si tratta. Sono le 5:30 di mattina, è ancora buio. Scendiamo e di corsa via in tuktuk verso il tempio. Le strade sono ancora semideserte e di sicuro ci sarà ancora poca gente al tempio, così avremo di certo l'opportunità di attraversare il lungo ponte ed andare all'interno delle porte d'oro.
In coda |
Lascate le scarpe e attraversato l'ingresso, lo stupore ti prende alla gola, C'è ancora più gente di ieri e sno solo le sei del mattino. Chi ha dormito lì, i pellegrini possono venire ospitati per tre giorni consecutivi, si sta ancora alzando e provvedendo alle incombenze religiose del primo mattino. La coda infinita, che ieri notte occupava tutto il ponte, adesso con una serie di andirivieni continui, arriva addirittura quasi alle scalinate che scendono dall'ingresso principale. L'attesa si valuta in nove ore almeno. Un signore con una bella barba curatissima, che arriva fino dal Kerala, con tutta al sua famigliola, genitori compresi, mi assicura che durante le feste è sempre così e anche nei giorni normali, il tempo di attesa deve essere considerato in ore. Ma non importa, il tempio è ancora tutto illuminato e le dita rosate dell'aurora sfiorano l'acqua del lago sacro, che riflette i bagliori delle pareti dorate ed il bianco dei marmi scolèiti e istoriati. Alle sette si spengono le luci e tutto prende un altro aspetto, come le cupole sulla spianata delle moschee di Gerusalemme, risplendente di notte l'una e scura l'altra, e di opposto riflesso non appena sorge il sole. Qui il tempio si iscurisce e le sue pareti brillanti diventano più cupe come se all'oro si sostituisse il bronzo, ma senza tuttavia mutarne il valore interno.
Il bagno sacro |
Adesso che abbiamo superato l'impressione di stupore del primo irresistibile impatto, ti sembra di godere di più le scene che vedi, i panorami di sfondo, l'attenzione ai particolari preziosi. La gente intorno a te si fa materia viva e riempie gli spazi di intensità emotiva, cosa che accade generalmente in tutti i luoghi di fede, ma qui è condita da una scenografia magistrale. Torniamo indietro alle nove in tempo per un english breakfast così abbondante che ci ristorerà per quasi tutto il resto della giornata, che ancora una volta si preannuncia impegnativa. Dobbiamo infatti lasciare Amritsar per arrivare nella vicina Anandpur Sahib, la città dove da domani si scateneranno le manifestazioni dell'Hola Mohalla, la festa dei Sikh. Ma per la verità ad Amritsar ci sarebbe ancora molto da vedere e infatti prima di lasciare definitivamente la città, il nostro Anil, che ci ha preso in carico per questi tre giorni, vuole condurci per un breve giro in città. La passaggiata a piedi per la zona centrale ce la raffigura come una delle tante grandi metropoli indiane, sovraccarica di traffico e di gente. Attraverso una arco di mattoni passiamo nel grande bazar, pieno di negozietti e di merci che straboccano dalle aperture fino sui vicoli, restringendo i passaggi.
Ovviamente come sempre, tutte le merceologie sono presenti, ma la parte del leone la fanno i tessuti coloratissimi e le confezioni, soprattutto i punjabi, la veste classica che prende appunto il nome dallo stato, costitita da una lunga casacca fino alle ginocchia e pantaloni in tinta, abbinati ad una lunga sciarpa che scende sulle spalle. La varietà di colori e disegni è talmente infinita che non riuscirai mai a vederne due uguali e questo caleidoscopio ti arricchirà la vista di ogni passeggiata tra i negozi. Passiamo poi un attimo dal giardino del Jallianwala Bagh, con le steli che ricordano il massacro di civili del 1919. Non c'è tempo purtroppo per il museo della Partizione, che pur credo sarebbe di grande interesse per chi conosce poco queste vicende, ma che richiederebbe almeno un'ora e più per una visita approfondita ed entriamo finalmente nell'altro tempio memorabile della città, lo Shri Durgiana Mandir. Qui l'effetto straniante è notevole; al di là del fatto che il numero di fedeli e visitatori è infinitamente trascurabile se paragonato al suo vicino fratello concorrente, anche se ti sembra davvero di essere entrato in una copia di quanto hai già visto nella notte. Infatti tutto l'impianto architettonico rimanda al Tempio d'oro, gli ingressi maestosi, le spianate per arrivare ad un altro lago quadrato con la passerella che porta al tempio centrale, dalla identica struttura, anch'esso con la parte superiore e le cupole dorate e marmoree.
Le porte d'argento |
Il fatto che ci sia molta meno gente, ti consente dunque di arrivare questa volta finalmente fino alla costruzione centrale ed ammirare la caratteristica che lo rendono a sua volta diverso e unico. Infatti gli ingressi attraverso i quali si penetra nella parte più sacra del tempio, sono costituiti da immensi portali completamente ricoperte di lastre di argento, cosa che dà appunto il nome al tempio stesso, finemente sbalzate con sculture sacre che raccontano le storie di Durga, di Lakshmi e di Visnu, le tre divinità a cui il tempio è dedicato. Qui siamo in terra induista dunque e gli spazi degli adoratori della dea della Guerra, di quella della Ricchezza e del Protettore dell'universo, sceso più volte sulla terra per salvarlo attraverso i suoi Avatar (proprio da qui è nato questo appellativo sanscrito), una sorta di supereroi che tanto piacerebbero alla Marvel. Il tempio infatti è frequentato soprattutto da fedeli che si raccolgono attorno ai sacerdoti a pronunciare puje ed ogni tipo di offerte per ottenere risposte alle loro domande di grazia. Puoi fermarti a lungo ad ammirare i marmi intarsiati e le grandi figure d'argento che emergono come corpi vivi dalle grandi porte, anche qui sarai comunque avvolto da un senso di intensa spititualità che è comunque parte integrante di tutti i templi di questo paese, a qualunque religione appartengano.
Benedizione |
Una sorta di panteismo globale che recita, non importa a quale Dio tu ti stia rivolgendo, l'importante è che tu creda e ti renda parte di un sistema codificato in cui troverai la tua password di accesso piegandoti e seguendo lo schema. Recuperiamo intanto le nostre scarpe, ce ne sono di cose su cui ragionare, ma l'aspetto religioso, rimane comunque il dato primario del subcontinente indiano e questo viaggio giustamente lo pone come il fil rouge che ne determina il racconto. Usciamo allora dalla città, dopo il solito rifornimento di banane, ad uno dei mille banchetti lungo la strada, ormai costituiscono la mia dieta scimmiesca di base, il trionfo del diabetico possiamo dire, ma che ci posso fare, se annuso bene, anche tra quelle bucce sento odor insopportabile di coriandolo. Ormai è evidente che sono condizionato. Intanto per arrivare ad Anandpur Sahib, al confine con lo stato dell'Himachal Pradesh, ci aspettano un paio di centinaia di chilometri e ci vuole tutto il pomeriggio, quattro o cinque belle orette, percorse sulla solita autostrada, di nome più che di fatto. In effetti più ti allontani dalle grandi metropoli e più tutto sembra campagna di una volta, con i lavori in corso che si perdono tra mucchi di terra e sacchi di cemento abbandonati sul bordo della strada, circondati da vacche in cerca di cibo.
Meditazione |
Poi superiamo la città che, già nelle strade di accesso delle periferie, si rivela subito come completamente intasata dalla folla che ci si riversa per il festival e anche qui tanto per cambiare, stiamo parlando di milioni di persone. Dovunque, lungo la strada, veniamo circondati da convogli di gente che procedono verso il luogo dei festeggiamenti, li riconosci ovviamente oltre che dai turbanti, anche dalle lunghe vesti blu, dalle armi rituali, lunghe lance o sciaboloni e soprattutto dalle aste, legate alle moto o ai parafanghi delle auto, che recano in cima le bandiere triangolari gialle o blu, distintive dell'appartenenza alla religione del Guru Nanak. Lungo la strada poi, dovunque sorga un tempietto sikh, anche piccolo, ecco che è sorto nelle immediate adiacenze, un grande spazio coperto da tende provvisorie, per svolgere il Lantar, la tradizione che prevede di nutrire gratuitamente chiunque si presenti a richiederlo, con una immensa massa di volontari, che si preoccupano di trovare chi finanzia le vettovaglie e che poi provvede a cucinarle nei colossali spazi approntati alla bisogna. Vedremo bene questo aspetto molto interessante nei prossimi giorni.
Dalla terrazza |
La piscina |
Anche la temperatura è meno aggressiva e ti consente di rimanere lì a goderti il tramonto rosso fuoco, in attesa che i domestici vengano a chiamarti per la cena. I rumori della festa prossima ventura rimangono attututi, lontani, giù nella valle. Per te, corridoi e cortiletti nascosti che ospitano minuscoli giardini di siepi fiorite, cespugli di ibisco e bouganvillee colorate come le vesti trasparenti di baiadere dalle mani istoriate di henné, dagli occhi bistrati di khol e khajal, scalette nascoste percorse dai passi leggeri dei serventi che riempiono il ventre del palazzo. L'atmosfera è tutto nella vita, ravviva il sogno ed i pensieri lontani, poco importa se avrai una realtà fatta di vecchie serrature che chiudono male o rubinetti dalla tenuta approssimativa e la polvere dei decenni negli angoli. Quando sei circondato da mobili antichi, antiche foto alle pareti che raccontano delle persone che qui hanno vissuto tempi diversi, le camere suddivise in ambienti che un tempo prevedevano spazio per il thè, per le visite, per trascorrere il tempo nella lettura del giornale che arrivava dalla capitale, puoi accettare anche le piccole imperfezioni provocate dallo scorrere del tempo, incluso il wifi che non funziona, allora, intanto neppure se lo sarebbero immaginato.
SURVIVAL KIT
Amritsar - Come potete immaginare la città non è solamente il tempio d'oro, ma ci sono molte altre cose da vedere se rimanete qui anche solamente un giorno in più. Oltre naturalmente alla cerimonia del confine e al tempio di Argento, di cui vi ho parlato, vi segnalo altre cose che potrebbero essere per voi interessanti. A chi è interessato alla storia , consiglierei di partire dal Jallianwala Bagh, un giardino memorial, appena dietro il tempio d'oro, che ricorda la strage del 1919 di oltre 1500 persone, che manifestavano pacificamente per la liberazione di prigionieri politici, da parte dell'esercito inglese, quando la lotta per l'indipendenza stava cominciando. Sono ancora ben visibili i fori delle pallottole sui muri dove la folla cercava di ripararsi. Poco lontano date un'occhiata alla Baba Atal Tover, bianca struttura architettonica ottagonale di nove piani per oltre 40 metri di altezza. Ancora storia nell'importante Museo della Partizione che racconta gli orrori di questa dolorosa pagina che ha coinvolti i due stati fratelli coltelli. C'è poi il forte di Gobingarh, che contiene 4 musei, tra cui quelli della Guerra e dei Turbanti e alla sera offre uno spettacolo di Suoni e luci e altri templi e giardini di minore importanza (in particolare il Mandir Mata Lal Devi, dedicato a Durga, una sorta di parco giochi in cui perdersi), oltre al, come sempre, interessante All Bazar, specializzato soprattutto in tessili, uno dei punti di forza dell'intero Punjab.
Una terrazza |
Fort Nalagarh Heritage Hotel - Nalagarh - Grande e suggestivo hotel ricavato dall'antico forte della città, restaurato e ridipinto di bianco e blu. E' tutto un insieme di spazi, scale, cortili e terrazze che incombono sulla vicina cittadina. Vista panoramica sulle Shivalik hills. Spettacolari tramonti dai grandi spazi merlati sui tetti della fortezza. Belle suite arredate con mobili ottocenteschi, foto d'epoca e spazi comuni ampi e affascinanti. Naturalmente la tipologia di soluzione non riesce a nascondere i piccoli difetti pratici connessi alle vecchie strutture di questo genere, la polverosità, l'aspetto comunque un po' trasandato e la scarsa efficienza di bagni e attrezzature, ma l'insieme è tuttavia molto particolare e gradevole e ti fa accettare senza problemi anche queste che possiamo definire piccole magagne. Stanze immense, con balconate sulla valle, bagni comunque accettabili e letti king. AC, TV, acqua e kit thè/caffè, tradizionali ventilatori a soffitto e al bisogno stufe, ma niente frigo e durante il nostro soggiorno niente wifi, anche se dichiarato esistente. Ampia piscina a disposizione e campo da tennis. Ristorante con cene a buffet. La doppia inclusa colazione da 40 a 60 € a seconda della stagionalità. Comunque sia un soggiorno molto particolare che a me piace molto per le sensazioni di altri tempi che riesce a regalare.
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