sabato 2 novembre 2024

Caucaso 29 - Gyumri

La valle dei Molokhans - Armenia, Caucaso - Maggio 2024
 

La valle dei Molokhans

Scendiamo dunque dalle montagne e ci allontaniamo dal confine georgiano, per percorrere la larga valle che porta dal lago Sevan fino alla nostra destinazione finale per questa densa giornata di visite. Piccoli villaggi lungo la strada che avevamo osservato già prima di Vanadzor, dall'apparenza poverissima. Si tratta di una comunità molto particolare sulla quale vale la pena di spendere due parole. Si tratta infatti di una popolazione denominata Molokhans, che vive in questa valle dalla metà circa del 1800. E' una sorta di setta di protestanti ortodossi che si sono staccati dalla chiesa di Mosca attorno al 1500, rifiutando l'autorità religiosa ed il battesimo con l'acqua, assieme a tutti i simboli dell'ortodossia classica, incluso il culto dei santi e della trinità, riprendendo tradizioni, anche alimentari, col rifiuto ad esempio della carne di maiale e riferite all'antico testamento e una interpretazione strettamente letterale della Bibbia, avvicinandosi dunque in parte all'ebraismo, in una sorta di ritorno alle origini, molto diffuso in fondo in quei secoli nelle comunità cristiane di tutto il mondo. Si definiscono anche come Cristiani spiritualisti. Il nome deriva dal fatto che durante i prescritti giorni di digiuno, bevevano solo latte (in russo moloko). Naturalmente il movimento si spaccò subito in molte dottrine diverse e sette contrastanti tra di loro, generando conflitti e separatismi insanabili come ad esempio i Subbotniky, molto prossimi come ho detto all'ebraismo, che adottarono infatti il sabato in luogo della domenica, come giorno festivo. 

Tubature del gas
Fatto sta che verso la metà del XIX secolo, lo zar, timoroso dell'influenza di questo popolo sulle comunità vicine, lo deportò completamente, visto che tra le altre cose rifiutavano il servizio militare, come avveniva con frequenza in quel paese, contro i mestatori politici, parte in Siberia, mentre la maggior parte finì in questa lontana valle dell'Armenia, mentre una diaspora limitata emigrò in varie parti del mondo (America, Australia e in parte anche in Israele). Naturalmente la storia raccontata dall'altra parte dichiara che la comunità se ne andò verso sud, di sua spontanea volontà, abbandonando lietamente le sue terre su di un lungo treno, in cerca della terra promessa e della nuova Gerusalemme, ma dubito che questa versione sia realistica. Qui, in questi paesini, la comunità sopravvive di stentata agricoltura, riducendosi progressivamente, visto che la dottrina prevede solo abitudine endogamiche, col divieto assoluto di sposare persone di altre religioni, pena la espulsione dalla comunità stessa. Così il gruppo è sceso al di sotto delle 20.000 persone. I Molokhans sono anche allevatori e grandi produttori di particolari formaggi e la valle è ricca di caseifici. L'impressione al passaggio è quella di una zona molto povera ed arretrata, dedita ad una agricoltura di sopravvivenza, mentre, al contrario, si dice che durante il periodo sovietico fossero portati ad esempio come i sovcoz (le entità statali agricole) più redditizie dell'intera URSS, tanto che a molti di loro veniva assegnata la famosa vacanza pagata nei paradisi turistici dell'Unione (spiagge bulgare, georgiane, estoni o nei sanatorj più titolati, come quello di Kislovodsk). 

Una porta

Così ragionando intanto ci avviciniamo a Gyumri, la nostra meta di oggi, che è la seconda città del paese ad una decina di chilometri dal confine turco. Ridendo e scherzando, in due giorni, abbiamo attraversato completamente il paese da una parte all'altra, mentre il nostro amico Marco Polo ci avrà messo almeno un mese, in senso contrario naturalmente. Arriviamo in città che è quasi buio e ci fermiamo sulla piazza principale, la Vertanants, in uno dei locali iconici, il Ponchik-Monchik, famoso soprattutto per i suoi bomboloni (da cui il nome del locale) alla vaniglia e alla cioccolata con cui concluderemo la cena dopo aver assaporato una deliziosa zuppa di funghi dal profumo indescrivibile e alcuni piatti di pollo (14.000 dram in sei). Poi subito a nanna nel b&b in periferia, comunque molto accogliente. Quello che ti colpisce in queste vie lontane dal centro è la presenza delle tubature del gas, tutte esterne che corrono ad altezza d'uomo per tutte le strade, innalzandosi fino a tre o quattro metri per superare gli incroci e proseguire fino a raggiungere tutte le abitazioni con sinuose deviazioni. Sinceramente se ci fosse un incidente d'auto un po' pesante che mandasse qualche mezzo a sbatterci contro, non so cosa potrebbe succedere, magari c'è un sistema di sicurezza che blocca tutto ma ne dubito. Mi sembra di aver visto qualche cosa di simile anche in Russia se non ricordo male, però rimango comunque perplesso. 

Una via del centro

Comunque dopo la colazione mattutina, ricarichiamo i bagagli e rifacciamo un salto in centro sia per cominciare il nostro giro a piedi, sia per fare una seconda colazione nuovamente nel locale di ieri, aggiungendo al bombolone al cioccolato, un bel cappuccino che subito ti mette di buon umore e ben disposto ad affrontare la nuova giornata. Questa volta ci sediamo nel dehors direttamente sulla grande piazza, visto che è uscito anche un bel sole. Siamo viziati, lo so, ma poi, soddisfatti, si gira meglio. E la città è davvero interessante da vedere, dominata com'è da una lunga serie di costruzioni erette in un locale tufo dal colore molto scuro, quasi nero, che conferisce all'abitato un aspetto del tutto particolare. Gli edifici sono piuttosto massicci, molti di inizio novecento, pur ricordando che la città è stata completamente devastata dallo spaventoso terremoto del 1988 che provocò oltre 30.000 vittime. In effetti la parte storica dell'abitato è stata eretta nuovamente sulla base di foto e disegni d'epoca, per merito di un architetto di Palermo che era venuto qui con le squadre di soccorso e che, innamoratosi del posto, qui rimase e attivamente partecipò alla fase ricostruttiva. La sua casa, completamente rimessa alle condizioni originali è poi diventata un albergo. Un particolare che tutti ricordano è che praticamente tutte le costruzioni sovietiche si sbriciolarono quasi completamente senza lasciare traccia, mentre quelle storiche locali subirono pochi danni e fu possibile appunto ricostruirle quasi per intero. 

Chiesa di S. Salvatore

Certamente questo tufo nero circondato da modanature di pietra chiara rende l'aspetto della città del tutto particolare e non puoi fare a meno di passeggiare per le vie pedonali del centro ammirando la serie di facciate, i vecchi negozi, le insegne e sentendoti in un clima d'altri tempi, in quella atmosfera caucasica lenta e tranquilla di una Armenia ottocentesca che ancora non immaginava di dover subire quanto sarebbe accaduto in seguito, quando l'odio e la furia ingorda dei suoi vicini, non ne avrebbe potuto più sopportare la pacifica e fruttuosa civiltà, accanendosi ad ondate successive per depredarla e cercare di spazzarla via, nel tentativo di farne scomparire definitivamente la cultura. Puoi sederti su una panchina si ferro battuto nero e sentirti in un altro secolo, mentre vicino un vecchio con una ispida barba scura offre spiedini alla griglia che ancora fumano, o entrare dentro le fredde mura oscure di una chiesa greve per l'odore di ceri che fondono lentamente davanti ad antiche icone. In fondo ad un cortile, c'erano gli "uffici" dell'ex-KGB, un luogo che anche a non saperlo, appare come un po' tetro, anche adesso che invece ospita un ristorante per giovani, con tante tavole di legno con gli ombrelloni bianchi, nel cortile. I tempi cambiano, ma certe cose conferiscono ai luoghi un imprinting duraturo che fa fatica a sfumare. Quasi mi sembra di ritornare a quella Mosca plumbea degli anni '90, quando il mio amico Zhenja, mi faceva istintivamente cambiare marciapiede quando passavamo davanti alla Lubjanka per andare al negozio di giocattoli del Djetsky Mir. 

Il nartece

Teneva gli occhi rivolti verso il basso, senza darmi spiegazioni, ma le parole non servivano, per lo meno fino a quando non arrivavamo davanti alle vetrine del negozio, illuminate e rutilanti di giocattoli in legno, meravigliosi. Noi invece, dopo un lungo giro, tra i bei giardini ricche di statue neoclassiche, torniamo a piazza Vertanants. Nella chiesa del Salvatore è ormai terminato il restauro e la sua sagoma nera con le eleganti modanature di pietra gialla che ne segnano gli archi e gli spigoli, la rende il monumento clou della piazza che non può non attirare l'attenzione del passante anche distratto. Certo le foto che la ritraggono quasi completamente abbattuta in un cumulo di macerie, fanno impressione ed i raggi di luce che scendono dalle aperture dell'alta cupola centrale appaiono quasi come un segno divino, venuto a benedire l'opera finalmente finita. Anche l'altra chiesa, dall'altra parte della piazza, la Surp Astvatsatsin, che era stata meno danneggiata, giganteggia con le sue strutture ottocentesche così massicce da intimidire quasi il visitatore, in particolare lo spettacolare nartece dalla volta che si mostra come una complicatissima trina di archi in trecciati  che culminano in un oculo centrale che ne illumina la bellezza. Traversiamo ancora la piazza e le vie laterali affascinati dagli antichi portoni, assolutamente eleganti nelle loro tracce di elementi liberty, anche se in qualche caso sbrecciati a quasi abbandonati a se stessi. 

Ulisse

Ma questa è anche una città culturalmente molto viva, che ospita innumerevoli artisti che rappresentano tutti i movimenti più moderni ed interessanti dle paese. Così facciamo anche un salto in una galleria di un amico di Gianluca, che ama molto Gyumki e che si trova molto a suo agio in questo ambiente, evidentemente molto fertile dal punto di vista culturale. Nella galleria sono esposti i lavori di molti artisti armeni davvero interessanti, incluse molte sculture e bronzi di molto fascino. Ci accompagna quello che dovrebbe essere il gestore della mostra, un viso che, se io fossi un regista in cerca di cast, assimilerei immediatamente a quello di Ulisse, un po' scarno dagli occhi volitivi e curiosi al tempo stesso, una barba corta e confusa, i capelli nerissimi e ricci, ma il naso che lo caratterizza completamente con la sua linea retta dalla fronte alla punta, come solo poteva essere quello di Odisseo sulla prua della sua nave, che ritrovi identica su certi vasi attici, lo sguardo un po' perso nel vuoto in cerca della sua dolce Itaca, ma distratto dalla selvaggia e profumata Ogigia. Dalle volte della galleria pendono centinaia di volumi dalle pagine svolazzanti che fluttuano nel vuoto, sulle nostre teste, quasi a voler lasciare scendere dalle loro pagine, idee, storie, immagini inespresse disperse nell'aria per farci sognare ancora un mondo dove regna la mente ed i suoi disegni segreti. Davvero interessante questa città dalle case di pietra nera e dalle anime colorate. Dai, mangiamoci un boccone e via per vedere ancora, prima di lasciare questa bella città, la fortezza nera sulla collina.

SURVIVAL KIT




Kotun Aptm - Masmania Ul., 27 - Gyumri. In zona periferica, casetta, secondo lo stile B&B, di recente sistemazione, con camere ragionevolmente spaziose e bagnetto comune con lavandino davvero lillipuziano, il più minuscolo che abbia mai visto. Spazio per colazione e tavernetta comune per passare la serata. Un'ottima soluzione con camere doppie letto queen a 22 €.

La galleria

S. Salvatore dopo il terremoto
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7 -  Kazbegi

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