sabato 27 luglio 2024

Caucaso 9 - La città sotterranea di Vardzia

Vardzia - Georgia - Caucaso - maggio 2024

Valle del Kura

Anche il centro cittadino, pieno di case colorate in stile georgiano, merita due passi, visto che bisogna fare andar giù tutto quanto è stato ingurgitato, ma alla fine bisogna ritirarsi per il riposo del giusto. Chissà perché il turista ha sempre questa sensazione, di arrivare a sera stanco morto e pensare che in fondo il riposo che ti aspetta, te lo sei meritato, quasi che abbia svolto un vero e proprio lavoro retribuibile. Però quando le gambe sembrano di legno ed i piedi fumano come salame da sugo appena tirate fuori dalla pentola, vuol dire che è davvero ora di lasciarsi andare nel letto, succeda quel che succeda, per essere pronto ai comandi il mattino successivo. Infatti eccoci preparati di buon mattino e visto che da Kessane eravamo stati così bene accolti la sera prima, si decide di passare di lì per la colazione spartana, prima di partire per l'itinerario di giornata. Che goduria, formaggi e composta di frutta, pomodori e uova strapazzate, thè e pane fragrante, cosa vuoi di più, quasi quasi non vale neanche la pena di lamentarsi del tempo che è sempre piuttosto uggioso e sgocciolante. Intanto arriva il nostro uomo che ci porterà in giro per tutto il giorno, preceduto tuttavia dal suo naso piuttosto importante, ma dal sorriso contagioso, che provvede subito ad informarci di essere da poco nel settore turistico, provenendo invece dalla polizia anti narcos, informazione seguita da ammiccamenti vari nei quali la robusta proboscide ha evidentemente parte importante. 

Khertvisi

Sia come sia, procediamo per la settantina di chilometri che ci separano da Vardzia, la principale meta di oggi, attraverso valli solitarie incassate tra rupi e rilievi verdeggianti e solitari. Il percorso stesso è uno spettacolo imperdibile. Il Kura rumoreggia sempre sotto di noi, quasi nascosto tra la vegetazione fitta che nasconde i sentieri attorno alle rive ed il traffico è piuttosto scarso, quasi che queste lande che costeggiano il confine turco siano spopolate di genti e di paesini. Su uno sperone roccioso, si sporge sul precipizio la nera sagoma di un castello in rovina. Sono le mura della fortezza di Khertvisi, un sito fortificato fin dal II sec a.C. e distrutto dal passaggio di Alessandro magno, poi ricostruito più volte, fino al suo momento d'oro nel XI secolo, che rimangono a sentinella di questo paesaggio maestoso ed imponente, che è tutto un susseguirsi di canon spettacolari tra i quali la strada serpeggia. Infine la valle si allarga un po' e sulla destra si apre la vista sul monte Erusheti, che rinserra nelle sue viscere il mistero della città sotterranea di Vardzia. Come le analoghe città sotterranee turche di Kaimanli e Derinkuyu, anche questa incredibile realizzazione fu costruita inizialmente come monastero e poi come un vero e proprio insediamento, come nascondiglio e riparo dalle orde mongole a cominciare dal 1100. 

La montagna di Vardzia

Il successivo ampliamento operato principalmente dalla famosa regina Tamara, figura centrale del periodo d'oro del regno di Georgia nel 1200, comprendeva la grande chiesa e tutte le strutture che portarono ad un insediamento comprendente circa 6000 stanze su 13 livelli, con una serie di sofisticati sistemi di irrigazione e aerazione interna, oltre a tutte le attività necessarie alla vita della città, incluse cantine per il vino, frantoi, panifici, farmacie e botteghe. Anche in questo caso alla città si accedeva attraverso pochi e nascosti cunicoli che portavano fino alla riva del fiume. Certo da queste parti passò nello stesso periodo anche il nostro Marco Polo che scrive nel cap. 12 de il Milione: " In Georgens àe uno re... ed egli sono bella gente, prodi di battaglie e buoni arcieri e ànno cittadi e castella e fanno drappi di seta e di oro assai, li più belli del mondo. La provincia è tutta piena di grandi montagne e li Tartari non pottero avere la segnoria ancora di tutta...".  Comunque sia il grande terremoto del 1283 fece crollare a valle i due terzi della montagna, lasciando scoperta gran parte della città e dei suoi segreti, distruggendone ovviamente la maggior parte, inclusa la facciata della chiesa interna della Dormizione che ha ancora ben visibili uno straordinario ciclo di dipinti, incluso uno dei quattro esistenti della regina Tamara che tiene tra le mani appunto il modellino della chiesa stessa. 

I dipinti della chiesa della dormizione e la regina Tamara

Intanto continua a piovere e le passerelle che conducono da un punto all'altro del sito sono piuttosto scivolose e bisogna procedere con una certa cautela. Certamente quando si arriva alla chiesa imponente con l'abside completamente coperta da questi mirabili dipinti a metà tra il bizantino e le note d'oriente cristiano, interpretati secondo il gusto locale, l'emozione è forte. Eccola la nostra Tamara a fianco di re Giorgio III che giganteggiano dalla parete di fondo! Ci aggiriamo a lungo tra i corridoi e le stanze nascoste che circondano la chiesa, un andito forse tombale, un altro dove tra croci e altri oggetti forse venivano custodite reliquie preziose. Giriamo ancora tra caverne e grandi sale, tra cui quella probabile del trono e le stanze della reggia e altre dove ancora si vedono gli orci interrati per la conservazione del vino ed a fianco le canaline dove passava l'acqua che alimentava tutta la città. Incrociamo intanto un paio di monaci che oggi si prendono commendevolmente cura della conservazione del sito, mentre i visitatori sono pochissimi. 

Il nostro O'Nasis


Poi scendiamo sempre più in basso in quelle che erano le viscere più profonde di Vardzia fino ad un lungo corridoio in discesa che porta fino al fiume, certo una delle uscite segrete che consentiva di entrare non visti nella montagna al riparo degli assalitori. Dall'altro lato della valle appare invece il fianco completamente sventrato, per il crollo di quella che certamente sarà stata una immensa frana e che mette in luce le centinaia di ambienti, quasi a somiglianza di un grande formicaio che una forza sovrumana e malevola ha voluto spaccare in due mettendo alla luce tutti i suoi segreti. Anche se il tempo non è stato molto clemente, lasciamo la valle colpiti e soddisfatti e anche un poco pensosi e non troppo inclini a dare retta al nostro O'Nasis alla guida, che si profonde in chiacchiere sui suoi trascorsi di gendarme a caccia di droghe. Alla fine arriviamo quasi un'ora prima che la marshrutkha sia in partenza, così rimane il tempo per l'ennesima sosta da Kessane, che ormai ci ha adottati, per un boccone a base di spiedini, formaggio, patate e un bicchiere di vino che è sempre un bel mangiare.

Sulla Marshrutkha

SURVIVAL KIT

Città sotterranea di Vardzia - A 70 km da Akhaltsikhe. Si arriva al parcheggio alla base del monte attraverso un bel canon. Di qui una navetta porta fino ad uno dei punti di accesso. Sono visitabili ancora quasi 3000 ambienti e la chiesa con l'annesso monastero, attraverso un percorso di scalette che consente un giro completo o parziale, con uscita finale attraverso uno degli antichi cunicoli che portano fino alla base del monte. Dipinti della chiesa ben visibili. Visita di almeno due/tre ore.



Piove sempre



La città sotterranea
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mercoledì 24 luglio 2024

Caucaso 8 - Verso il Samtskhe-Javakheti

La fortezza Rabati - Akhaltsikhe - Georgia - maggio 2024

 

Monumento alla vigna

Se giri per il mondo incontri gente e quasi sempre gente interessante, o per lo meno gente che fa cose che tu hai sognato di fare senza mai riuscirci. Così sulla piazzetta di Stepantsminda, mentre la testa ancora ci gira per i troppi bicchieri di Saperavi bevuti da Good Food, ecco che troneggia, come una visione, un'auto con targa italiana e un tizio che ci gira intorno travasando gasolio dal suo serbatoio di riserva. Chiaramente una bella macchina 4x4, attrezzata di tutto punto per lunghi raid, quelli che io avrei sempre sognato di fare e non ho mai potuto realizzare, un tempo per mancanza appunto di tempo, che il povero lavoratore non riesce mai a mettere insieme più di trenta giorni, se ce la fa, poi quando è arrivata la disponibilità di quel maledetto tempo, è insorta la mancanza di mezzi adatti e perché no, delle forze fisiche necessarie. Insomma una maledizione. Ovviamente attacco bottone col neopensionato di Modena, che appena dismessa la tuta o il colletto bianco, non ho idea, è saltato sul mezzo che evidentemente da tempo aveva preparato alla bisogna in cortile, con tanto di tenda sopra il tetto e caricata, bontà sua anche la compagna, che tuttavia, dalla luna di traverso che mostrava attraverso il finestrino, tanta voglia poi non  ne aveva, è partito alla ventura. Arrivava ovviamente dalla Grecia e dopo aver attraversato tutta la Turchia, stava transitando in Georgia ed era arrivato ormai in prossimità del confine russo, dove stava per passare e poi, costeggiato il Caspio, dirigersi in Kazakistan per poi arrivare almeno in Pakistan. 

Ingresso

Accidenti che invidia e noi qui con il nostro biglietto di aereo che brucia in tasca, che guai se arrivi in ritardo senza check-in on line. Quello sì che è viaggiare! Dai, in un'altra vita. Per adesso limitiamoci a quanto passa il convento ed a sognare sugli itinerari altrui. Intanto che mandiamo giù l'ottima khachapuri di Good Food, il tempo comincia a rinfrescare e ha pure voglia di sgocciolare, quindi visto lo stato della strada, salutiamo l'amico modenese e augurandogli buon viaggio, giriamo le ruote verso il passo per ritornare a Tbilisi prima di notte. Tuttavia il tempo peggiora e cala anche la nebbia, sul passo piove che Dio la manda e praticamente saltiamo la sosta prevista al monumento della pace, che già avevamo saltato all'andata, visto che con la nebbia che c'è, neanche riusciamo più a vederlo al passaggio, quindi figuriamoci il panorama. Alla fine ce la facciamo ad arrivare nella capitale alle 9:30. Ci prendiamo un bel cartoccio di falafel, hummus e due Coke dal negozietto dei libanesi che c'è davanti al nostro residence e che ormai sta già chiudendo anche lui e alla fine ce li mangiamo di gusto, che come si dice la roba fritta è sempre buona. Visto che siamo gli ultimi, i ragazzi ci fanno anche buon peso, come si dice al Mercato di Porta Palazzo e ce ne andiamo contenti a nanna. 


Il castello

Domani mattina ci aspetta un bel tratto di corriera, che poi, nel nostro caso, di minibus si tratta, ma che qui si chiama  marshrutka, un mezzo di una ventina di posti inclusi gli strapuntini centrali che è meglio evitare specialmente se siete di taglia XL. E' un ottimo mezzo per spostarsi per il paese, visto che vanno dappertutto e sono molto economici. Basta farsi indicare la stazione e vedere gli orari di partenza per la vostra destinazione; vi daranno un biglietto a volte scritto a mano, caricheranno a fatica la vostra valigia nel ristretto spazio posteriore e poi via a gran velocità verso la meta, perché più presto arriva, più corse fa l'autista nella giornata. Se il tragitto dura più di un paio d'ore è prevista anche una sosta idraulica o per comprarsi qualcosa da bere o da mangiare a qualche baracchino lungo il percorso. Se no, usufruite dei servizi alla partenza per precauzione che è sempre meglio, che poi al cuore non si comanda, date retta a me. Quindi taxi veloce per la stazione dove ci aspetta la nostra marshrutka per andare nel Samtskhe-Javakheti la regione a sud est di Tbilisi al confine con la Turchia e più precisamente per la sua capitale Akhaltsikhe. Non fate troppo caso alla complessità della pronuncia dei nomi e dei toponimi locali, ma questa è una lingua sui generis, anzi è molto particolare, un residuato di cui non si conoscono neppure bene le origini, tanto per essere chiari, quindi non sforzatevi troppo. 

La moschea

Però, dato che io sono sedicente appassionato di lingue, vi do comunque qualche spunto di riflessione che dovrebbe convincervi a cambiare velocemente argomento. Si tratta di un idioma molto difficile, a detta di tutti, infatti è una lingua agglutinante (come quelle dell'India meridionale) e a parte i lemmi che derivano dai vicini turchi, arabi, greci, persiani o più recentemente russi, non ha radici a cui vi possiate attaccare mnemonicamente. Parole quindi lunghissime e con attorcigliamenti di vocali impossibili, addirittura fino a 6 consonanti consecutive come ptskvnis = sbuccia oppure brdvvnis = strappa, ma considerando i prefissi si può arrivare anche a 8, come gvbrdvvnis = ci strappa; in compenso con le vocali si va meglio visto che non ci sono dittonghi. Ha declinazioni con 7 casi, ma non ha articoli né distinzioni di genere; in compenso sembra che il vero scoglio siano i verbi con coniugazioni estremamente complesse e quasi sempre irregolari. La numerazione è in base venti come nel basco o nel francese antico (83 si dice quindi 4 volte 20 + 3). Comunque se volete imparare il georgiano, consolatevi col fatto che poi nel paese in realtà si parlano una ventina di dialetti diversissimi tra loro, quindi la vostra fatica potrebbe venire facilmente vanificata, ma voi non scoraggiatevi lo stesso. Questo tanto per ingannare le ore di viaggio, durante le quali bisogna pur parlare di qualche cosa oltre che ad ammirare un paesaggio di valli verdissime che si alternano continuamente a paesini deliziosi. 

la torre

Di tanto in tanto passiamo di fianco alla ferrovia merci che porta in Turchia, recentemente rinforzata e riadeguata e che pare affollatissima di merci e di treni lunghissimi con decine e decine di vagoni, da quando il commercio che va verso la Russia è praticamente esploso. Intanto costeggiamo tutto il confine sud dell'Ossezia, anche qui reticolati e torrette di controllo, apparentemente abbandonate a se stesse, ma che tuttavia segnano pesantemente le ferite psicologiche sempre presenti nel paese rispetto all'ingombrante vicino e proseguiamo poi nella verdissima valle del Kura, un altro dei fiumi impetuosi che scendono dal Caucaso, fino a raggiungere Barjomi una famosissima stazione termale dove si imbottigliava una nota acqua minerale curativa (dal sapore quasi impossibile e dagli effetti devastanti, in Russia in analoga cittadina termale del Nord Caucaso, dove avevo visitato una azienda di imbottigliamento di dette acque, avevano addirittura fatto un monumento al clistere sulla piazza principale) che veniva inviata in URSS dove era popolarissima. Naturalmente questo era uno dei luoghi più invidiati dove essere mandati a trascorrere le vacanze premio se eri incasellato come bravo operaio del mese (o operaia meritevole, se la davi al capo reparto, ça va sens dire), con tanto di foto esposta nel cortile della fabbrica. 

Terrazza

Eh, altri tempi, direte voi, ma intanto noi siamo quasi arrivati, vedete che chiacchierando il tempo è passato in un attimo. Il tragitto è di un paio di centinaio di chilometri e ci abbiamo messo quattro orette, quindi scendiamo alla stazione neanche troppo provati, pur considerando che i posti a sedere georgiani non sono calibrati sulle misure delle chiappe europee oversize e quindi andiamo direttamente al nostro albergo, che in realtà è nuovo di pacca, anzi in alcuni punti è ancora da terminare, segno che anche qui il turismo sta spingendo. I proprietari, due anzianotti evidentemente non molto abituati al savoir faire dell'accoglienza turistica, ci grugniscono qualche cosa indicando le porte delle nostre stanze. Mollati i bagagli non ci resta quindi che dare subito l'assalto alla fortezza di Rabati, nome di evidente provenienza araba, che si estende proprio davanti a noi ed alla quale si accede attraverso una ampia gradinata ed un bel portale che consente di arrivare alla grande area interna, oggi variegato contenitore che da una quindicina di anni è stato completamente ristrutturato in senso moderno e ricostruito in molte parti, proprio in chiave turistica. Infatti oltre al restauro della moschea, con minareto e madrasa, alla chiesa ortodossa, alla sinagoga, al castello, sono stati ripristinati tutti i tetti e molti edifici in rovina compresi nell'area murata, oltre ad un albergo di lusso, locali di accoglienza e tutta la pavimentazione. 


un bovindo

La fortezza è datata addirittura al IX secolo ed ha subito innumerevoli rimaneggiamenti in seguito alle distruzioni avvenute durante lotte e guerre secolari, pensate che fin qui è arrivato addirittura Tamerlano a fare danni e attualmente rappresenta un bel punto attrattivo per la regione e la città. E' molto interessante osservare come all'interno della cittadella sono presenti gli edifici di culto di tutte le confessioni abramitiche, segno del fatto che per secoli queste e soprattutto i loro seguaci, hanno vissuto in completa armonia. Bisogna quindi meditare sul fatto che solo negli ultimi due secoli, questi si scannino allegramente tra di loro, con massacri di cui ci sono pochi esempi uguali in ogni epoca passata, generando sacche di odio che non avranno modo di sopirsi se non tra molte generazioni, se mai lo faranno, perché con le religioni, c'è poco da fare, non si ragiona. Tiziana, di buona gamba anche oggi, scala la torretta del castello merlato fino in cima, con l'aiuto di Gianluca, che non vuole farci perdere niente e si gode il panorama dall'alto, mentre noi pigroni giroliamo sugli spalti, nei giardini sottostanti tra fontane, porticati e botteghe artigiane.

Nel museo

Ma, per fortuna, non rinunciamo al bellissimo museo storico, che espone una serie di pezzi mirabili davanti ai quali vale la pena soffermarsi un po' a centellinare i fatti del passato e le complesse vicende di questi luoghi che, con la scusa di essere lontani ed isolati, per noi sono massimamente sconosciuti. Un piacevole giro davanti a vetrine ricolme di ori da cui ci si stacca con fatica. Non di solo pane vive l'uomo, mi ammoniva un signore vedendomi, bambino, addentare con ingordigia una fettona di farinata nella mia città natia, ma per la verità, non si può mica stare completamente digiuni. Fa male. Così terminato il giro, ce ne andiamo in un localino conosciuto da Gianluca, dove la signora non sa più come coccolarci, tra un piattone dei classici ravioloni georgiani, una terrina di funghi al formaggio assolutamente deliziosi, involtini di melanzane ripiene alle noci, salamini piccantini, pollo e carni grigliate e ancora polpette di carne tritata col sugo. Poi il marito ha voluto assolutamente farci provare il suo vino. Non è che si può rifiutare sempre. In Georgia, in qualunque casa finiate, vorranno farvi provare il vino prodotto dal padre o dal nonno, sia che siate in campagna che in città, tanto qualche parente che lo porta fin lì c'è sempre. Dai butta giù che intanto fuori piove e attorno al tavolo con gente simpatica e accogliente, non si sta male. 


La fortezza

SURVIVAL KIT

La regina Tamara

Spostarsi in Georgia - Come abbiamo già detto in città l'alternativa migliore è costituita dai taxi di Yandex. Per andare da Georgia ad Armenia, il metodo migliore è il treno, comodissimo ed economico che vi fa anche risparmiare una notte di hotel, partendo alla sera da Tbilisi in comodo scompartimento riservato da 4 e arrivando al mattino a Yerevan. Per spostarsi tra una città e l'altra, è ovviamente più comodo disporre di una macchina con autista, ma piuttosto costoso, anche in 4. Valutate quindi gli spostamenti in Marshrutka, minibus dove si sta un po' stretti ma che viaggiano alla stessa velocità delle auto e sono molto economiche. In ogni città ci sono le stazioni da dove partono questi mezzi ed i relativi orari; ce ne sono diverse al giorno per ogni destinazione. (Calcolate 10,20,30 o più Lari a seconda della distanza, in ogni caso si tratta sempre di pochi euro a persona). 

Il menu del Kessane

Hotel Luxor Rabath - Akhaltsikhe - Nuovo di zecca, quindi bene attrezzato e ben funzionante. Posizione particolarmente comoda proprio davanti all'unica attrazione della città, il castello e fortezza Rabati. Camere piccoline, ma pulito e bel bagno con accappatoi. TV, AC, riscaldamento, free wifi in camera ma non frigo. La doppia sui 35 €. Proprietari non molto socievoli, anzi piuttosto bruschi, forse sono preoccupati per il mutuo che rimane da pagare.

Fortezza di Rabati - Akhaltsikhe - Imponente monumento che domina la collina della città, completamente ristrutturato e sede di molte manifestazioni e festival. Da visitare molti degli edifici religiosi presenti e restaurati ed il castello che domina l'acropoli con bella vista sulla città e la valle. Molto interessante il museo che raccoglie una serie di reperti molto preziosa, dalla preistoria fino all'800, della regione e ricca di oggetti ritrovati in loco, molti in oro. Qui è molto celebrato il cantante Aznavour la cui famiglia è di qui e che ha inaugurato l'apertura del monumento restaurato. Almeno due o tre ore.

B&B KessaneAkhaltsikhe  - Piccolo ostello per backpackers e saccopelisti di lungo corso, lungo la strada che dalla fortezza va in città, circa 500 metri sulla sinistra, che offre anche servizio ristorante e colazione. Proprietari assolutamente deliziosi, si fanno in quattro per contentarvi. Es. cena con 7 piatti, birre e vino, in cinque, per 70 Lari.

Nella moschea

Akhaltsikhe
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lunedì 22 luglio 2024

Caucaso 7 - Verso Kazbegi

La chiesa della Trinità - Gergeti - Georgia - maggio 2024

Invaso Jinvali

Stamattina il tempo è piuttosto bigio e non mette certo di buonumore. Si decide quindi di andare a fare colazione alla Fabrika, dove un tempo si favoleggia ci fosse un buffet pantagruelico. Ma ahimè i tempi cambiano dappertutto e qui l'ambiente col tempo si è trasformato da spazio per collettivi studenteschi in una roba da fighetti, per cui le colazioni sono diventate una scelta à la carte, certo di qualità, ma dall'apparenza piuttosto esclusiva e pertanto di prezzo proporzionato. Vada, comunque sia per noi è sempre poco e poi i cappuccini, pancakes e torta di mele erano davvero buonissimi, pazienza se erano conditi con un certo distacco e sconditi di simpatia. Calmata la fame facciamo un salto a ponte Secco, sede di un mercatino delle pulci che ha molte caratteristiche in comune con l'Ismailovsky park di Mosca e quindi altro tuffo al cuore al rimestare vecchie rimembranze di tante domeniche passate su quella collinetta a girovagare tra mille banchetti per cercare mirabolanti occasioni. Quante ore a battere i piedi per il freddo contrattando tappeti o vecchie macchine fotografiche. Qui, benché più in piccolo, il mood è lo stesso. Tante bancarelle con anziani che espongono memorabilia dell'URSS, dalle file di medaglie e distintivi di merito, alle collezioni di orologi militari russi, i bei Commandirsky o i più titolati Poliot. 

La fortezza di Ananuri

Poi tante cosette carine da guardare lentamente; bisognerebbe avere ore a disposizione per passare in rivista le tazzine antiche, i bicchierini di cristallo, le caraffe, i piatti, i vecchi giocattoli di latta o di  legno, burattini e macchinine o anche solo per ammirare le file di lampadari d'epoca appesi alle stanghe dei banchi. Diciamo che siamo fortunati perché è ancora presto e molti sono ancora chiusi, ma vi indico questo posto, come uno di quelli da non perdere se siete appassionati di queste cose. Alla fine lasciamo il nostro obolo ad una vecchia babuska, avvolta in una serie di sciarpe di lana colorate, che sponeva una bella serie di collane e altri gingilli di sedicente ambra e ce ne andiamo che il tempo stringe. Usciti dalla città seguiamo la valle dell'Aragvi il fiume che scende dalla catena Caucasica con la forza di una corrente che tutto sembra trascinare verso il mare. Poi una grande diga sbarra la valle e la dilata in un immenso lago dove diversi belvedere si affacciano per permettere di considerarne la grandiosità. Anche qui banchetti a profusione naturalmente, ma i turisti che si fermano a valutare i souvenir sono per la massima parte russi, non si sente che questa lingua, se tendi l'orecchio e anche se guardi le ragazze che si aggirano con aria svagata tra i banchetti in cerca di souvenir ne hai la conferma. Bisogna dire che il panorama sull'invaso artificiale è davvero molto bello e la sosta vale la pena a prescindere, anche magari per buttar giù un boccone, se è giunta l'ora. 

Portale della chiesa della dormizione

Comunque poi basta proseguire ancora per qualche chilometro sempre costeggiando il lago Jinvali e raggiungere uno dei punti chiave della giornata, il castello di Ananuri, una fortezza circondata da mura che corona uno sperone a picco sul lago, luogo storico per le innumerevoli battaglie avvenute tra i litigiosissimi Eristavi (così si chiamavano i signorotti locali) della valle dell'Aragvi. Sia la posizione sulla valle che le costruzioni interne sono davvero meritevoli della visita, non per nulla il sito è candidato Unesco. Appena passate le mura ti trovi subito dentro un dedalo di passaggi tra le due torri, una superiore e l'altra molto più disastrata, direttamente affacciata sul lago, ben visibili dai camminamenti che bordano le mura stesse. Ma lo spettacolo assolutamente speciale è dato dalle due chiesette che sorgono all'interno del forte, la più antica chiesa della Vergine, in mattoni, risale al XVII secolo, che contiene un notevole baldacchino in pietra, mentre l'altra, la Chiesa della dormizione costruita alla fine dello stesso secolo contiene ancora i residui di molti affreschi, danneggiati dagli incendi durante i vari scontri e soprattutto degli spettacolari rilievi e le decorazioni sulle facciate e sui muri esterni. Questa è una caratteristica che ritroveremo più volte nei tanti altri monumenti religiosi che vedremo in seguito, ma ogni volta bisogna dire che lasciano assolutamente ammirati per la loro raffinatezza. 

La torre

Quasi appoggiata all'abside della chiesa inferiore una curiosa torre di stile Svan (come avremo modo di vedere nello Svaneti), quasi si appoggia alla parete della chiesa, decisamente incurvata, forse a causa dei terremoti che qui sono piuttosto frequenti, o anche per una certa illusione ottica, dovuta al ristretto punto di osservazione. Poco più avanti superata la zona del lago, il fiume riprende il suo percorso di acque vorticose, diresti quasi a carattere torrentizio, quando al riunirsi con un suo immissario, si può assistere ad un fenomeno piuttosto curioso. Infatti i due fiumi detti appunto Aragvi bianco e Aragvi nero hanno acque colorate nettamente nelle due sfumature suddette che, dopo il congiungimento rimangono nettamente separate per molti chilometri, dando luogo ad un fenomeno decisamente curioso, anche se non rarissimo, ricordo infatti analoga cosa a Manaus e in Croazia, nella zona di Plitvice. Naturalmente è subito fiorita la leggenda delle due sorelle, bionda l'una e mora l'altra, innamorate dello stesso bellissimo cavaliere, che infine decise di sposare la bionda, mentre l'altra per la disperazione si uccise gettandosi appunto nel fiume nero. Ma anche la sorella a questo punto disperata, si tolse la vita, creando appunto il fiume bianco che da allora scorre a fianco del nero. Più a valle si uniscono ad un terzo fiume, quello del cavaliere che a questo punto se le prende tutte e due e che ne confonderà finalmente i colori, mettendo fine alla diatriba. 

Gli Aragvi bianco e nero

Sia come sia il fenomeno è curioso e ben apprezzabile da una terrazza dove i visitatori poi appongono nastrini bianchi sulla balaustra di legno, per chiedere benevolenza alle anime delle due sorelle. Facciamo anche noi il nostro dovere e poi risaliamo la valle costeggiando il territorio dell'Ossezia del sud, zona chiusa e completamente bandita dopo l'occupazione dal parte della Russia, una delle tante guerre dimenticate. Il panorama diventa sempre più spettacolare man mano che si sale verso la barriera del Caucaso e le sue cime di oltre 5000 metri. Superiamo il monumento della pace, costruito in un punto particolarmente panoramico per glorificare la fine delle ostilità tra i due paesi confinanti, che poi nella realtà continuano a non potersi sopportare. La neve è sempre più presente sui costoni circostanti e le cime che contornano la valle, sempre più imponenti. Siamo ormai nella regione del Kazbegi e arriviamo allo Jvari pass a quasi 2400 metri, area ormai votata agli sport invernali che ha fatto sorgere nella zona di Gudauri, una gran quantità di moderni alberghi davanti agli skilift che portano alle quote più alte. Noi procediamo ancora verso il confine che non dista ormai più di una ventina di chilometri in una infinita coda di camion che testimoniano i fittissimi scambi commerciali tra i due paesi, moltiplicatisi moltissimo da quando sono scattate le famigerate e controproducenti, almeno per noi, sanzioni anti russe. 

Passo Jvari
Le cime della catena caucasica si possono ormai toccare con un dito, almeno questo è l'effetto e non posso non andare al mio passato quando ero appena al di là di quella cresta a percorrere la scacchiera delle tante repubblichette nordcaucasiche, una delle quali, la Cecenia doveva ancora far parlare di sé e tristemente. La strada è assolutamente infame, completamente sgretolata e fangosa, macinata dalle migliaia di automezzi pesanti che la percorrono verso Vladikavkaz, lo snodo nell'Ossezia del nord, punto di passaggio per le diverse regioni della Russia. Praticamente si procede a passo d'uomo, fino alla cittadina di Stepantsminda (o Gergeti), l'ultimo punto di sosta prima della frontiera. Il paesaggio scendendo dal passo è davvero entusiasmante, ma ancora di più se consideriamo che qui siamo appena sotto il massiccio del monte Kazbek (5033 m.), un imponente vulcano ancora vivo, vista la presenza di molte sorgenti calde nella zona. Sopra la cittadina incombe un monticello coronato da uno dei simboli della Georgia, la Chiesa della Trinità di Gergeti, più volte distrutta, sconsacrata durante il periodo sovietico, ma rimasta comunque punto di grande interesse turistico, proprio per la sua posizione. Ci si arriva con una stradina asfaltata che risale l'altura, ma naturalmente qui si è creata una specie di mafia che vieta la salita con la propria auto, ma obbliga a ricorrere ad una sorta di navetta taxi locale, che porta in cima e concede una sosta di mezz'ora come massima concessione. 

La valle

Certamente la vista sulla valle e sulla catena circostante è mozzafiato. Cerchiamo un punto di osservazione idoneo per scattare un'immagine della chiesetta con lo sfondo della valle. Certamente il luogo è molto fotogenico. Una turista cinese, che scopro provenire dallo Yunnan, dopo un primo contatto umano mi elargisce un mucchio di consigli fotografici suggerendomi inquadrature perfette, anzi imponendomi posizioni in equilibrio sullo strapiombo per meglio inquadrare il soggetto. Obbedisco anche per non precipitare in basso, opponendomi. La migliore visuale sarebbe su un monticello alle nostre spalle, ma ci vuole una buona mezz'oretta per arrivarci e di certo rinuncerei allo scatto, ma il nostro Luca assicura che per lui si tratta di un allenamento minimale e parte di corsa. Risale la collina e ridiscende dopo aver effettuato qualche scatto in meno di 5 minuti! Incredibile. Troppi però per il nostro irascibile taxista che evidentemente ha degli obblighi misteriosi, tali da imporgli di essere a valle entro una data ora e nonostante il nostro ritardo totale sia inferiore ai quattro minuti quattro, continua a cercare il litigio sproloquiando a più non posso, in georgiano stretto, che nessuno di noi capisce comunque. Alla fine ci defiliamo per evitare il peggio e scendiamo in paese a mangiare un boccone. Qui un simpatico oste ci dà qualche piattino delizioso per toglierci la più grossa accompagnato dal pane più speciale, friabile e fragrante che avremo mai occasione di assaggiare durante il resto del viaggio, assieme ad una magnifica zuppa, involtini di carne e melanzane squisite. Forse l'ho già detto, ma non si mangia niente male da queste parti. Comunque direi che è venuta l'ora di tornare, che il tempo passa e la nebbia scende. 

Massiccio del Kazbek

SURVIVAL KIT

L'iconostasi

Fortezza Ananuri - A circa 70 km da Tbilisi, seguendo la valle dell'Aragvi verso la frontiera russa . Una castello con cerchia di mura merlate, contenente le rovine di due torri di difesa e due piccole chiese molto belle, la seconda famosa per aver conservato per secoli la più preziosa reliquia del paese, la cosiddetta Croce di Santa Nino, evangelizzatrice del paese. Tra panorama e vista calcolate un'oretta.

Ristorante Kazbegi Good Food - Gergetis Ubani E117 -Vicino alla strada principale nel paesino di Stepantsminda. Gestore simpaticissimo e cibo locale a prezzi molto ridotti. Ottime zuppe e Kachapuri. Pane assolutamente sublime. Consigliatissimo sia se siete di passaggio che se arrivate qui solo per vedere la chiesa della Trinità.

I fregi della facciata della chiesa della Dormizione di Ananuri


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domenica 14 luglio 2024

Recensione - Di Mare - Le parole per dirlo



Uno dei molti libri che sono stati scritti da chi vuol far partecipare il proprio pubblico alla propria malattia. Un momento difficile e nel quale appunto le parole per dirlo sono difficili. In questo caso, questo importante giornalista di guerra, ci racconta la sua avventura col mesotelioma, contratto forse proprio a causa del suo mestiere, quando raccoglieva in Serbia i servizi su quel capitolo nero dell'Europa, alternandolo a storie incontrate nel suo lavoro di reporter, attento agli avvenimenti e soprattutto al lato umano di quanto accadeva attorno a lui. Un libro che ti intristisce ovviamente ma che ti fa sentire vicino la persona che racconta, fine che probabilmente anche l'autore si proponeva. Una lettura un po' triste, che un po' ti spinge a pensare, ma certamente non spiacevole, in quanto Di Mare era di certo uno che sapeva scrivere e passarti dei sentimenti.


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sabato 13 luglio 2024

Caucaso 6 - Verso il Kakheti

Devozione a Santa Nino - Kakheti - Georgia - Maggio 2024

Il bazar

E' tutto il giorno che camminiamo, dire che ho i piedi fumanti è un eufemismo, ma questa è una città da vivere a piedi, di quartiere in quartiere, cercando di penetrarli attraverso le viuzze più segrete e nascoste per apprezzarne gli angoli nascosti e le sue belle case tradizionali. poi, quando sbocchi sui grandi viali di scorrimento passi ai palazzi di una grande capitale, svolti altre pagine sempre convincenti alla vista. Così passin passetto, procedendo lungo le mura cannibalizzate da costruzioni parassite che ne hanno via via mangiato dei pezzi o si sono insinuate all'interno delle stesse, arriviamo al cuore della città, quella piazza della Libertà che rappresenta il centro politico e culturale della nazione. Di qui parte il lunghissimo viale Rustaveli, dove si allineano i palazzi del governo e del potere, che la storia ha designato a rappresentare il paese. Così passiamo davanti al Parlamento, dove ogni sera si radunano migliaia di persone per protestare contro la strada filorussa che sta prendendo il governo. In particolare proprio mentre eravamo lì, stava per passare una legge particolarmente liberticida contro giornalisti e agenzie di informazioni con componenti straniere, ricalcata esattamente su quella già in vigore in Russia, poi approvata. Le tensioni sono molto forti e le possibilità di scontri violenti non sono così peregrine, dato che il motivo del contendere pare sia molto sentito, in quanto questo governo presieduto dal partito Sogno Georgiano, aveva ottenuto il consenso dei votanti proprio per la sua distanza dall'ingombrante vicino e per una forte propensione all'avvicinamento all'Europa, cosa che pare sia molto gradita alla popolazione a giudicare almeno dal numero delle bandiere azzurrostellate accoppiate a quelle georgiane che si vedono su ogni lampione. 

Iconostasi di Santa Nino

Poi, non si è capito con quale motivazione il governo ha cambiato linea e al momento viaggia in direzione contraria. Questo ha provocato un'ondata di proteste piuttosto importanti, che proseguono con una regolarità preoccupante per il governo. La cosa curiosa da un lato e decisamente naif, è che proprio sugli angoli del parlamento, dove si presumerebbe essere maggiori le forze di contenimento (ci sono in effetti parecchie macchine della polizia) e le contromosse governative, ci sono, evidentemente ormai d'abitudine, un folto numero di banchetti che vendono bandiere della UE e della Georgia abbinate, da sventolare nelle manifestazioni giornaliere, che presumibilmente si terranno ogni giorno a venire. Insomma anche nell'agone contestatario il business non molla, capirà, bisogna pur campare. Intanto la folla comincia ad assieparsi per far partire il corteo, noi con prudenza decidiamo di allontanarci nella direzione opposta lungo il grande viale, sfilando i musei più importanti della capitale, dal Museo Nazionale, a quello delle Belle Arti, alla Galleria Nazionale, al Teatro dell'Opera, al MOMA, oltre agli alberghi storici più importanti come il Marriott o il Biltmore e il Radisson. Percorriamo così i quasi due chilometri in leggera salita di questo che è il vialone di rappresentanza della capitale, fino al parco che presenta un'altra bella vista sulla città ed il fiume, con il monumento alla bicicletta, articolo che non mi sembra tra i più gettonati tra la popolazione di Tbilisi. 

La metro di Tbilisi
Vicino c'è anche la stazione della metro che in un attimo ci riporterà a casa. Entrare in questa stazione mi riporta immediatamente ai miei trascorsi sovietici. Se ne vede subito l'impronta, con le sue scale mobili rettilinee, profondissime e molto veloci, anche se la stazione in fondo, manca di quelle grandiosità architettoniche volute dal senso di grandeur staliniano. Qualche minuto e arriviamo a casa per trascinarci poi fino all'Old Time, gradevole ristorantino dove trangugiamo spiedini di pollo e un paio di croccanti Kachapuri, tanto per mettere sotto i denti qualche cosa. Certo che di strada ne abbiamo fatta oggi, ma quello che ci è passato sotto gli occhi mi ha lasciato decisamente soddisfatto. Ribadisco, Tbilisi è davvero una bella capitale che merita assolutamente di essere vista e vissuta. La notte è passata plumbea e senza sogni, visto che le ore da recuperare erano molte almeno per me, quindi ci siamo messi in moto al mattino verso le nove con molta calma. La prima tappa è il cosiddetto Bazar dei disertori, il più grande della città, un vero e proprio quartiere, dove arriviamo comodamente con la metro. Qui c'è davvero ogni tipologia di merce, ma la parte più interessante è sempre quella alimentare, soprattutto la zona della frutta e della verdura, un vero e proprio mercato generale dove convergono da tutte le parti a scaricare e caricare merci che arrivano da tutto il paese ma anche dai vicini Iran, Turchia, Armenia. 

Chiesa di Santa Nino

Bisogna subito dire che i prezzi, in particolare della frutta, non sono bassi, soprattutto se parametrati al potere di acquisto di stipendi e pensioni georgiane, tuttavia il movimento è notevole. Un prodotto particolarmente interessante e che sarà una costante del nostro viaggio caucasico, è la frutta secca, di ogni tipo e dimensione a partire dalle albicocche, pesche e molto altro anche difficile da riconoscere, spesso offerto in bellissime confezioni miste dove l'aspetto estetico vuole la sua parte. Non resisto e compro una discreta quantità di cachi secchi dalla forma curiosa, dalla bontà assoluta, che provvediamo subito a degustare assieme ad un delizioso succo di melagrana. Sfiliamo i banchetti con gli articoli turistici, pochi per la verità e poi ci calmiamo i morsi della fame all'estremità del mercato, vicino alla stazione dove ci sono tutta una serie di bancarelle che offrono il solito street food, dalle kachapuri agli hotdog. Certo che in questo modo i costi dedicati al cibo, si ridimensionano notevolmente e contribuiscono a rendere il Caucaso una meta decisamente low cost per i turisti occidentali. Siamo comunque in zona stazione dove abbiamo un mezzo che ci aspetta, a disposizione per il resto della giornata. Prendiamo quindi la strada dell'est verso la regione del Kakheti, una zona di bellissime colline degradanti verso sud dal grande Caucaso, fin verso il confine dell'Azerbaigian. Qui nascono e si estendono i grandi vigneti georgiani che da millenni producono vini famosi e dei quali qualche cosa dovremo pur dire in seguito. 

Succo di melagrana

Comunque per il centinaio di chilometri che ci separano da Bobde, i paesaggi sono belli e dolcissimi, ma pure nella loro ondulazione ti danno quel senso di grandi spazi che raccontano il passaggio alle terre sconfinate dell'Asia centrale, dove come dicono i Russi, cento chilometri non sono distanza e cento anni non sono tempo. Proprio qui, su una collina tra le altre, tra filari di viti e foreste sorge il monastero di Santa Nino, la monaca che nel IV secolo evangelizzò la Georgia, la prima nazione a diventare ufficialmente cristiana nel 337, dopo che la Santa con alcuni miracoli convinse il re e la regina ad aderire alla nuova fede. Successivamente si ritirò proprio a Bobde dove morì. Qui fu eretto il primo monastero, rinnovato successivamente nel IX secolo, dove è sepolta. La chiesa, rimaneggiata ed ampliata anche successivamente, è uno splendore di pietra scolpita con certosina maestria e tutti i contorni dei portali sembrano trine delicate. Il luogo è piuttosto affollato, ma per la verità intorno, senti solo parlare russo. E' curioso come dopo settanta anni di agnostico ateismo, ci sia stata una ripresa così significativa della fede cattolica e dei suoi riti, anche tra i giovani. Tra le navate infatti non vedi solamente gente col naso all'in su che ammira gli splendidi affreschi, tra i quali un famoso giudizio universale o la altrettanto spettacolare iconostasi, ricca di icone ottocentesche, ma anche molti fedeli in preghiera, riuniti davanti alle icone più venerate o attorno alle piattaforme dove disporre ceri accesi, ma soprattutto la fila è particolarmente numerosa nella cappella laterale dove si venera la tomba della Santa, una lastra di marmo bianco istoriato, davanti alla quale tutti si raccolgono in preghiera. 

Le mura

Intorno alla chiesa, un bel giardino che digrada dalla collina, concedendo una splendida vista sulla valle dell'Alazani, che si protende lontano verso il confine. Fiori e prati verdissimi, il luogo è anche un magnifico spazio dove passare un pomeriggio nella natura ed in effetti i prati sono pieni di gente seduta che ammira il paesaggio, chiacchiera e lascia giocare i bambini. Lasciamo il monastero dopo un'oretta, mentre sta affluendo sempre più gente, in effetti questa è una delle mete assai gettonate dai turisti, anche perché a un paio di chilometri c'è anche la bella cittadina di Sighnaghi, che merita una sosta. Anche se la cerchia di mura in gran parte percorribile, con le sue torri sono del XVIII secolo, il paese è ormai moderno ed essendo diventato meta di interesse per molti, è pieno di alberghetti e ristoranti di ogni tipo, visto che qui si viene anche per feste e matrimoni piuttosto affollati. Ricordo che un mio amico di Mosca che non amava troppo il Caucaso, affermava che i matrimoni georgiani finiscono sempre a botte e a pistolettate, ma sarà stato sicuramente prevenuto come tutti i moscoviti verso il sud, anche perché di spari non ne abbiamo sentiti. Vero è che qui si beve molto visto che siamo circondati dalle vigne e quindi dopo aver passeggiato per le vie del paese, ammirando tappeti finti e oggetti di artigianato, aver visto la bella chiesetta di San Giorgio, dove sono stato anche cazziato dalla custode perché ho suonato la campanella del campanile ed aver percorso un bel tratto di mura per arrivare alla estrema torre sulla scarpata, siamo andati a cercare una cantina che ci desse l'occasione per degustare i famosi vini del territorio. Lungo la strada un gruppo di anziani mi individua subito come straniero spaesato e un mi chiede se mi piace il vino e procede immediatamente ad invitarci a casa sua, offerta che decliniamo con dispiacere, avendo già appuntamento con una cantina della zona.

La porta di Sighnaghi

Il  proprietario, che chiameremo Giorgio, ci fa scendere subito in cantina che ha l'aspetto tipico di uno dei nostri infernotti del Monferrato. L'atmosfera è piacevole e sincera e senti solo la voglia del vignaiolo che vuole farti sentire orgogliosamente la sua produzione. Qui ci racconta i suoi prodotti che viene ancora fatta col metodo tradizionale degli orci di terracotta interrati, i qvevri, dove il vino matura per poi passare a botti di rovere per almeno tre mesi, senza aggiunta di lieviti o altre correzioni, dopo di che passiamo agli assaggi. Cerchiamo di capirci, qui non parliamo di attrezzature sofisticate con pigiature soffici e fermentazioni a temperature controllate a cui siamo abituati nella moderna enologia, ma di fare un salto nella tradizione di una terra che il vino lo ha inventato e lo commerciava a livello che possiamo definire preindustriale, oltre tremila anni fa. Quindi possiamo tranquillamente dire che la vinificazione è nata qui e questo solo dà ai prodotti che vieni ad assaggiare una sufficiente patente di nobiltà e quindi il materiale che ci viene offerto oggi merita un assaggio con sincera ammirazione ed anche con una certa curiosità. Ovviamente non sentirete i bouquet complessi dati dal controllo delle temperature, ma le uve di partenza sono molto valide e questi vini hanno struttura e sapori molto interessanti. 

Assaggi

Partiamo da un bianco che ovviamente è il meno idoneo a mostrare picchi qualitativi, data anche l'assenza di solfiti che ne possano garantire una idonea conservazione, ma i rossi hanno corpo deciso e ottima persistenza. Ne assaggiamo due di 14 gradi, entrambi con una bella personalità, che Giorgio ci declina come Saperavi, dal nome del vitigno di provenienza. La varietà amabile, più leggera, sugli 11 gradi, è poi decisamente beverino e dal sapore gradevolissimo, morbido e suadente, che invita a berne ancora un altro calice, anche se il profumo latita un po'. Insomma una esperienza interessante. Ma il buon Giorgio, che ha capito subito di stare parlando con uno del settore, non ci molla di certo così facilmente e ci mette subito davanti alla sezione superalcolici, a partire da un brandy niente male, complesso e dai molti sapori morbidi e legnosi, di mandorla e vaniglia e poi si passa alla chacha, una serie di grappe e distillati di ogni tipo in cui perdersi e perdere anche i sensi, visto che già la prima al dragoncello marcava 65 gradi, per non parlare della serie dei boccioni allineati alla parete con distillati di tutti i tipi dalla pesca, alla prugna, alle ciliegie e così via. Non ci vuole proprio mollare e mostra alcune bottiglie della collezione cominciata da suo nonno, alcune con più di 70 anni. Insomma alla fine il problema è risalire dalla cantina, che le gambe tremano un po'. Per fortuna non tocca a noi guidare. Alla fine torniamo in città che è notte e la testa gira parecchio, anche se Gianluca brontola che il posto ormai è troppo turistico e non merita la pena, ma noi lo lasciamo dire e poi per fortuna, con un po' di kebab abbiamo attutito il colpo.

Sighnaghi e chiesa  di San Giorgio

SURVIVAL KIT

Sighnaghi

Monastero di Santa Nino -  Nella regione vinicola del Kakheti, a Bodbe, a un centinaio di chilometri da Tbilisi, è un monastero situato in luogo molto panoramico e molto visitato sia per motivi religiosi, essendo questa la Santa più importante del paese, che per motivi turistici. Guardate attentamente gli affreschi abbastanza ben conservati. C'è sempre molta gente in visita turistica che in pellegrinaggio. Il monastero vende anche prodotti locali, mieli e conserve. Ingresso gratuito. Calcolate almeno un'oretta.

Sighnaghi - Famoso paese turistico a pochi chilometri dal monastero, praticamente costituito solo più da attività turistiche, locali, alberghi, ristoranti. Interessanti le mura con le torri, la chiesa di San Giorgio, il Museo di storia e folklore al centro del paese e molte cantine che propongono degustazioni di vino prodotto nei dintorni col metodo antico degli orci.

Gio's Wine Cellar - St. Baratashvili 1, Sighnaghi - Presentazione e degustazione di vini prodotti in famiglia, molto autentica e piacevole. Esperienza interessante. Assaggerete 4 vini, un brandy di 7 anni e molti tipi di chacha, distillati di vinacce e di vari tipi di frutta. 25 Lari a testa

La tomba di santa Nino


Panetteria
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