domenica 31 gennaio 2021

Haiku matto

 


giuggiole fresche

sapore d'altri tempi -

 il brodo è caldo

sabato 30 gennaio 2021

Haiku medicale

 

un campanile

lama rossa di sangue-

potrà guarire?

venerdì 29 gennaio 2021

Una sera a teatro

Il teatro Bolshoi - Mosca

Erano giorni entusiasmanti quelli in cui esploravo Mosca cercando di conquistarla a poco a poco, senza avvedermi che era lei a conquistare me, con quel suo fascino difficile da inquadrare, ma che ti prendeva man mano che la conoscevi meglio. Ogni volta che avevo un po' di tempo libero, mi piaceva passeggiare da solo per quel grande centro all'interno del Kalzò che ti sapeva presentare scorci sempre nuovi, alternando le vecchie costruzioni zariste agli scempi sovietici. Quando la città si era liberata dalla neve, dava sfogo nei suoi giardini e nei piccoli parchi cittadini a deliziosi polmoni verdi nei quali la gente passeggiava e le gonne delle ragazze svolazzavano leggere al soffio dei primi venti ancora frizzanti. Ogni tanto capitavi davanti a qualcuno dei luoghi topici del centro, man mano che ti allontanavi dal perno centrale della Piazza Rossa, oppure uscendo da una stazione di una delle metro più belle del mondo, ti trovavi proprio davanti a qualche monumento famoso. Quella volta, emerso dalle porte della Teatralnaja, una delle più sontuose, nella grande piazza davanti al Bolschoi, mi avviai verso i capannelli di gente che sostava davanti al teatro. Lo spettacolo sarebbe cominciato dopo un'oretta e c'era già un certo movimento. I gruppi di bagarini giravano negli spazi aperti guardandosi intorno alla ricerca di qualche faccia da straniero a cui appioppare un biglietto. Questo teatro, al di là della rappresentazione del momento, è di per se stesso uno degli  spettacoli più interessanti del mondo e io ci tenevo molto a passare una serata di musica e atmosfera. 

L'amico Eugenio mi aveva messo sull'avviso di stare attento a compare il biglietto alla ventura sulla piazza, ma del resto tramite i canali ufficiali era complicato, per non parlare di passare attraverso agenzie che vendevano ai turisti poltronissime dal costo spropositato, anche se in quel momento l'ipersvalutazione del rublo provocava situazioni sballatissime e imprevedibili. Comunque per uno che a Mosca bazzicava per altre ragioni, ci tenevo a passare per quelle vie, per così dire parallele, che mi hanno sempre dato più gusto. Fatto sta che gira un po' di qua e un po' di là, vengo immediatamente notato e avvicinato da una faccia da Caucaso settentrionale che mi mormora sottovoce Билеты, Билеты, con fare complice. Io, col mio russo stentato, mi davo un'aria navigata, da chi conosce i suoi polli e frequenta l'ambiente da tempo. In sostanza dopo una breve trattativa, il tipo mi mostra una piantina del teatro per magnificare la posizione che corrisponde ai suoi tagliandi in vendita. Concordiamo per cinque dollari, dopo che lui mi aveva assicurato essere davvero i migliori posti in assoluto che mai avesse avuto a disposizione. Così entrai soddisfatto, una mezz'oretta prima dell'orario di inizio, godendomi i saloni magnifici dell'ingresso, le scale, il guardaroba, dove per estremo vezzo presi anche dalla dejurnaja in servizio un delizioso binocolo in osso, per rimanere il più possibile in sintonia con l'ambiente. 

Nei corridoi che salivano ai palchi superiori c'era anche un servizio tradizionale che offriva butterbrodi di calbasà e agurzy (sandwich di salame e cetrioli in composta) con calici di sovietskoye shampagnskoje. Un'atmosfera di altri tempi, anche se non c'erano più damine in grandi vestiti a ruota con generose scollature e ufficiali zaristi in grande uniforme, ma una folla piuttosto grigia infagottata nei tristi cappottoni sovietici, anche se le signore, appena entrate, prima di lasciare tutto al guardaroba si toglievano gli stivaletti riponendoli in un sacchetto di plastica dei GUM e si mettevano scarpe col tacco alto. Dopo aver mostrato a qualche donnina il mio prezioso tagliando per avere lumi, seguito sempre da gesti che mi indicavano di procedere sempre verso l'alto, alla fine vengo a scoprire che il meraviglioso posto era una sediola in una delle ultime file del loggione più alto, praticamente vedevo addirittura lo splendido lampadario dall'alto, insaccato tra due matrone over 100 kg, Tamara e Irina, che mi occhieggiavano di continuo cercando di intavolare una chiacchiera purchessia, che io adducendo a scusa il mio russo troppo basico per una conversazione complessa, lasciavo cadere. A quel punto partì l'ouverture e mi beccai i cinque atti completi dell'intero Boris Godunov, incluso il famigerato secondo atto di 40 minuti di recitativo, tra il basso ed il tenore nella segreta del castello. Una autentica lama nel costato, anche se le due balene mi facevano cenni di grande soddisfazione. Me ne tornai in albergo che ormai era notte. La Tvjerskaja era debolmente illuminata allora e le luci fioche dei lampioni spargevano intorno un'aura giallognola da paese delle fiabe.


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Urali                                                            

giovedì 28 gennaio 2021

Luoghi del cuore 101 - Le vibrazioni di Luang Prabang

Luang Prabang - Laos - febbraio 2012

L'aria di Luang Prabang è sottile ed eterea, quasi fosse l'atmosfera di un altro mondo. O forse lo è davvero un altro mondo, così lontano dal nostro, dal mio, dove balla il suo sabba quotidiano il regno del caos e del confuso. E' una visione onirica di un luogo dell'anima fatta di profumi leggeri, di suoni attutiti, di colori tenui, pastelli e mezze tinte inquadrate in cornici di oro zecchino. Le guglie slanciate dei mille templi, le statue dai lunghi colli e dalle pose sinuose, le porte dai legni fittamente intagliati come miniature perfette di antiche pergamene, il tintinnare delle campanelle sparse ovunque dagli spioventi aguzzi dei tetti, appena avvertibile, ma che il refolo dei venti rende fondo continuo, musicalità che colora il tempo della città. Ovunque, anche nelle vie più centrali domina la calma serena della mancanza di ossessione dello scorrere di un tempo che non serve inseguire. Non senti grida od abbaiar di cani, è suono avvertibile anche lo struscio dei piedi nudi della fila dei monaci che alle sei di mattina percorrono un lungo anello per le vie cittadine a raccoglier l'offerta di un pizzico di riso, un dolcetto, un frutto. 

Passano silenti come un esercito di anime dell'Ade, con gli occhi semichiusi, colmi dell'assenza di passioni, assorbiti dalla com-passione per il fuori da sé. Una linea di arancio che sfila lungo i viali di bouganvillee, lasciando dietro di sé una scia di senso di sacro. Chi offre rimane lì a assorbire il beneficio di quel passaggio, immobile nel suo desiderio di rinunciare ai desideri. Anche gli alberi fremono a quel passaggio, come se il sacro per un poco pervadesse l'aria circostante rendendo ogni cosa più eterea e trasparente. Questa città non ha uguali nel mondo, potresti starci per un tempo indefinito, in un giardino sotto l'ombra di grandi alberi, da solo in assenza di pensieri o in compagnia di monaci giovani che sorridono tra di loro, forse scambiandosi innocenti scherzi da seminaristi. Dietro le case, lunghi fili su cui asciugano file infinite di sai arancioni, in attesa di ricoprire meditazioni assolute. Nella valle più lontano, neppure si sente il frusciare delle acque del fiume che porta lontano verso antiche caverne ricoperte di statue del Budda, che secoli di devozione hanno ammonticchiato fino al soffitto, selva di stalagmiti di forma divina ricoperte di oro da stuoli di pellegrini silenziosi. Una foglia si stacca e cade ricoprendo per un attimo il brivido dello scorrere del tempo.

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Urali                                                            

mercoledì 27 gennaio 2021

Luoghi del cuore 100 - Saint Louis du Senegal

Saint Louis - Senegal - novembre 2011

 

Il profumo dell'Africa si mescola a volte ai sentori di una Europa che dopo essere passata col suo artiglio predatore, ha lasciato comunque un suo segno distintivo, che a distanza di secoli ha creato nuove storie da raccontare. Tanti luoghi mantengono questa dicotomia storica che ormai è un tutt'uno con una sua valenza ormai propria e particolare, un fascino d'antan, una cartolina di tempi passati. Saint Louis è la vecchia capitale dell'Africa occidentale francese. Sul delta del Senegal, ai margini del deserto mauritano da un lato e dall'Africa nera dall'altro, rappresenta ancora il concetto del colonialismo ottocentesco. Le strade ordinate coprono completamente l'isola scandendo la basse case ad un piano, alcune residuo di un passato portoghese con i loro colori rossi e gialli, le altre coi piccoli balconi a cui si affacciavano le signoras, le bellissime ragazze creole che sposavano qualche europeo e rimanevano padrone incontrastate del campo e degli affari. Affari brutti, commercio di schiavi e altro, terreno noto in questa terra povera dove le sole ricchezze sono sempre state oggetto di razzia e predazione. Su un calesse, al ritmo lento dell'Africa, è dolce muoversi nei vicoli e sui lungo fiume. Forse non molto è cambiato in un secolo, solo ai di là dei ponti che collegano l'isola alla terraferma, la città è mutata trasformandosi con tutti i problemi delle città africane. Sul pontile al di qua del ponte di ferro che sbarra il fiume alle navi, un vecchio vapore carica gli amanti del passato per una crociera senza tempo. Una settimana in una atmosfera di altri tempi a risalire il fiume coi ritmi del passato fino ai forti al limitare del deserto. 

La langue de Barbarie invece, è una striscia di sabbia tra l'isola e l'oceano, dove si sono ammassati i pescatori che facevano ricca questa città. Le lunghe piroghe oceaniche, sono piene di colori e di segni che il mare ha scolpito nei loro fianchi duri. Le une a fianco alle altre, ammassate sulla riva coperta di detriti. Dietro l'infinita serie di banchi dove viene seccato e affumicato il pesce. Un odore insopportabile ti definisce l'area anche da molto lontano, prima ancora che tu riesca a capire, dove sono stese le reti, dove si ammucchiano le baracche di questi uomini neri come il fumo che conserverà il frutto del loro lavoro. Un groviglio di gente, uomini seminudi, donne in vesti colorate e brillanti, uno stuolo infinito di bambini razzolanti in un terreno ricoperto di residui e di immondizie. Tutti qui hanno quattro mogli, glielo consente il profeta e il numero di figli diventa così esponenziale. Su ogni agglomerato famigliare almeno quattro piccole antenne televisive, perché non si devono fare differenze ed alla sera le tre che devono aspettare, devono pur fare qualche cosa senza litigare. L'altro lato della lingua di sabbia finissima e farinosa è occupata da bungalow dove gli europei ricercano una atmosfera, nel languore del sole che cade nell'oceano. Al centro dell'isola, il vecchio Hotel della Posta, dove sostavano i piloti degli aerei postali che facevano questa strana linea costiera fino a Capetown. Atmosfere di altri tempi ai margini del deserto, in attesa dell'arrivo di carovane lontane col loro ritmo vecchio di secoli.


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Urali                                                            

martedì 26 gennaio 2021

Luoghi del cuore 99 . Innsbruk e il Tirolo

Innsbruk - Austria - giugno 2011

 

A Innsbruck ci puoi andare venti volte ed ogni volta rimani incantato, ogni volta ci trovi qualcosa che non avevi ancora visto e che invece valeva la pena di vedere. Oppure la rivedi e la sua bellezza te la fa apparire come nuova, godibile e meritevole di attenzione. Con il piccolo centro antico raccolto attorno alla via storica, passi dalle facciate di vetro che circondano il nuovo palazzo comunale in cui si specchiano le facciate ottocentesche, alla sua magnifica Cattedrale dagli stucchi rosa, coi mille inganni barocchi, le cupole trompel'oeil, l'impressione tridimensionale delle sue canne d'organo, il marmo fitto, lo splendore e la ricchezza dell'altare che circonda il gioiello attorno al quale la chiesa pare costruita, la splendida Madonna con Bambino di Cranach il vecchio. Certo che c'è molto da ragionare sull'immenso debito che l'arte e la bellezza devono allo spirito religioso, forse fino al punto da indurre a perdonarne quanto di orribile è stato fatto e si continua a fare in suo nome. Il Tiroler Volkskunstmuseum, poi ti avvolge con le sue strepitose collezioni di artigianato artistico del Tirolo, la sue serie di Stuben perfettamente ricostruite, la sua sezione dedicata ai presepi artistici che da sola varrebbe la visita.

Ma è nella cappella di corte, che vieni pervaso dall'atmosfera asburgica più completa, severa e leggera al tempo stesso, con il cenotafio di Massimiliano I, circondato da una serie di figure in bronzo imponenti ed indimenticabili. Ma Innsbruck è passeggiare lungo le case dai colori pastello, con la serie di bovindi che occhieggiano, sporgendosi nella via come a porgersi leziosi, con la grazia di imperatrici gentili e bellissime. E ti par di sentire carrozze, scalpiccìo di cavalli, schiocchi di frusta, risate di fanciulle, tacchetti che risuonano sulle lastre di pietra antica. Stai sotto il Tettuccio d'oro, osservi le scandole di rame ricoperte che risplendono anche se il cielo è imbronciato e senti l'Inn poco lontano che rumoreggia come un torrente di monte mentre scende dalle forre verdi e selvatiche che circondano la città. Ti fa voglia di altri tempi, di rimanere almeno per poco in un passato un po' favola, un po' storia romanzata, fatta di principi e di scarpette, di ufficiali impettiti, di dame dai grandi abiti color pastello. Ti disturba lasciare la favola, quindi ecco per te il Goldener Adler, ristorante aperto da quasi 800 anni, con le sue sale antiche dove hanno seduto Ghoete, Camus, Rossini, regnanti e premi Nobel, personalità famose e semplici turisti in cerca di emozioni d'antan.

Ambiente ovattato dove gustare una zuppa di cipolle da sballo per aprire lo stomaco al piatto forte, il bollito tradizionale in una delicatissima salsa di rafano. Infine un tris di delicatezze cioccolatose, mediate dai sapori dell'alkechengi e del ribes e vorrete rivolgere un sorriso e un baciamano alla damina che vi sorride accanto per poi risvegliarvi improvvisamente scoprendo al suo posto, il vostro barbuto compagno di viaggio. Ma la giornata è ancora lunga, così siamo rimasti nel passato ad Halls, per una immersione nella storia dell'economia e del denaro, seguendo un interessante percorso creato nei locali dell'antica zecca e infine, per non far mancare nulla anche alle signore, un tuffo in quella attrazione alla Disneyland che è il museo Swarovsky, dove un percorso mirabolante attraverso le luci, i colori ed il rutilare di cristalli di ogni forma e dimensione, raggrumati in opere d'arte dai più grandi artisti del moderno panorama internazionale, ti conduce piano piano alla grandissima sala acquisti dove la frenesia femminile shoppistica potrà avere finalmente il suo sfogo. C'è da godere per tutti, come si dice.


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Urali                                                            

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