giuggiole fresche
sapore d'altri tempi -
il brodo è caldo
Il teatro Bolshoi - Mosca |
Erano giorni entusiasmanti quelli in cui esploravo Mosca cercando di conquistarla a poco a poco, senza avvedermi che era lei a conquistare me, con quel suo fascino difficile da inquadrare, ma che ti prendeva man mano che la conoscevi meglio. Ogni volta che avevo un po' di tempo libero, mi piaceva passeggiare da solo per quel grande centro all'interno del Kalzò che ti sapeva presentare scorci sempre nuovi, alternando le vecchie costruzioni zariste agli scempi sovietici. Quando la città si era liberata dalla neve, dava sfogo nei suoi giardini e nei piccoli parchi cittadini a deliziosi polmoni verdi nei quali la gente passeggiava e le gonne delle ragazze svolazzavano leggere al soffio dei primi venti ancora frizzanti. Ogni tanto capitavi davanti a qualcuno dei luoghi topici del centro, man mano che ti allontanavi dal perno centrale della Piazza Rossa, oppure uscendo da una stazione di una delle metro più belle del mondo, ti trovavi proprio davanti a qualche monumento famoso. Quella volta, emerso dalle porte della Teatralnaja, una delle più sontuose, nella grande piazza davanti al Bolschoi, mi avviai verso i capannelli di gente che sostava davanti al teatro. Lo spettacolo sarebbe cominciato dopo un'oretta e c'era già un certo movimento. I gruppi di bagarini giravano negli spazi aperti guardandosi intorno alla ricerca di qualche faccia da straniero a cui appioppare un biglietto. Questo teatro, al di là della rappresentazione del momento, è di per se stesso uno degli spettacoli più interessanti del mondo e io ci tenevo molto a passare una serata di musica e atmosfera.
L'amico Eugenio mi aveva messo sull'avviso di stare attento a compare il biglietto alla ventura sulla piazza, ma del resto tramite i canali ufficiali era complicato, per non parlare di passare attraverso agenzie che vendevano ai turisti poltronissime dal costo spropositato, anche se in quel momento l'ipersvalutazione del rublo provocava situazioni sballatissime e imprevedibili. Comunque per uno che a Mosca bazzicava per altre ragioni, ci tenevo a passare per quelle vie, per così dire parallele, che mi hanno sempre dato più gusto. Fatto sta che gira un po' di qua e un po' di là, vengo immediatamente notato e avvicinato da una faccia da Caucaso settentrionale che mi mormora sottovoce Билеты, Билеты, con fare complice. Io, col mio russo stentato, mi davo un'aria navigata, da chi conosce i suoi polli e frequenta l'ambiente da tempo. In sostanza dopo una breve trattativa, il tipo mi mostra una piantina del teatro per magnificare la posizione che corrisponde ai suoi tagliandi in vendita. Concordiamo per cinque dollari, dopo che lui mi aveva assicurato essere davvero i migliori posti in assoluto che mai avesse avuto a disposizione. Così entrai soddisfatto, una mezz'oretta prima dell'orario di inizio, godendomi i saloni magnifici dell'ingresso, le scale, il guardaroba, dove per estremo vezzo presi anche dalla dejurnaja in servizio un delizioso binocolo in osso, per rimanere il più possibile in sintonia con l'ambiente.
Nei corridoi che salivano ai palchi superiori c'era anche un servizio tradizionale che offriva butterbrodi di calbasà e agurzy (sandwich di salame e cetrioli in composta) con calici di sovietskoye shampagnskoje. Un'atmosfera di altri tempi, anche se non c'erano più damine in grandi vestiti a ruota con generose scollature e ufficiali zaristi in grande uniforme, ma una folla piuttosto grigia infagottata nei tristi cappottoni sovietici, anche se le signore, appena entrate, prima di lasciare tutto al guardaroba si toglievano gli stivaletti riponendoli in un sacchetto di plastica dei GUM e si mettevano scarpe col tacco alto. Dopo aver mostrato a qualche donnina il mio prezioso tagliando per avere lumi, seguito sempre da gesti che mi indicavano di procedere sempre verso l'alto, alla fine vengo a scoprire che il meraviglioso posto era una sediola in una delle ultime file del loggione più alto, praticamente vedevo addirittura lo splendido lampadario dall'alto, insaccato tra due matrone over 100 kg, Tamara e Irina, che mi occhieggiavano di continuo cercando di intavolare una chiacchiera purchessia, che io adducendo a scusa il mio russo troppo basico per una conversazione complessa, lasciavo cadere. A quel punto partì l'ouverture e mi beccai i cinque atti completi dell'intero Boris Godunov, incluso il famigerato secondo atto di 40 minuti di recitativo, tra il basso ed il tenore nella segreta del castello. Una autentica lama nel costato, anche se le due balene mi facevano cenni di grande soddisfazione. Me ne tornai in albergo che ormai era notte. La Tvjerskaja era debolmente illuminata allora e le luci fioche dei lampioni spargevano intorno un'aura giallognola da paese delle fiabe.
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