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éarco delle Torres del Paine - Patagonia cilena - novembre 2024 |
Le acque del Rio Paine sono abbastanza tumultuose in questa stagione e dopo la cascata si precipitano verso valle con la violenza tipica dei regimi torrentizi. A monte invece il fiume risale ancora per una trentina di chilometri fino a raggiungere il lago formato dakko scioglimento del ghiacciaio Tucson, uno dei tanti bracci del cosiddetto Hielo Continental che forma tutti i ghiacciai della zona con la sola interruzione del lago Paine più a nord. La strada del circuito prosegue tortuosa e gli spettacoli naturalistici si susseguono e anche se il tempo non ci è amico, spunta dietro le torri, facendo capolino tra le nubi, l'imponente massiccio del Cerro Admiral Nieto e poi ancora più avanti i Cuernos del Paine, spettacolare montagna che appare come spaccata in due da un colpo di sciabola del diavolo o da un altro demone maligno che sia caduto su questa terra come uno scultore extra terreno per crearne meraviglie terrifiche col nevaio bianco che si incunea tra le due cime accentuandone la spaccatura e il meraviglioso Mirador Northern Hold con un piccolo lago in cui le magiche Tre Torri si specchiano nell'acqua color opale è uno dei punti topici di osservazione.
Anzi veramente si specchierebbero perché purtroppo le nuvole le coprono parzialmente ma non voglio lamentarmi più di tanto, perché già è un privilegio trovarsi in questo luogo davvero fatato per l'isolamento dato dalla sua storia e per le sensazioni che riesce a trasmetterti. Anche Camila la nostra guida che non cessa di raccontarci il luogo che stiamo attraversando, è chiaramente dispiaciuta che il meteo sia inclemente non consentendoci di godere appieno l'esperienza e nemmeno cerca di ricordare che ieri invece, c'era un sole splendido, per non farce rosicare ancora di più. Il suo viso andino rimane serio e gli occhi con quel delicato taglio a mandorla si perdono tra le montagne di cui ci elenca i nomi. Di certo il suo sangue mantiene lontane origini mapuche, l'antico popolo che viveva qui prima del nostro arrivo e questa ascendenza le conserva una sorta di diritto di primogenitura e di appartenenza in questa terra estrema. Qui nessuno è arrivato per caso o per errore. Essere qui ha sempre significato una precisa volontà e resistervi ha voluto dire adattarsi ad una terra ostile che ha sempre rappresentato davvero la Ultima Esperancia.
Risaliamo sul pulmino e la pista continua a serpeggiare tra le montagne nere scoscese e dall'aspetto severo. Anche la coppietta di Colombiani che è con noi è colpita dalla selvaticità dei luoghi, sono in fondo dei cittadini vivendo a Bogotà e di certo non sono abituati a queste lande libere e spopolate. Le pareti che ci circondano sono quasi verticali, le punte aguzze sono quasi innaturali, come disegnate da una mano perversa per descrivere un mondo alieno. E' tutto un susseguirsi di creste seghettate che apparentemente si oppongono a qualunque tentativo di salita; palestre di roccia dove si potrebbero cimentare solamente veri e propri ragni delle montagne. Eppure queste sono zone amatissime dagli escursionisti che le percorrono un lungo in largo proprio per godere delle loro difficoltà alpinistiche campeggiando lungo il circuito per giorni e giorni. I piccoli corsi d'acqua si allargano di tanto in tanto formando laghi sempre più grandi come quello detto anche lago Escondido, Ma quanti sono i laghi escondidi della Patagonia?
Ad ogni piè sospinto ne trovi uno. In fondo lontana, dall'altra sponda, si vede lo scrosciare della Cascata detta Salto Grande proprio sotto il massiccio del Paine Grande la montagna più alta di tutto il parco che supera di poco i 3000 metri. Il lago Pehoe è un'altra meraviglia del parco ma quale non lo è a questo punto e gemma tra le gemme è dotato anche di una piccola isoletta dove è stato costruito un piccolo hotel di lusso che consente, turisti giornalieri permettendo, di godersi in solitaria questa sponda del lago. Facciamo un piccolo giro a piedi per sentirci anche noi degli autentici trekkers (quasi). La vegetazione aspra dura del promontorio che si raggiunge cavalcando un ponticello, è fatta di piccoli cespugli spinosi e di altri ricoperti di fiori gialli. Sono quelli che produrranno le bacche di calafate una piccola bacca che viene utilizzata moltissimo in tutto il Sud America per fare marmellata e dolci di ogni tipo. Certo siamo in primavera e questo è il momento della grande fioritura delle steppe della Patagonia. Sono fiori piccoli e gentili che però punteggiano la pianura e la montagna di colori delicati formando un tappeto punteggiato di lustrini smaglianti come un abito di gala.
Dai punti più elevati dell'isola poi vedere le scarpate che precipitano nel lago a fianco a te ed emozionarti per le cime che si elevano dalla dalla riva opposta e che appaiono come pareti nere che sbarrano ogni desiderio di procedere. Al di là ci sarà certamente una terra incognita popolata di mostri. Siamo intanto arrivati quasi ai margini del parco e percorriamo i bordi di un altro grande lago, il Grey, correndo al fianco delle sue acque tetre e grigie della riva meridionale. Dal lato opposto si vede nitidamente lontanissima, l'enorme lingua del ghiacciaio Grey che si precipita nell'acqua immobile, come freezzata nell'estremo frame di un ralenty infinito che l'abbia congelato per l'ultima volta. Per la verità ci sarebbe un'escursione da fare in battello e che in un paio d'ore ti fa girare il lago e ti conduce sotto il ghiacciaio, ma di queste opportunità ce ne sono talmente tante che per farne almeno qualcuna bisognerebbe fermarsi qui molti giorni. Intanto questa sponda del lago è un punto di sosta classico al termine delle escursioni per tutti quelli che decidono di lasciare il parco dopo tutta la giornata e naturalmente ospita un grande punto di ristoro, un ristorante dove puoi scegliere come toglierti la più grossa.
Tanti pannelli esplicativi raccontano la storia geologica del parco, la sua fauna, la sua flora straordinaria. Camila ci lascia liberi di spaziare intorno per circa un'oretta; chi vuole rimane sulla riva del lago ad ammirare il paesaggio, mentre chi preferisce abbuffarsi al bar o al ristorante può scegliere tra una vasta gamma di piatti locali assieme ai più classici da hamburgheria internazionale. Poi tutto ad un tratto quasi per coronare la giornata si mette a piovere, ma per fortuna non dura molto. Ripartiamo sazi di bellezza anche se un po' dispiaciuti per non aver potuto vedere le cime nel loro più completo splendore, quello che ti regala il sole pieno e il cielo azzurro indaco. Riprendiamo la strada verso sud ma la giornata non è ancora finita; abbiamo ancora uno dei punti famosi di questa zona; la Cueva del midodon, una trazione turistica certamente sopravvalutata ma che dal punto di vista storico ha una sua importanza e per questo la rende imperdibile. Questo mylodonte è un animale molto particolare di cui si parlò molto alla fine dell'Ottocento. Le prime ossa furono scoperte da Darwin durante il suo famoso viaggio, che ritrovò un mandibola dell'animale.
Da quel momento si scatenarono gli studiosi dell'epoca preistorica e dei costruttori di chiacchiere che attorno a questo animale costruirono leggende incredibili. Per qualcuno il mylodonte era un animale vivente ancora oggi e quindi questo mosse una immediata ed affannosa ricerca che ovviamente risultò infondata ma il fatto che di questo animale preistorico furono ritrovate anche parti della pelliccia come per i mammuth siberiani, cosa che continuò ad alimentare la leggenda, al punto che il venire in possesso di qualche frammento di palle congelata della bestia divenne un punto di orgoglio per i museo paleontologici di tutto il mondo. Chatwin nel suo libro In Patagonia racconta per interi capitoli e con gustosi aneddoti tutta la vicenda e lì vi rimando se vi siete incuriositi, Fatto sta che proprio questa grande Grotta della provincia di Ultima Esperancia, a 25 km da Puerto Natales furono ritrovati i resti di questo bradipo preistorico, della lunghezza di tre quattro metri e del peso di due tonnellate. D'altra parte è noto che tutta la parte sud dell'America meridionale è un colossale giacimento di fossili di ogni era geologica da i dinosauri ai più recenti di epoca pleistocenica.
In questo caso si trattava di uno dei grandi animali che popolavano la terra nel Pleistocene e che al termine dell'ultima glaciazione di circa 12.000 anni fa si estinse definitivamente, sia a causa della caccia degli uomini che avevano ormai popolato anche queste zone e del cambiamento climatico in atto. Di questo animale furono trovati molti resti assieme alle prove, ossa fratturate e bruciate, del fatto che gli umani dell'epoca se ne cibassero. I frammenti di pelle e di pelliccia sono ancora oggi conservate in diversi musei naturalistici di tutto il mondo. Tuttavia il mylodonte più famoso (Mylodon darwinii, dallo scopritore che ne rinvenì per primo una mandibola nelle terre più a nord), come ho detto, è stato trovato in questa grotta, che è diventata ormai una attrazione turistica internazionale della Patagonia. Un piccolo sentiero conduce attraverso un parco che è stato attrezzato per raccontare la fauna del Pleistocene, che presentava qui molti altri grandi mammiferi come cavalli primitivi e camelidi di diverse specie, fino ad arrivare a questa maestosa grotta dalle grandissime dimensioni, è alta altre trenta metri, che si affaccia su una scarpata di ricca di grotte di rocce sedimentarie che appaiono alla vista come un conglomerato di conchiglie di ogni tipo.
Un vero e proprio cemento rappreso di animali marini morti e ammassati gli uni sugli altri in un pastone che si è essiccato nei millenni. Questo mylodonte invece, non era altro che un gigantesco bradipo impellicciato, dalla pelle ricoperta di piccole squame come gli armadilli e proprio all'ingresso della grotta potete oggi ammirare una statua che lo riproduce in tutto il suo splendore e sotto la quale potrete farvi i selfie di rito. La caverna, davvero imponente, è una delle tante che si aprono nel versante di questa zona montuosa nei fianchi del Cerro Benitez, denominata Sierra del diablo. Bisogna pensare a questa zona come a una gigantesca area completamente ricoperta fino all'ultima era glaciale da centinaia di metri di ghiaccio che nel quaternario hanno ricoperto tutta questa parte della Terra; poi al momento dello scioglimento, valanghe di fango e di acqua, assieme a colossali flussi morenici hanno cominciato a devastare come tutta l'area formando centinaia di caverne che si sono poi cementate in rocce sedimentarie e puddinghe. Comunque sia al di là del suo interesse scientifico il monumento è una curiosità turistica che attira tutti quelli che girano da queste parti e fa parte della messa cantata che si deve recitare se visiti il sud della Patagonia cilena. L'avere letto in precedenza il libro di Chatwin contribuisce tuttavia a rendere più piacevole la visita è accettabile l'sborso per l'ingresso al parco.
Comunque tra le foto, il giro nella caverna e la lettura dei cartelli esplicativi peraltro abbastanza interessanti che raccontano la parte scientifica di questo territorio durante il tardo pleistocene, il tempo passa e si avvicina la sera anche se da queste parti è chiaro fino a tardi, visto che continuiamo a spostarci verso sud. Rientriamo in città passando al fianco di enormi rocce precipitate dalla montagna a cui sono stati dati nomi di fantasia, come la Sedia del diavolo e la roccia della Vergine Patagonica, che è ancora chiaro e l'aria limpida e priva di nubi che abbiamo lasciato alle torri del pile ci accompagnano lungo tutto il fiordo con le casette di legno colorato che si specchiano nell'aria livida. Certo il paesino ha l'aria classica delle terre estreme dei pescatori scandinavi, ma l'aria generale dimessa, gli stessi colori delle case, sbiaditi e male in arnese danno una sensazione di dimessa povertà e di rassegnazione quasi si trattasse di una sorta di isole Lofoten di serie C. Sono intanto ormai le 18 e come previsto e salutiamo José e Camila che sono stati davvero gentili ed efficienti e che ci riportano in albergo. come si dice, stanchi ma felici per la giornata trascorsa.
Decidiamo di nuovo per la cena alla Picata de Carlitos che ieri sera ci era proprio piaciuta e io mi faccio uno spettacolare filet mignon da 400 gr, alla faccia del mignon, completato poi da un budino al dulce de leche che restituisce al corpo sfatto le calorie perdute durante la giornata e devo dire che torniamo a casa soddisfatti. Lungo la strada, sul marciapiede, non puoi fare a meno di notare una serie di cassette di diverse dimensioni che contengono anche coperte e ripari di vario tipo. sono cucce per i cani randagi che vivono in città; evidentemente la sensibilità verso questo aspetto non è secondaria in queste aree estreme e apparentemente selvatiche del mondo. Rimaniamo un po' nella sala comune a chiacchierare, poi prenoto il taxi per domani e intanto ritroviamo la coppia dei due ragazzi che ci raccontano il loro giro a piedi all'interno del parco anch'esso un po' deludente a causa del tempo. Intanto fa un freddo cane diciamo la verità, la temperatura di notte qui scende abbastanza e quindi ce ne andiamo a dormire ben coperti, mentre fuori si è messo a piovere che Dio la manda. 
SURVIVAL KIT
Cueva del mylodòn - Attrazione turistica sulla strada di ritorno dal parco delle torri del Paine e che viene incluso normalmente nelle escursioni. Consiste in un grande caverna dove sono stati trovati i resti di questo animale preistorico che viveva comunemente nell'America del Sud circa 12.000 anni fa. Nel luogo i resti non si possono più vedere naturalmente, ma c'è solo una statua rappresentativa dell'animale e cartelli esplicativi. Il sito è comunque interessante e merita una deviazione. Biglietto 22.000 pesos
Restaurante Picada de Carlitos - Esmeralda 581 - Puerto Natales. Bel locale molto frequentato nella via principale in pieno centro. Servizio gentile e puntuale. Piatti classici e tradizionali. Porzioni decisamente abbondanti. Carni e pesce in quantità. Noi ci siamo stati due sere consecutive e abbiamo avuto, bisteccone tenerissime e un filetto imperiale, pavé di salmone in salsa di gamberi e alla plancha, tutto buonissimo. Calcolate cerca 20.000 pesos a testa incluso dessert e mancia 10% obbligatoria.

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1 commento:
Bravo. Bravo!!!
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