venerdì 6 dicembre 2024

Caucaso 30 - Il Vaticano dell'Armenia

Echmyadzin - Cimitero e chiesa delle vergini con Ararat - Armenia - maggio 2024

 

Gyumri la piazza centrale
Dunque dove eravamo rimasti, diceva Tortora, riprendendo al sua trasmissione dopo le sciagurate vicende che lo avevano travagliato? E allora ecco che anche io riprendo il racconto della mia traversata della Colchide dopo quasi un mese di latitanza, che spero mi perdonerete. Eccomi quindi al centro della città di Gyumri ad ammirare le belle case di stile zarista che ancora compongono il reticolo delle ampie strade del centro con la loro solida compostezza. Solida sicuramente, perché quasi tutte hanno resistito al rovinoso terremoto dell'88 di cui già vi ho detto, mentre la sterminata distesa di krushiovke sorte alla meglio, coi muri di carta velina, viste anche, per carità, le necessità abitative di fare in fretta e senza soldi, crollava quasi completamente, lasciandosi dietro una valanga di morti e sepolti vivi. Così tutto il centro cittadino mantiene una sua specificità architettonica che la rendono una città visivamente molto piacevole e viva e a quanto mi dice Gianluca, anche luogo dove deve essere gradevole vivere, visto che anche lui medita prima o poi di venirci a stare. Certo non sarà come la stimolante Tbilisi, che rimane pur sempre una capitale, ma con i tempi che corrono, probabilmente qui si dovrebbe stare decisamente meglio. Ma per avere un ultimo e ancora migliore colpo d'occhio sulla città, saliamo fino al cosiddetto Castello nero, una grande fortezza zarista dalla struttura circolare, una specie di Colosseo senza archi, di pietra nera che sorge sulla collina che domina tutta la valle sottostante. 

Il Castello nero

Dopo vari utilizzi incluso quello di prigione, quasi sempre questi edifici blindati hanno attraversato questa fase durante la loro esistenza, oggi è diventato un grande teatro multifunzionale, dove si svolge una nutrita attività culturale. Riusciamo ad infilarci all'interno, dove sono in corso le prove di alcuni spettacoli con protagonisti gli allievi delle scuole della città. La grande arena centrale infatti è piena di ragazzi che provano, ballano e si muovono sotto l'occhio dei maestri, mentre i compagni all'intorno si comportano come quelli di tutte le scolaresche del mondo, immersi nei telefonini o lanciandosi occhiate languide da lontano, nell'intrecciarsi di promesse di amori eterni destinati a durare almeno fino alla fine dell'anno scolastico. Sulla collina di fronte si erge, come in tutte le buone città sovietiche che si rispettino, il pomposo e gigantesco monumento alle vittime della guerra mondiale, che per il mondo dell'URSS rimane comunque e sempre La Guerra con la G maiuscola, icona incancellabile dalla memoria che deve comunque essere costantemente ricordata ed idealizzata come punto fermo, simbolo di una vittoria del bene e del Comunismo contro il male e che neppure la dissoluzione dell'impero ha messo in secondo piano nella evidenza storica dei popoli di questo mondo. Ancora di più rimarrà, anche nella sua valenza di opposizione sempiterna a quel sistema, comunque europeo od occidentale con cui il nemico successivamente è stato identificato con la guerra fredda e che oggi, con le brame di restaurazione del nuovo despota al potere, vengono e credo verranno riprese con sempre maggiore vigore nel futuro prossimo, anche nei vicini supposti satelliti. 

La statua ai caduti

L'immensa statua femminile nera eretta come di consueto nel pomposo e per il nostro gusto pesantissimo realismo sovietico, alza al cielo il braccio minaccioso, tenendo nell'altra mano il vaso da offrire a chi invece arriva come amico, una iconografia caucasica classica, ripresa anche a Tbilisi e che conferma i sempiterni toni di bolsa retorica propri di tutti i regimi autoritari. Tutta via anche noi seguiamo la via indicata dalla statua e scendiamo verso sud lungo la strada che riporta infine a Yerevan, per fermarci in una ultima tappa a Echmyadzin, ad una ventina di chilometri dalla capitale, dove sorge il cosiddetto Vaticano dell'ortodossia Armena. Tuttavia mentre la strada arriva dritta puntando alla onnipresente sagoma dell'Ararat incappucciato di bianco che domina ogni panorama armeno, non puoi fare a meno di rimanere meravigliato dalla serie infinita di nidi di cicogne che completano ogni palo della luce che scandisce ogni cinquanta metri i bordi della strada. Nessuno ne è privo e nessuno è disabitato. Ognuno di questi spettacolari cappelli di rami e altri residui, raccolti con pazienza infinita dai due genitori, formano una enorme corona in bilico tutt'altro che precario sulla cima di ogni palo. Sopra di questo puoi vedere distintamente i tre o quattro pulcinotti, in questa stagione ormai quasi delle dimensioni dell'adulto che protendono i becchi spalancati in attesa che uno dei due genitori arrivi alternativamente a deporre il cibo raccolto nei dintorni. 

Cicogne

E' un andirivieni continuo di grandi ali che sbattono nella planata finale, calando sul nido, che ti lascia immaginare la loro fatica instancabile, cresciuta a dismisura con l'aumentare delle richieste dei piccoli le cui dimensioni continuano a dilatarsi e tutto questo rappresenta uno spettacolo davvero incredibile al quale tuttavia gli abitanti del posto devono essere ormai abituato da tempo e che invece lascia me ed i miei compagni di viaggio in estatica contemplazione. La cicogna è un animale apparentemente sgraziato e dai movimenti incerti su quelle lunghe e malferme zampe e le oscillazioni dei lunghi e certamente pesanti becchi arancioni, mentre si muove poggiata su una superficie eppure basta guardarle mentre si levano in volo o scendono con planate dall'aerodinamica così sicura e precisa e ti rendi conto di come ogni forma animale sia riuscita ad evolvere nelle forme più adatte alle necessità e a descrivere in questo modo una bellezza assoluta che meglio non riusciresti a rappresentare. Ci fermiamo ancora un po', la macchina accostata, il naso per aria e le macchine fotografiche che crepitano e poi, sazi di natura pura, andiamo diretti a quell'insieme di costruzioni, di chiese, di giardini che accolgono la parte più importante del clero del paese. Attorno al vasto complesso religioso sorge comunque la città di Vagharshapat, che è sempre una comunità di oltre 50.000 abitanti ed è cresciuta nel tempo proprio grazie alla prosperità del sito nato nel IV secolo quando l'Armenia divenne la prima nazione a riconoscere il cristianesimo come religione di stato. 

La cattedrale

Al centro la grande Cattedrale Patriarcale costruita appunto nel 301 e successivamente ingrandita e portata alle dimensioni attuali nel VII secolo. La costruzione è davvero imponente, ma purtroppo al momento non è visitabile all'interno, non so se solo temporaneamente. Ci dobbiamo accontentare dunque di girarci intorno, ammirandone le dimensioni e la perfetta conservazione per una costruzione di oltre 1400 anni, sulla quale sono stati eseguiti solo piccolissimi e poco significativi rimaneggiamenti nel XVIII secolo inclusi una serie di affreschi interni. Ma è il luogo nel suo insieme ad essere decisamente monumentale e meritevole di una visita attenta e prolungata, per il gran numero di costruzioni notevoli che ospita a partire dalla altrettanto splendida chiesa delle Vergini Martiri o di Santa Gaiana assieme all'altra parimenti interessante di Santa Ripsima ed infine quella dedicata alle compagne delle due Sante parimenti santificate per gli stessi meriti. Pare che le due, suore a Roma e naturalmente di bellezza angelica, finirono nelle mire di Diocleziano e per sfuggire alle sue brame si rifugiassero in Armenia assieme alle consorelle, ma certamente non poterono lasciare a Roma la loro bellezza che conquistò immediatamente anche il re armeno Tiridate che cercò di avere prima l'una e poi l'altra, ma resistendo esse ad ogni tentativo regale le fece torturare ed infine uccidere, incluse le 38 compagne per buona pesa, consegnandole quindi al martirio ed alla conseguente santità. 

La porta di Tiridate

Come si vede il femminicidio a causa del rifiuto al concedersi non è solo cosa di questi tempi, fatto sta che adesso il complesso di queste chiese è divenuto patrimonio dell'umanità e venendo da queste parti rappresenta una meta imperdibile. A quel tempo tuttavia si era molto meno tranchant su queste cose e quindi il buon Tiridate, convertito subito dopo al cattolicesimo da San Gregorio, detto giustamente l'Illuminatore, fu per questo immediatamente perdonato, essendo appunto lui responsabile dell'aver fatto diventare il Cristianesimo, la religione ufficiale armena. Non sto a descrivervi la serie delle costruzioni di questa vera e propria città nella città, se non ribadire la piacevolezza dell'aggirarsi nei bellissimi e molto curati giardini dalle aiuole geometriche ricolme di fiori in questa stagione che ammantano di colore le superfici di pietra dorata che man mano che si avvicina la sera, splendono di toni magici, considerando la sagoma dell'Ararat onnipresente che completa il quadro in modo ricercato. Ci aggiriamo davanti al gran palazzo dove risiede il Chatolicòs, il cosiddetto Papa armeno, sfilando attorno al più tardo campanile a tre ordini, davvero monumentale con  la sua serie di campane. Indubbiamente si respira un senso di grande e maestosa ufficialità. Anche il ristorante ricavato in un antichissimo refettorio, che mantiene questa sua funzione da secoli, probabilmente uno dei più antichi esercizi di ristorazione esistente al mondo, è davvero interessante e anche solo fermarsi a prendere un caffè sotto queste volte antiche, con i tavoli che si stendono tra nicchie ed archi millenari ha un suo fascino non peregrino. Ce ne usciamo infine dalla monumentale porta dedicata al Re Tiridate, che dimostra come il potere non logora affatto chi ce l'ha e che puoi tranquillamente compiere qualunque nefandezza se sei quello che alla fine tieni in mano il gagliardetto di chi vince e sei tu a scrivere la storia e procediamo infine verso la capitale.

Fregi

SURVIVAL KIT

I giardini

 Echmyadzin - Imperdibile sito alle porte di Yerevan, che comprende una serie di chiese ed altre costruzioni religiose circondate da curatissimi giardini. sede del Chatolikòs armeno ospita anche i palazzi funzionali al clero di questa branca dell'ortodossia con una serie di edifici molti dei quali iniziati nel IV secolo e nella forma attuale almeno dal VII secolo in poi. Gli ampliamenti più monumentali sono avvenuti poi tra il 1600 e la fine del 1700. Attualmente l'insieme è patrimonio dell'Unesco. Gli edifici tranne alcuni, non sono visitabili all'interno, ma la parte esterna rimane quella più interessante assieme al colpo d'occhi globale, Nei giardini poi, numerosissime sono le Khashgar, alcune molto antiche che rappresentano un'altra presenza storica ed artistica di tutto rilievo. Entrata gratuita e libera a tutti, calcolate almeno un'oretta.

Ararat


Il campanile
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