domenica 17 dicembre 2023

Corea 23 - Il tempio Beomeosa

Tempio Beomeosa - Busan - Corea del sud - ottobre 2023
 

Verso Busan

Questa mattina siamo già in piedi alle 7, ho preso uno dei primi bus e non voglio arrivare alla stazione con l’affanno, quindi, caffettino espresso offerto dall’hostel e via veloci col primo taxi che passa. Certo che a quest’ora non c’è proprio in giro nessuno, i coreani non sono mattinieri e le strade sono ancora completamente deserte con i negozi sbarrati, bar compresi, infatti a parte i convenience store tipo 7/11, aprono tutti verso le 9. Anche alla stazione dei bus il bar è ancora in fase di preparazione e la ragazza al banco è più scorbutica che mai, si sarà svegliata male, perché mi risponde a malapena e sembra sempre che abbia altro da fare. O ci siamo beccati l’unica coreana scortese in circolazione o a quest’ora bisogna proprio lasciarli stare. Comunque ci procuriamo il nostro cappuccino e un muffin alla segatura, che comunque ti mette a posto un po’ lo stomaco in attesa che arrivino le 9 meno due minuti e il nostro mezzo, puntuale come un orologio svizzero si avvicini alla piazzola di partenza. Busan è distante solo un’oretta, meno di 100 km, quindi c’è appena il tempo di guardarsi intorno, apprezzare la nuova bella giornata di sole che si sta preparando e sei già bello che arrivato. Quasi mi dispiace lasciare Gyeongju, una città che sicuramente ho amato, ma il tempo è quello che è e le cose notevoli le abbiamo viste tutte, anche se un poco in fretta. 

Periferia di Busan

Certamente sarebbe stato bello passare del tempo camminando sui sentieri del parco del vicino monte Namsan, ma ci vogliono giorni e cosa non secondaria, gambe con meno anni, che ci vogliamo fare, c’è un tempo per ogni cosa. Intanto che rimugino, siamo già in città. Sfilate di case alveare da 25 o più piani, riempiono quartieri nuovi lungo l’autostrada e le pendici dei rilievi che si aprono in vallette laterali. Si vede che si tratta spesso di nuove conurbazioni, segno che la città si sta espandendo e cerca spazio come una vasca a cui stia debordando l’acqua da tutte le parti. La stazione di arrivo è abbastanza fuori dal centro dove ho scelto l’albergo, ma qui siamo in una grande città, la seconda della Corea, oltretutto molto sparsa tra le colline e le distanze sono grandi.  La stazione è altrettanto grande e prendo subito il biglietto per quando torneremo da Jeju, per la destinazione successiva, visto che questo modo di agire garantisce una perfetta organizzazione del percorso senza la necessità di prenotare online, che per i vecchietti con le dita grosse rappresenta sempre un problema. Poi decidiamo per il taxi, anche se in effetti si potrebbe arrivare piuttosto facilmente con la metro, ma bando ai braccini corti ed eccoci sull’auto che ci fa attraversare tutta la città. In effetti il tragitto è piuttosto lungo e col traffico in aumento ci mettiamo quasi un’ora ad arrivare. Il nostro driver fa il saputello ma arrivato in zona fatica a trovare l’albergo. 

In preghiera

Comunque alla fine eccoci sbarcati a destinazione, con lo stomaco in subbuglio dato che il nostro, guidava l’auto come una barca tra le onde, scodinzolando col volante di qua e di là come se timonasse per rimanere in linea col vento di poppa. Siamo decisamente nel pieno centro di Seomieong, uno dei quartieri centralissimi della movida serale, ma a quest’ora vedi solo negozi che si stanno svegliando dai bagordi della sera precedente. L’hotel Angel è sorprendentemente bello, in proporzione al suo costo, ma siamo arrivati troppo presto, sono le 11 e le stanze non sono disponibili fino almeno alle 15, come ci spiega una affannatissima signorina, che pigola disperata dietro al bancone, preoccupata di non servirci adeguatamente. Tranquilla cara, lasciamo qui i bagagli e andiamo a fare un giro nell’attesa. La ragazza cerca di darci il massimo dei consigli possibili, complici le differenze di linguaggio e la nostra durezza di comprendonio e alla fine decidiamo di fare un salto al tempio Beomeosa, dove si arriva comodamente con la metro che raggiungiamo con destrezza, secondo indicazioni e ausilio dell’app indispensabile, che abbiamo opportunamente caricato prima della partenza. Che comodità questi mezzi moderni; non riesco più a concepire come ci si potesse spostare una volta, senza questi ausili tecnologici. 

Un guardiano

Comunque, gambe in spalla eppur dobbiamo andar. La discesa nei meandri del sottosuolo è semplice, visto che un ingresso della linea 1 è proprio al termine della nostra via, ma sottoterra c’è un’altra città e raggiungere la banchina del nostro treno è una bella impresa che comprende: trovare la giusta via nel dedalo del centro commerciale che occupa almeno tre isolati sotterranei, capire qual è la nostra linea, la arancione, trovare la giusta direzione dove andare per dove dobbiamo andare, caro Peppino e alla fine scopri che abbiamo fatto almeno  un chilometro sottoterra prima che la porta della nostra carrozza si apra magicamente davanti a noi. Non rimane, osservando la fauna che ci circonda fatta di giovani incollati ai telefonini e qualche raro anziano stortignaccolo, che controllare con la coda dell’occhio il display dove compaiono i nomi delle stazioni successive e prepararsi a scendere quando arriva la nostra, la penultima prima del capolinea, che tra le altre cose è quasi vicino alla stazione dei bus da dove siamo venuti.  Risaliamo a riveder le stelle e ci troviamo in quartiere periferico dall’apparenza popolare con negozietti tradizionali e case piuttosto attempate. Chiedo lumi ad un ragazzo che sta aggiustando i mandarini nelle cassette fuori del suo negozio e quello mi indica dove prendere l’autobus che porta fino al tempio, un paio di chilometri nella foresta che risale la collina adiacente. 

Il bosco di bambu

In effetti la fermata è bene indicata e in pochi minuti arriviamo alla base della scalinata che porta al Beomeosa, dove scendono quasi tutti. Intorno la foresta di latifoglie fitta e formata da grandi alberi di alto fusto che hanno formato ormai un grande tappeto di foglie ingiallite con qualche macchia rossa di aceri qua e là. E qui cominciano le scale, perché sembra sempre tutto facile, ma la strada per il paradiso te la devi guadagnare e quindi anche qui come da ogni altra parte, raggiungere la salvezza dello spirito o ameno arrivare ad averne la possibilità, è fatica dura, sudore, lacrime (se ti fanno male i piedi) e sangue (metaforico questo), ma comunque i gradini sono erti, di pietra irregolare, ma soprattutto tanti, tantissimi e ad ogni rampa ti giri verso l’altro e non vedi altro che la rampa successiva e poi ancora e ancora, fino allo sfinimento. Alla fine comunque arrivi, ma lo stato d’animo non è quello della tranquilla accettazione del destino umano quale penso dovrebbe essere l’ascesa delle anime verso un mondo migliore, ma quantomeno una certa irritazione perché in fondo chi ce lo fa fare, ma è il nostro destino, questo ci siamo cercato e questo dobbiamo subire. Tuttavia il tempio è davvero bello, uno dei più maestosi che abbiamo visto fino ad ora. 


Monaci

Su terrazze successive, si allungano diversi padiglioni circondati di fiori e seppure lo stile costruttivo sia sempre simile, ti dà una bella idea di grandiosità. Ci sono molti fedeli che pregano ed assistono alle funzioni e i monaci che conducono le preghiere contribuiscono al luogo, con il loro salmodiare a voce bassa e profonda, un senso di innegabile sacralità. Ti perdi ad ammirare i soffitti minuziosamente dipinti, le pareti con le simbologie iconiche dispiegate a riempirle completamente, le lanterne colorate appese negli esterni quasi a formare nuovi ambienti, mentre tutto intorno i profumi del bosco che ti circonda, aiutano a creare una atmosfera di tranquilla pace interiore. I templi, in tutte le culture sono oasi di sedazione dalla furia della prevaricazione umana, almeno dove non ci sia un clero di predicazione malevola e di certo deformato rispetto alla primitiva concezione spirituale che stava alla base dell’ambaradan. Ma anche questo è nella natura dell’uomo, creare problemi dove non dovrebbero essercene. Facciamo un giro anche nella parte inferiore del tempio dove c’è una grandissima sala mensa dove i pellegrini hanno la possibilità di essere ristorati nel corpo, dopo aver precedentemente alimentato l’anima. Dalle dimensioni della sala e delle cucine, si aspetta molta gente da queste parti, forse anche in corrispondenza di particolari solennità. Qui si serve, offerto dai monaci, un particolare bibimbap, il pasto di riso con tutta una serie di verdure, contorni vari e salsine, che dicono molto buono. 

Scelta delle frittate

Noi passiamo anche se non abbiamo già dato, visto che abbiamo altro in programma. Comunque noi prendiamo la via della discesa, riprendendo il bus che ci porta alla città, dove anche noi però, dobbiamo pensare alle calorie spese, evidentemente da ripristinare. Qui tra le altre cose, almeno così recitano le guide e il programma che mi ero fatto, non si può perdere una particolare frittata di cipolla verde, la Pajeon, famosa in tutto il mondo che infatti, tutti i ristorantini e le trattorie della zona, che nella via che porta alla metro si susseguono l’una dopo l’altra, propongono nei menù scritti all’esterno. E’ un tipico piatto coreano, ma sembra che qui si raggiunga il top assoluto nell’articolo specifico e perché proprio noi dovremmo perdercela, chi siamo per andarcene via, abbandonando orgogliosamente la posizione senza sottoporci alla prova! Scegliamo dunque un bel localino con giardino, dove un baldo ragazzone, capisce al volo cosa vogliamo, dato che qui evidentemente, il piatto è tra i più gettonati e quindi ecco qua che dopo poco arrivano le nostre due belle frittatone, una, appunto, alle cipolle verdi e l’altra di fagioli, la bindaetteok o nokdu, da non confondere con  l’altra e che è addirittura più buona della prima e che potremmo assimilare alla nostra farinata, tanto per capirci (con le solite birre Cass, 30.000 W, ma li valevano tutti). Una bontà! Se siete in difficoltà chiedete green onion pankcake e mung bean pancake e vi capiranno. Così soddisfatti e satolli, riprendiamo la nostra metro ed arriviamo al nostro albergo, non prima di esserci persi all’arrivo, nei meandri dello sconfinato sotterraneo e poi fuoriusciti finalmente alla luce, riperduti alla ricerca della nostra via, nonostante Navel Map, nell’uso della quale non ho ancora evidentemente preso la mano. Per fortuna una ragazzina gentile, ci accompagna addirittura per tre isolati al fine di riportare al ricovero, che è brutto lasciare in mezzo alla strada i vecchietti dispersi, che poi avvisano Chi l’ha visto. Così eccoci nella hall dove la nostra amica squittisce di gioia al vedere che siamo tornati sani e salvi, visto che ci attendeva a braccia aperte, con la chiave in mano e la camera pronta.

L'ingresso

 

SURVIVAL KIT

Il cortile del tempio

Parco del Monte Namsan a Gyeongju – Paradiso per i Trekkers, una foresta dove innumerevoli sono i percorsi, da godere specialmente durante il periodo del foliage, che tra l’altro è anche il meno piovoso. Nella foresta ci sono anche tredici tombe reali e innumerevoli tempietti da visitare. Raggiungibile dalla città con i bus 500-505-506-507.

Da Gyeongju a Busan – Circa un’ora di bus, ce ne sono almeno uno ogni ora. 7.700 W. La stazione è molto fuori dal centro, in taxi calcolate col traffico almeno 50 minuti e circa 28/30.000 W. Se ne avete voglia, molto vicino c’è il capolinea Nopo della metro 1 arancio che vi porta fino in centrocittà più o meno nello stesso tempo, ma con più fatica se avete i bagagli.

Frittatona

Beomeosa temple – Tempio buddista, variante Seon (vicino allo zen giapponese) tra i più importanti della Corea, fondato 1300 anni, fa in una foresta ai margini della città. Si raggiunge facilmente con la linea 1 arancio, fermata Beomeosa, la penultima prima del capolinea di Nopo. Dall’uscita della metro prendere la strada in salita girando a sinistra dopo 50 metri e raggiungere (100 metri circa), la fermata del bus 90 che porta in un paio di km alla base della scalinata che porta al tempio. Qui si può anche dormire e partecipare alla vita del tempio, preghiera e meditazione con lezioni di cerimonia del thé, tutto prenotabile sul sito del tempio stesso.  Nel tratto di strada che porta al bus ci sono numerosi ristoranti che offrono un piatto famoso della zona: la pajeon, frittata di cipolle verdi.

Angel Hotel – 46-7, Jumgang-daero 692 Beon-gil, Busanjin-gu – 3 stelle, presenta molto bene di fuori, recentemente ristrutturato, camere come sempre piccole ma più curate. AC, Wifi ottimo nelle camere, TV, frigo, accappatoi e phon, cassaforte. Bagno ottimo. Pulito e silenzioso. € 38 la doppia (54.000 W), ottimo rapporto qualità/prezzo. Comodissimo come posizione in uno dei centri della movida serale, vicino alla stazione Seomieong della linea 1 arancio e anche alla 2 verde. Personale gentilissimo, che aiuta, al momento sala colazioni in ristrutturazione, buono sconto del 20% per il vicino Tous les jours (pasticceria alla francese). Check-in dalle 15. Consigliatissimo.

Cippi per i monaci


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