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Mirador de los Cndores - El Chaltèn - Patagonia Argentina - Novembre 2024 |
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Ingresso al parco |
Al casotto biglietteria non c'è quasi nessuno. Questo è un posto da alpinisti ed amanti della montagna non una zona da fighetti come il Perito Moreno, dove trovi la qualunque che starnazza a destra e a manca in cerca di selfie. Alla fine qui bisogna aver voglia di camminare almeno un po' e ogni sentiero, ogni stradina laterale ti portano a balconate su viste mozzafiato, per cui ci vengono solo veri camminatori da tutto il mondo. E tu cosa ci sei venuto a fare allora, direte voi. Va là che al momento opportuno vedrò di fare il mio. Comunque parlo un po' col tizio, tanto per rompere il ghiaccio, pronto ad un nuovo maxiesborso, visto che oramai ci siamo abituati a questa mungitura continua, anche se mi dichiaro anziano italiano e quindi quanto meno aspirante allo sconto. Invece con mia grande sorpresa, visto che ho esibito il ticket d'ingresso di ieri, dall'altro lato, non mi fa pagare nulla! Anzi mi fornisce pure la cartina del sentieri, quindi, leggero nell'animo e ancor pesante nel portafoglio, superiamo la barriera e prendiamo la pista di destra che va verso il valico cileno e aggira il massiccio dalla parte del sole. Dopo circa tre chilometri, ci fermiamo e prendiamo a piedi un sentierino laterale che penetra la mata patagonica che qui diventa particolarmente ricca e fitta, costituita soprattutto di alberi di Lena dai tronchi rossi e scortecciati e di Nire, l'altra essenza arborea più comune da queste parti.
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Chorrillo del Salto |
Il sottobosco fuori dal sentiero è quasi impenetrabile, coperto com'è di arbusti alti e spinosi dai rami contorti e legnosi, ricoperti di una intensa fioritura vermiglia. Sembra di camminare in un frutteto di bacche rosse in primavera. Dopo una mezz'oretta di gradevole passeggiata si arriva ad una spaccatura nella roccia che si allarga in una radura nascosta dove gorgoglia un torrente che si è scavato la strada nella montagna. In fondo, l'acqua precipita dall'alto di una bella cascata, il Chorrillo del Salto. Il posto giusto per fermarsi seduti su una pietra a riposare guardando le cime che spuntano dietro le balze di roccia. Mentre tiriamo il fiato Maria ci racconta un po' della tragedia economica che sta avvolgendo il paese. Gli stipendi sono rimasti attorno ai 500.000, con un cosiddetto salario minimo di 300.000 che non basterebbe neppure per pagare un affitto di un piccolo alloggetto, ma le spese sono aumentate in maniera irrazionale ed esagerata, lei ad esempio paga di elettricità 150.000 al mese, tanto per capirci. In pratica il potere di acquisto delle famiglie è stato completamente devastato e molti per buon peso, hanno anche perso il lavoro. La situazione è abbastanza critica e le proteste comunque aumentano anche se il nuovo presidente mantiene un certo consenso comunque, specialmente da parte di chi riesce ad "aggiustarsi" come si dice.
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Cerro Torre e ghiacciaio Torre |
Tuttavia non è chiaro come si evolverà la situazione anche se l'iperinflazione che da sempre ha devastato il paese, sta rallentando un po'. Il problema è che manca il potere di acquisto e quindi il consumo interno non riesce a decollare. In effetti questi paesi sudamericani malgovernati da decenni da politici populisti per antonomasia, lo hanno inventato qui questo termine, non riescono ad avere la forza di uscire dal loop e qualunque ricetta economica venga proposta si infrange poi con la dura realtà impossibile da scalfire con le parole e condizionata dai debiti pregressi Questo andrebbe sempre ricordato a tutti quelli che propongono dai banchi delle opposizioni semplici ricette, senza mai ricordare le montagne di debito che gravano sulle spalle delle nazioni, contratti per compiacere votanti e promesse elettorali. Ma penso che siano parole vane e pensieri in libertà, mentre tra queste montagne conta solo respirare la pura aria delle vette e il vento teso che pulisce il cielo, mentre scende dai nevai. Ritorniamo lemme lemme alla macchina nel bosco punteggiato di rosa e di giallo. Infine procediamo verso la frontiera lungo la 23 che segue la larga valle glaciale percorsa dal Rio Las Vueltas che raccoglie le acque delle piccole lingue di ghiaccio che arrivano dalle montagne. Dietro di noi, il dente maestoso del Fritz Roy giganteggia ricordandoci la sua ineguagliabile presenza.
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Rio las Vueltas |
Il letto del fiume qui si allarga molto producendo un greto ghiaioso dove le acque non ancora abbastanza ricche, lo saranno forse tra un paio di mesi, si sono divise in cento rivoli diversi che nella scorsa stagione hanno, con la loro furia devastatrice. portato a valle tronchi morti e residui di ogni tipo, strappati con forza dalle foreste che hanno attraversato nella loro smania di scendere a valle per raggiungere il mare. Anche di qui partono invitanti sentieri che penetrano il massiccio e che sembrano chiamarti con delicate voci di sirene maliarde alle quali noi resistiamo con fermezza e anche un po' di spocchiosa noncuranza, nonostante il possesso esibito di robuste pedule da trekking avanzato prese in sconto da Decathlon prima di partire. Semper parati, diciamo così. Un poco a destra lo spettacolo del ghiacciaio Cagliero, che si apre spezzandosi in mille crepacci su un burrone di qualche centinaio di metri lascia senza fiato. Qui siamo al limite nord del parco e visto che non intendiamo compiere l'ennesima traversata della cordillera verso il Cile, che porta fino Villa O'Higgins, una parte della quale deve essere svolta a cavallo. Questo è un itinerario bellissimo che avevo a lungo valutato, tuttavia impossibile da programmare con certezza vista l'impossibilità di pianificare i mezzi, traghetti e bus, dalla parte cilena e bisognoso di quasi una settimana se non si trovano le giuste coincidenze.
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Ghiacciaio Cagliero |
Questo è quanto si deve rinunciare se si è turisti con biglietti con date certe in tasca e non, purtroppo, viaggiatori come si conviene e come si ambirebbe essere. Ritorniamo dunque lungo la 23 ripercorrendo i nostri passi lungo la parte sud del parco da dove partono i sentieri verso il Cerro Torre che intanto è comparso da dietro il suo compagno e si esibisce in tutto il suo splendore di dente di granito verticale e perfetto, illuminato dalla luce pomeridiana come dalla pila di un dentista. Ci facciamo forza e si decide di "comune" accordo di andare quantomeno al Mirador de los Condores, che giganteggia sulla cittadina qualche centinaio di meri più in alto. La stradina prende subito decisa verso l''alto ma non sembra presentare grandi difficoltà, basta seguire i gruppi di escursionisti che baldanzosi, ragazzini compresi, ascendono verso le vette. Certo ognuno va col suo passo ma diciamo la verità la fatica nell'anziano si fa subito sentire e si moltiplica compulsivamente anche per il malcelato timore di mettere il piede in fallo, fa rallentare l'andatura, un occhio alle mortali asperità del terreno, l'altro rivolto verso l'alto nella speranza di vedere volteggiare i condor che qui, a quel che si dice, allignano, ma per ora nessun "condor pasa". Quando arriviamo al crinale, il sentiero si divide e una parta va verso il mirador de las aguilas, ma noi procediamo indefessi verso il promontorio di roccia rossa che si allunga verso la città e che è la meta del nostro cammino.
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La piramide |
Il vento è teso e freddo come si conviene, così da far gelare e rapprendere sulla schiena i goccioloni di sudore che la fatica bestiale produce, ma niente pietà, zaino in spalla eppur dobbiamo andar. Sempre più in alto allora, come si dice e quando, in anticipo sui tempi previsti dai pessimistici guardiaparco, raggiungiamo l'altura, la vista ripaga però la fatica, la catena si dispiega davanti a noi da un lato in tutta la sua imponenza, col Cerro Torre solitario che quasi puoi toccare e la cittadina ai tuoi piedi dall'altra parte. Che bello starsene seduti sulle rocce ad almanaccare le avventure sognate dai nostri scalatori quando sono arrivati quassù ed erano in cerca di una passaggio, del scegliere una via, quella più accessibile per raggiungere quella cappa di ghiaccio invalicabile che nasconde la cima vera! Contemplando quella parete impossibile senti ancora le ansie che ne accompagnavano le attese per un momento favorevole delle condizioni metereologiche, i desideri e le speranze per il successo nell'impresa, le inevitabili delusioni per i fallimenti ed i tragici momenti di sconforto per chi, quassù ha alfine sacrificato la vita. Un luogo inevitabilmente gravido di sensazioni che il vociare dei ragazzini in gita non riesce a spegnere. Quando il grosso della gente se ne va, si riesce a rimanere in silenzio a guardare le cime immote e solitarie che sfidano chi arriva a salire ancora, le creste seghettate e nere come lame di strumenti titanici, lasciate lì da esseri mostruosi ed incongrui al nostro sentire e la piramide nuda e perfetta, quasi artificiale del monte che chiude la valle a sud.
Intanto di condor neanche l'ombra, nonostante siano andati via quasi tutti. Scendiamo mestamente anche noi, provati ma decisamente toccati da quanto visto. In paese ancora un tempo di decompressione per meditare sulla giornata, masticando un paio di empanadas in un baretto popolato di trekkers stanchi per i cammini percorsi, ma con gli occhi sognanti che riescono a lasciarti questi luoghi magici. E' ora di tornare. Tutto il percorso lungo il lago Viedma, il ghiacciaio lontano che scende nelle sue acque che la luce del pomeriggio ha intanto caricato di turchese, sfilano via nel silenzio della meditazione o sarà la stanchezza, chissà, però nessuno parla. Solitudine assoluta, non si vedono neppure più animali, ritiratisi lontani, salvo qualche Caukenes, una sorta di anatrone giganti, bianche e marroni, che starnazzano lungo le rive del lago. Ci fermiamo ancora a la Leona per chiosare la giornata con il caffè della staffa, poi torniamo in città lungo il rettilineo infinito della ruta 40, giusto in tempo per trovare il cambista ancora aperto che oggi fa il dollaro a 1100. Cambio 500 USD anche perché sono a secco e devo pagare Maria. Naturalmente come accade nei paesi in iperinflazione hanno solo pezzi da 1000 pesos, quindi manca poco che esca con la carriola dei soldi, che ormai nessuno si preoccupa più di contare, visto che li gira a velocità supersonica, una apposita macchinetta, in pratica si va quasi a peso. Pensate che questa sarebbe stata la fine che avrebbe fatto la liretta nostra, tanto per chi ancora non ha capito la fortuna che abbiamo avuto.
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La ruta 40 |
SURVIVAL KIT
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Il Fritz Roy |
Restaurante Pietro's - Av. Libertador 1002 - El Calafate - Ben posizionato, all'inizio della via principale, caffè ristorante che presenta piuttosto bene. Piatti classici argentini. Noi abbiamo avuto quattro milanesas a cavallo (con l'uovo fritto sopra) piuttosto secche e deludenti per 76.000. Anche gli altri piatti che giravano sui tavoli non mi hanno destato grande entusiasmo.

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