Salem |
Aspettando la colazione |
Beh non dico che adesso che siamo
nella capitale, dopo un mese di giringiro, come diceva Crocodile dundee, mi
senta come a casa, ma poco ci manca. E’ ancora chiaro e prima che faccia buio,
voglio proprio andare a provare quella gelateria italiana che avevamo
adocchiato al nostro passaggio di metà strada. E’ proprio di fianco all’albergo
e sembra un localino davvero simpatico. Salta subito fuori la proprietaria
italiana, che però è nata ad Addis Abeba da genitori italiani e sposata con un
altro italiano, ha messo su questa attività che sembra vada piuttosto bene,
tanto è vero che questo è già il secondo locale in città. Di gente ne entra
parecchia e si vede che sono tutti piuttosto di buon livello, d’altra parte i
prezzi sono abbastanza internazionali e la parte meno fortunata della popolazione
non se li potrebbe permettere. Intanto che si chiacchiera ci mangiamo un bel
gelatone, che, sarà che abbiamo un mese di astinenza nella pelle, sarà che è
davvero un bel prodotto artigianale, ma c’è davvero da leccarsi i baffi.
Insomma dobbiamo davvero fare i complimenti alla signora, che gongola con
evidenza, niente da invidiare alla roba nostrana e dire che noi siamo piuttosto
bene abituati e intanto ce ne andiamo a sistemare la valigia che domani si
parte. Alla sera, un ultimo salto al ristorante dell’albergo per tentare di mangiare
l’ultima, si spera, bistecca-suola della serie e dopo aver appurato che il giro
del nord del paese ha macinato 3580 km netti, ce ne possiamo anche andare a
nanna.
Lucy |
Ci si sveglia riposati a questo punto forse per il fatto che hai
sottopelle l’adrenalina della partenza. Sia come sia, quando è l’ora di tornare
a casa, è pur vero che c’è la sottile malinconia degli addii, del dover lasciare
delle persone ed un paese di straordinario interesse nel quale cominci quasi a
sentirti a tuo agio, ma al contempo c’è anche quella voglia di tornare, unita
alla sensazione che quando una esperienza è finita, non vedi l’ora che si
chiuda rapidamente. Insomma, colazione in un localino dove fanno spettacolari
frullati di papaya e uova strapazzate per cominciare bene la giornata e poi via
al famoso museo nazionale, dove sta ad aspettarci la nostra antenata, l’ava di
tutti noi, trovata lì nel fango mentre camminava per spostarsi verso nord,
forse per cominciare una di quelle migrazioni che poi sono diventate una delle caratteristiche
che ha diffuso la nostra specie su tutto il pianeta: Lucy. Sono soltanto poche
ossa in una teca male illuminata, eppure che straordinaria suggestione ti
arriva da questo ominide, Australopiteco afarensis che 3,2 milioni di anni fa muoveva
passi incerti in posizione eretta, in quella depressione dove io, pochi giorni
fa camminavo nello stesso modo, con la stessa affannosa fatica, incerto e
timoroso di inciampare ad ogni passo. Dove andava Lucy quando l’inondazione la
colse, assieme alla sua famiglia, seppellendone le ossa per così tanto tempo? E
ce n’erano tanti altri come lei che si muovevano laggiù, nella culla dell’umanità,
in un clima certo diverso, tra alberi e paludi, con quel piccolo cranio, dove
però già si muoveva la scintilla di un’intelligenza superiore che avrebbe
continuato a crescere implacabilmente.
Ardi |
A qualche centinaio di chilometri più a
sud, in Tanzania, in una altra gola, vicino al cratere di Ngorongoro, sono state
trovate orme di un altro gruppo di Australopitechi in marcia verso nord,
sorpresi forse da un’eruzione. Le vidi qualche anno fa ed il calco dei piedi di
Lucy si adattavano perfettamente a queste orme lontane; che tracce straordinarie
del nostro passato! Nella teca vicina giace invece Salem, un bimbo ritrovato 26
anni dopo, uno scheletro quasi completo di 120.000 anni più antico ancora, un
altro tassello a dimostrare che la razza umana è una sola, se ancora ce ne
fosse bisogno, un ceppo unico da cui siamo poi venuti tutti. Fa tenerezza al
vederlo così piccolo e indifeso, esposto a guardarti con le occhiaie vuote del
suo cranio quasi intatto, forse vorrebbe formulare un giudizio su tutto quello
che è avvenuto dopo di lui. Certo allora i suoi soli bisogni erano quelli di
sopravvivere per moltiplicarsi, non aveva tempo e possibilità di immaginare
quale sarebbe stato il futuro della sua specie. Il ritrovamento di Lucy, che
tra l’altro ha preso il nome, pare dalla famosa canzone dei Beatles, Lucy in
the sky with diamonds che suonava in continuazione nel campo degli antropologi
in cerca di ossa, fu un evento epocale in quel 1974, girò per il mondo per
quasi quarant’anni e ritornò a casa soltanto nel 2013. Era alta poco più di un
metro, già piccolina anche per la sua specie e morì verso i 18 anni, forse di
sfinimento, sulla riva di quella che era una palude e, abbandonata dai suoi, fu
sepolta dal fango prima che i predatori ne spargessero le ossa intorno.
Il Museo nazionale |
Di
certo aveva già avuto figli e il suo DNA ha così viaggiato nella storia dell’uomo
contagiando con la sua presenza postuma, tutta la terra. La sala sotterranea
del museo è quasi avvolta dalla penombra delle luci fioche che provengono dalle
teche, ma questo piccolo essere giganteggia, imponendo la sua presenza a tutti
coloro che arrivano fin qui a renderle l’omaggio che merita. La sua forza
incredibile e quella di Salem che l’ha preceduta e quello di Ardi, l’altro compagno
che giace a pochi metri da lei, esce dal sotterraneo e guarda il mondo che la
circonda, il suo mondo, quello che lei e la sua piccola insignificante tribù di
ominidi, hanno contribuito a creare. Senza di loro, nulla di quello che ci è
intorno in questo momento, sarebbe stato possibile. Nulla avrebbe importanza,
non ci sarebbe nessuno a discutere di migrazioni, di giustizia, di libertà, di
dei e potere. Non ci sarebbero re e schiavi, direttori e servi, preti e fedeli.
Sono soltanto dei minuscoli giganti di un metro, sulle spalle dei quali noi,
piccoli nani, riusciamo, dopo milioni di anni a vedere un pochino più lontano,
tante cose strane e diverse che allora tra le felci e le erbe alte della palude
non si potevano ancora immaginare nemmeno con la più fervida fantasia. Nulla,
solo spazio senza fine, senza rumore e senza parole. Nulla, come nulla di
importante oltre a questo ti appare se continui a girare nelle altre sale di
questo edificio, dopo aver salutato Lucy ed i suoi compagni.
SURVIVAL KIT
Gelateria Ice Dream - Queen Elizabeth Str. - Di fianco all'Hotel Green Valley - Ottima gelateria italiana artigianali. Sembra faccia arrivare i prodotti dall'Italia. Qualità eccellente, ben frequentata, a prezzi quasi italiani (40 birr la pallina). Un intermezzo assolutamente piacevole se vi viene la nostalgia di casa.
Al parcheggio |
Museo Nationale dell'Etiopia - King George VI str. - Un museo che oltre agli emozionalmente straordinari reperti degli Australopitechi ritrovati nel triangolo degli Afar, ha ben poco altro da mostrare, anche per la povertà assoluta delle modalità espositive. Tuttavia proprio per questi ritrovamenti di assoluta importanza storica e culturale, rimane una visita imperdibile. Gli scheletri sono al piano sottoterra mentre negli altri tre piani, vari reperti della storia più o meno attuale del paese, inclusa una esposizione di tele recenti di dubbio interesse, ma che possono rappresentarvi la tendenza della pittura etiope moderna.
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