sabato 29 febbraio 2020

Cina Taiwan 61 - Wanderlust


Il cimitero


Casper Friedrich - Viandante sul mare di nebbia
Siamo seduti su una sedia sgangherata, davanti a un negozietto che vende thé freddo ai frutti esotici più vari, davanti al tempio della dea Matsu. Stravaccati, ciucciando il liquido fresco che scende in gola, lenitivo, curandoti le ferite del vecchio turista, o meglio del turista vecchio. Ma perché tutto questo? Perché, perché! Perché sono qui accaldato e sudaticcio, mentre l'umidore mi si gela lentamente lungo la schiena, data la temperatura esterna bassa, nonostante ci sia un solicello ingannatore? Perché sebbene abbia le spalle stanche, le gambe stanche, i piedi stanchi, la testa vuota, la tracolla che mi sega la clavicola e dopo tutto questo mi rendo conto che per oggi non sono neanche a metà strada, sto qui come un beota ad argomentare tra me e me, se quelle ragazze che entrano nel tempio vadano verso l'altare della dea Matsu ad interrogarla sul loro futuro, lanciando le mezzelune o se invece stiano portando dolcetti di matrimonio al dio Yue Lao per ingraziarselo e lo fanno qui, fin dalla fine dell'epoca Ming. Ma perché mi sottopongo ogni volta che capita  e me la vado anche, come si dice, a cercare, a quello che mia mamma, povera donna, definiva, quando glielo raccontavo, at' fai di bei fachinagi! E' lo stesso interrogativo che sentivo l'altro giorno nei commenti su un social da parte di una persona che seguo e che poneva proprio questa domanda: Ma perché la gente viaggia, attività a lei assolutamente incomprensibile, invece di starsene a casa? E' proprio in questi momenti, quando la caviglia ti fa male e il ditone spinge incongruamente sulla punta della scarpa e sai che l'unghia verrà nera quanto prima, che ti è ben chiaro il fatto che a questa domanda non si può rispondere.

Lo skyline di Tainan
Questo non già perché non ci sia una risposta sensata, ma perché, a chi fa una simile domanda non ha senso rispondere, perché se fosse in grado di assorbirla, assimilarla, comprenderla, non l'avrebbe neppure concepito, quell'interrogativo. Probabilmente è proprio una questione di diversa mappatura genetica e in questo caso, c'è poco da fare, da certi virus o sei immune e li respingi inconsciamente o ne vieni irrimediabilmente contagiato, è inutile parlarne, tanto meno discuterne. Così eccoci qua, noi che abbiamo l'infezione nel sangue, dobbiamo andare avanti comunque, con la nostra scimmia sulla schiena, con la nostra malattia, la nostra dipendenza da cui non possiamo e non vogliamo liberarci, che ci succhia energie, che ci fa soffrire e che assieme ci dà l'estasi, la sindrome di Stendhal, irrimediabilmente wanderluster come il Friedrich del Viandante sul mare di nebbia, con buona pace, perdonata, di chi non lo capisca. E allora dai, andiamo ad aggirarci nel tempio, fermiamoci stupiti davanti alle statue dorate, alle mille piccole nicchie che nascondono minuscoli buddha, agli altari carichi di dolci e di frutta, spiando le preghiere ed i mille inchini dei fedeli, di chi crede, di chi cerca la soluzione dei suoi problemi nel trascendente. La gente entra ed esce, forse più leggera, forse più serena, chissà, alla fine anche questo serve. Tu puoi solo ammirare le tegole ricurve che stanno lì da secoli, i piccoli draghi dalle schiene ricurve, gli animali fatati che scendono dai soffitti, la penombra che racchiude il silenzio nei corridoi nascosti, rotto dal tintinnare di una campanella agitata da un monaco in cerca di offerte. 

fedeli
Il mondo è pieno di questi luoghi, tra i pilastri di pietra delle nostre chiese medioevali, dentro le oscurità dei templi egiziani sepolti dalle sabbie, in fondo alle scalinate delle piramidi mesoamericane, sui lingam bagnati di latte, circondati dai tridenti di Shiva, tra il gorgogliare dei monaci dei monasteri tibetani, nelle processioni di Medjugorie dove le credenti vedono la Madonna, nelle cerimonie tra le rocce rosse con le vibrazioni in sottofondo dei diggeridoo. Le sensazioni sono sempre le stesse, la potenza del credere in qualche cosa. E' una forza che cresce come un lievito incontenibile, che smuove le montagne, che conduce irrimediabilmente al Gott mit uns, a certezze di verità indimostrabile, che fanno scomparire la paura della morte, quella propria ed alla fine fanno ritenere giusta quella altrui, di chi ha altre verità, diverse dalle nostre, certamente sbagliate e pertanto da distruggere, da cancellare, da fare scomparire nelle fogne della storia. Usciamo dal tempio tra profumi di incenso e odore dolciastro di frutta troppo matura, di fiori appassiti, di acqua stagnante, in cui marciscono le foglie di loto. Di fronte, al di là del giardino, la torre Chihkan si erge maestosa. Il suo tempio nascosto onora questa volta il dio della cultura e della letteratura Kui Xing. Forse questo credo impone meno sacrifici etici e giustifica meno violenze psicologiche anche se in fondo schiacciare l'ignoranza, benché sia un'attività meritoria, è anch'essa un atto di subornazione. 

Il tempio della dea Matsu
Ma se uno vuol rimanere nella sua beata mancanza di cultura, chi sei tu per condannarlo? Al massimo secondo il tuo credo farà danno a se stesso. Ma subito il diavoletto inconscio suggerisce: ma se ha potere, l'ignorante, con la sua incapacità e la sua protervia, dirà che quelli mangiano topi vivi e altre belinate del genere e farà danno a tutta la comunità. Insomma ce n'è sempre una di giustificazioni valide. Intanto la gente va a toccare la penna che il Dio impugna nella mano destra e già, con questo solo gesto, si crede più sapiente. Provare per credere e se non sentite subito l'effetto, niente paura, potrete sempre comprare la penna souvenir che la riproduce, nell'apposito shop prima dell'uscita. Dai che il tempo scorre, fai segno a quel taxi e facciamoci a portare fino al quartiere di An Ping, cuore dei memorabilia coloniali. Sulla gran piazza che precede l'ingresso alla fortezza olandese, c'è anche qui il grande tempio di Matsu, questo davvero imponente, forse il più bello e ridondante che abbiamo visto sull'isola. Qui c'è la più antica statua della dea di tutta l'isola, che poi non è la più grande al centro, assai più recente, ma una più piccola e davvero più elegante in mezzo alla seconda serie di statue. Vicino all'altare, dietro offerta ovviamente, potrete prendere un piccolo pacchetto di riso portafortuna per la vostra famiglia da portarvi a casa. Davanti al tempio, personaggi in costume si esibiscono, visto che questa è zona dove converge la gente in visita. Dalla parte opposta della piazza un grande ed interessantissimo cimitero con innumerevoli tombe, costruite come piccole cappelle affastellate le une sulle altre e che risalgono una collinetta ricoprendola interamente. 

Caki secchi
Alle spalle il forte olandese di Zeelandia (ingr. 50 NDT), con larghi spazi, in parte ricostruito per renderlo meglio fruibile ai visitatori. Eretto nei primi anni del '600 a difesa degli interessi della Compagnia, resistette quasi quaranta anni, prima di essere conquistato dal re Koxinga, non per niente poi assimilato al dio della guerra. Oltre il forte, quasi vicino alle barene ed alle dune che separano questa area un tempo acquitrinosa dal mare, altri edifici, ben conservati, contengono quello che resta dei magazzini dei mercanti che qui ammucchiavano le merci scambiate al tempo, presumibilmente spezie, prima di caricarle sui vascelli in rotta per l'Europa. Nel vasto giardino alberi secolari spargono mazzi di radici fascicolate all'intorno, avvolgendo muri sbrecciati e costruzioni in abbandono, simbolo di una natura che cerca di riappropriarsi del suo. Questo alla fine è certo il suo mestiere comunque o per lo meno, quello che cerca implacabilmente di compiere non appena sembra accorgersi che l'attuale padrone del mondo molla la presa. Un monito di quello che farà insomma, non appena ci saremo estinti, sia che questo avvenga in mille o in un milione di anni. Sulla sommità delle dune, che danno spazio ad una grande zona umida, corre una pista ciclabile che intravedi tra le paludi, che consente di arrivare fino alla città lontana, che mostra la sua skyline netta su un cielo finalmente azzurro. Dall'altra parte del forte c'è poi una lunga via commerciale, fatta a budello che ti impone la vista di ogni banchetto secondo il criterio che se vedi, magari compri. 

Pannello con 6 dati sullaqualità dell'aria
E qui, tra la tanta frutta secca, caramellata e candita, riesco a ritrovare la delizia assoluta che ho conosciuto per la prima volta nella vita durante questo viaggio, i caki essiccati! Una meraviglia che non si può descrivere, rimpiccioliti dalla perdita d'acqua fino a diventare paffuti tondini schiacciati alle estremità, di un rosso scuro che ne racconta la dolce concentrazione, con la pelle traslucida che quasi si spacca e che lascia fuoriuscire una polpa densa e mielosa. Inarrivabili, irraggiungibili e ovviamente immarcescibili. Me ne acquisto un bel pacchetto da portare a casa, anche se il prezzo è in linea con la meravigliosa qualità. Il venditore ridacchia contento facendomi il pacchetto e avendo individuato nel mio sguardo perso nella beatitudine dell'assaggio, la certezza di potermi sgravare facilmente della esagerata cifra richiesta e assolutamente non trattabile. Poi via di corsa verso la stazione per prendere il nostro treno per KaoHsiung. Ce n'è uno comodissimo alle 17:00 e alle 18:10 saremo a casa riposati come cammelli dopo la traversata. Controlliamo sul pannello la quantità di polveri sottili PM10 e PM2.5 che c'è nell'aria. Siamo ben sotto la soglia, non come ad Alessandria o a Torino, tanto per capirci e nonostante questo osservo che più o meno la metà delle persone che ci circondano porta la mascherina e qui di coronavirus se ne parlerà solo tra un paio di mesi. Sul treno, chi non sta incollato al telefonino, dorme, evidentemente stanco della giornata di lavoro o di studio. Quando arriviamo, un ragazzo dall'aria studiosa continua a ronfare, quasi quasi mi faccio i cavoli miei, questo chissà dove deve ancora andare. Alla stazione di arrivo ci offriamo un taxi, anche se ci sono solamente cinque o sei isolati al nostro albergo. Va bene il wanderlust, ma possiamo mica morire!

Un altare


Tempio tra le case
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