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La costa Atlantica della Terra del Fuoco - Argentina - novembre 2024 |
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Lago Fagnano |
Il lago Fagnano, sulla cui sponda meridionale continuiamo la circumnavigazione dopo essere ritornati sull'asfalto consolatorio della ruta 3, è davvero uno specchio d'acqua di dimensioni ragguardevoli, certamente in tono con questa terra dagli spazi sconfinati, che qui, fuori dalle poche case che trovi quasi per caso lungo la via, ti appare in tutta la sua incredibile solitudine. Boschi e radure, pascoli e poi steppa dura e inospitale, su tutto la cappa assoluta di una terra inabitata e anche in un certo senso ostile all'uomo, che diversamente cercherebbe di allargarsi anche qui, con la continua ed inesauribile fame di terra che lo accompagna dall'inizio del mondo. Alla fine del lago, dopo una ventina di chilometri, un'altra cittadina, 10.000 abitanti sparsi, Tolhuin. Quando ci arrivi non avverti neppure il senso di città, tanto le piccole case di legno dipinte un tempo di colori vivaci, oggi un po' stinti a segnalarne la irrimediabile decadenza, appaiono spargole e distanti tra di loro, quasi volessero sottolineare quel loro non sentirsi città vera, ma agglomerato casuale e niente affatto bisognoso di quei servizi che caratterizzano un insieme cittadino. Ci fermiamo in quella che appare come la zona centrale, contrassegnata da una rotonda da cui si dipartono una serie di strade in tutte le direzioni, con qualche auto parcheggiata.
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La chiesa di Tolhuin |
Una chiesetta, naturalmente chiusa, con uno scheletro di campanile a fianco, che forse non ricorda neppure il suono dei battiti di campana, poi un locale proprio sul bordo della rotonda, che sembrerebbe essere il punto focale del movimento, con al centro due grandi statue di legno che rappresentano due indios. Funge infatti da negozio tuttofare, come da noi in quei centri montani vicini al totale spopolamento, ma anche bar e punto di ristoro che fornisce panini e qualche piatto caldo. Ogni tanto entra qualcuno a comperare qualcosa, con l'aria stanca dei senza speranza; ai quattro tavolini, un paio di perdigiorno accoccolati sulle sedie claudicanti, come ci sono in ogni bar di paese che si rispetti e una barista piccola e grassa appoggiata al banco in attesa di qualcuno con cui parlare. Ma neanche le mosche vengono a turbare il suo torpore meridiano. Tanto per movimentare le acque consumiamo un gelato che stazionava nel congelatore probabilmente dall'epoca del milodonte, mentre un bimbo che vegeta immobile in attesa di crescere, al tavolino accanto a noi, ci squadra come animali provenienti da un altro mondo, sarà perché io sembro un albero di Natale carico di apparecchi fotografici appesi al collo. Alla fine riprendiamo la strada verso Rio Grande, per fare almeno quella cinquantina di chilometri che ci separano dall'Oceano Atlantico. Di qui in poi non incontreremo più una casa o una macchina, non troveremo più tracce di vita umana.
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Tolhuin |
Il terreno si è completamente spianato, le montagne che già prima si scorgevano appena lontane e quasi abbozzate, sono completamente scomparse. La linea dell'orizzonte appare ormai completamente piatta e anche il verde è scomparso col bosco. Via via si sono diradati anche i cespugli di erba che ormai è rappresentata solamente da cespi fatti di fili duri e grigi, come la polvere che ricopre la piana. E' la steppa patagonica più pura e severa. La strada è diventata un rettilineo di nastro asfaltato di cui non vedi la fine e che si perde tra terra e cielo. Raramente incroci un camion solitario in direzione contraria alla tua, che appare dapprima come un puntino lontano e che poi ti arriva addosso quasi inaspettato, ingrandendo la sua sagoma di colpo fino a che non ti incrocia con una rumore di tuono quasi ti avesse schivato per sbaglio e comunque malvolentieri. Solo al tuo fianco, con metodica monotonia le bianche pietre miliari scandiscono lo spazio ed il tempo. Qualche famiglia di guanachi rompe la monotonia attraversando la strada per tentare di farsi schiacciare da autisti distratti. 2832 km a Buenos Aires, 2830, 2828, 2826, come un pendolo implacabile di due in due la capitale ti chiama a sé, come se volesse portarti via da quel suo possedimento lontano ed ignoto e ti chiedesse di arrivare finalmente alla sua girandola vorticosa fatta di calcio, di tango, di musica e follia. Pare come un miraggio vicino eppure irraggiungibile, come le morgane che l'evaporazione dell'umidità fanno comparire sulla superficie liscia dell'asfalto che si perde nel cielo.
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Ruta 3 |
Ad un certo punto, alla tua destra senti, come per un'eco lontana, il rumore del mare, che ti chiama quasi fosse un canto ritmico e cadenzato di sirene esotiche. Al di là dell'avvallamento costiero infatti, una spiaggia larghissima, di centinaia di metri si allunga senza che i tuoi occhi riescano a valutarne la fine. E' una spiaggia grigia, ricoperta di frammenti infinitesimali di conchiglie, che digrada nell'oceano con esasperante lentezza, sulla quale il gioco delle maree ha lasciato strisce parallele di alghe marcescenti, che spargono nell'aria un odore di mare forte ed inconfondibile. La superficie dell'acqua che pure, nella giornata bella e soleggiata, è ragionevolmente calma, è comunque spazzata dal vento teso e continuo, che la percuote senza la volenza delle folate che si abbattono nelle tempeste, a scatti irregolari, ma tuttavia, appena volgi lo sguardo al di là della riva forma onde che si gonfiano con forza per raggiungere il largo, decise e corpose. D'altra parte qui siamo nei famosi cinquanta urlanti, mari da tempeste spaventose raccontate in ogni libro di marinai veri, che in queste latitudini si sono avventurati; siamo infatti a meno di duecento chilometri dal canale di Drake, il più spaventoso tratto di mare del mondo e camminare sulla riva dà, anche in una giornata assolutamente placida come questa, un senso di cautela e di rispetto verso questo infinito blu che continuando verso est, circonda completamente il nostro pianeta.
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Atlantico |
Che sensazione di potenza rispetto alle nostre misere pozze di acqua del Mediterraneo! Non siamo uomini per queste dimensioni; i nostri luoghi sono le piccole cale delle isole greche o i paesini appollaiati sul mare delle nostre coste, qui ci sentiamo davvero lontani, senza parole da dire, senza pensieri da svolgere o sogni da imbastire. Solo aspirare questa aria carica di sale e di umidità che si deposita leggera sulla fronte, mentre i raggi ultravioletti non sbarrati da alcuna barriera, la abbrustoliscono. Davvero pochi luoghi che abbia visto nel mondo, mi hanno dato questo senso di mancanza di limiti, di confini, di presenze. Di qui è inutile proseguire, arrivare fino a San Sebastian, vorrebbe solamente cercar di toccare una ennesima sbarra di confine senza altro da vedere o da considerare, inutile segno umano, che cerca di segnare, di limitare spazi come affermazione di presenza e possesso. E' meglio allora rimanere almeno un po' seduti sulla riva come perduti in quella solitudine assoluta riempirsi gli occhi di quell'oceano tante volte immaginato, ma che mai potevi figurarti così grande e possente.
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Toninas |
Ed è qui che i sogni prendono forma, forse per i troppi pensieri, forse perché in tarda età (facciamo più di 310 anni in quattro!), l'ossigeno arriva in quantità minore al cervello, ma ecco nell'acqua, appena sotto la superficie, verde e azzurra presso la riva, materializzarsi un gruppo di sirene mitologiche, ma così diverse da quelle raccontate, seppure portatrici della stessa malia. Come uno stormo di rondini che si rincorrono in un cielo limpido e terso, un gruppo di piccoli delfini neri con la pancia bianca a macchie, passano veloci lungo la riva, saltando, immergendosi veloci e uscendo dall'acqua con curve eleganti, quasi fosse un invito a seguirli. Sono le Toninas, (Sagmatias australis), tursiopi abbastanza comuni in queste acque, detti anche delfini panda per il caratteristico disegno del loro mantello, che li fa apparire come piccole orche ma senza la ferocia delle loro sorelle maggiori. Uno spettacolo bellissimo ed inaspettato che scivola via verso sud, lasciando solo una sensazione del suo passaggio, che ti lascia nell'incertezza di averlo forse solamente immaginato. Riprendiamo la strada verso casa, visto che i chilometri sono tanti, ma poco alla volta ecco il paesaggio che ormai ci è noto, le montagne incappucciate, la calma delle acque del canale, la baia di Ushuaia, ormai colma di grandi navi, visto che si avvicina la sera.
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Arriva il temporale |
Riconsegniamo la macchina senza sorprese, concordando che questo è un ottimo modo per girare in autonomia da queste parti e sicuramente il più economico. E' ancora presto, ma memori della coda di ieri sera, adocchiamo un ristorantino, che sembra molto accattivante e ci mettiamo davanti qualche minuto prima dell'apertura delle 19 e infatti poco dopo, la coda dietro di noi si allunga su per le scalette che portano alla terrazza di ingresso. Intanto ha cominciato a piovere, visto che per tutto il giorno c'è stato il sole e qui è già troppo secondo la consuetudine. Il locale si riempie in un attimo e la gentilissima cameriera, già decisamente avanti col bimbo che porta in grembo, ci stupisce prendendo contemporaneamente le ordinazioni di 7 tavoli (quasi tutte diverse) senza prendere un appunto ed i piatti arrivano in ordine e tutti secondo le comande. Miracoloso direte voi, lei dice che è abituata, ma una memoria così non l'avevo mai vista. Mangiamo con costanza ammirevole e generosa applicazione e ce ne andiamo sazi e contenti, visto che il filetto ordinato era di rara tenerezza e dato che ha già smesso di piovere, andiamo a dormire presto, già che domattina si parte. Ushuaia ha dato quel che doveva e ormai possiamo lasciare la casa agli ospiti successivi.
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Guanachi |
SURVIVAL KIT
Bodegon fuegino - Av. San Martin 859 - Bel ristorante tradizionale, all'estremità ovest del centro, sempre nella strada principale. Ance questo molto affollato con code all'ingresso, per cui andate presto. Arredamento tradizionale, menu di piatti classici argentini e di mare, ottima carne alla griglia. Servizio inappuntabile, veloce e preciso. Filetti succulenti e pesce con contorni, dessert di mousse al cioccolato, in quattro 90.000 pesos con mancia. Il migliore che abbiamo provato in città. Consigliatissimo.
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Sul lago
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