Finirà, finirà anche questa, tutto finisce e poi si ricomincia, tuttavia con quella scia di dolore inestinguibile per chi dovrà piangere i suoi morti e per chi si troverà di fronte alle macerie economiche che tutto questo avrà lasciato. Tutto il resto, come il supposto disagio di starsene a casa sul divano, è noia direbbe Califano. Tuttavia posto che alla fine stare sdraiato tra i guanciali non è poi così diverso che stare sdraiato su una spiaggia dei mari del sud, cosa che avevo giusto programmato per oggi, al di là del giramento di cabbasisi per il grano perduto, conduce alla possibilità dell'utilizzo del neurone che ancora ti rimane attivo, ancora per poco certo, in un lavoro di speculazione filosofica o di problematica generale, legate naturalmente a quanto ci sta accadendo in questo momento. Detto in soldoni, via libera alla chiacchiera da bar, in solitudine naturalmente visto che al bar non ci si può andare.
Dunque veniamo al punto, dopo un terremoto di questo genere, lasciando stare la parte medica e morale, quale potrebbe essere la situazione geopolitica di questo mondo, dopo? Non si tratta di un aspetto secondario, perché finita la conta dei morti e subito dopo quella dei soldi persi, ci si ritroverà circondati dai cocci di una economia in frantumi su cui lavorare e a questo punto poi sapete che, come in tutti i dopo tragedia, guerre, calamità naturali, terremoti, accanto ai disastri, nasceranno anche montagne di nuove opportunità che i più bravi a riconoscerle o i più pronti e forti, potranno cogliere contribuendo poi alla fine alla rinascita generale, certo magari con dei cambiamenti di equilibri.
Facendo allora un discorso macroeconomico, possiamo senza dubbio confermare che gli attori mondiali in gioco siano ancora gli stessi tre. Gli Stati Uniti, che anche se fiaccati dall'approccio miope del biondo, rimangono sempre la potenza numero uno del mondo. Una potenza che tuttavia ha mostrato negli ultimi anni una tendenza irrevocabile a piegarsi su se stessa, a richiudersi sempre di più in un solipsismo disinteressato alle realtà del resto del mondo, convinta di essere sufficiente a se stessa e con la sola eventuale necessità di difendersi da minacce esterne (e il fatto di averlo votato sottolinea che questa è il reale pensiero dell'americano medio). Questo atteggiamento è di norma sempre perdente e comunque destina chi lo persegue ad un irreversibile declino, sia che duri anni o decenni, spostando il centro del mondo verso altri lidi. E' accaduto per tutti gli imperi in tutti i tempi, la fase di decadenza è sempre coincisa con il richiudersi in se stessi, sia che questo sia successo per volontà propria e illanguidimento delle proprie forze come all'Impero Romano, sia quando questo ripiegamento sia avvenuto per preponderanza di forze esterne come per l'impero Britannico, sia per cedimento della forza propulsiva interna come per gli imperi Mongoli o quello di Alessandro Magno, che basavano il loro successo sulla forza di pochissimi.
La seconda potenza mondiale è inoppugnabilmente la Cina, quella che più prepotentemente e più rapidamente è riuscita a risalire dal fondo della classifica in cui era finita nell'800 e che dall'orlo del quarto modo, dove l'aveva spinta l'ideologia maoista, che negli anni '60 aveva prodotto decine di milioni di morti per fame, in 50 anni, liberatasi nella pratica dall'orpello ideologico, mantenendo invece il controllo totalitario più completo e applicando una pragmatica economia di liberismo primario, unito ad un efficacissimo dirigismo centralistico, l'ha portata ad essere l'economia più vivace ed innovativa esistente. Sottovalutata da tutti, ricordate quando si diceva che era gente solo capace a copiare (qualcuno ingenuamente lo crede ancora adesso), ha lavorato duro e al momento si stava preparando al sorpasso definitivo, apertissima soprattutto all'esterno, esattamente al contrario degli USA, proprio come è accaduto in passato a tutte quelle economie che poi hanno dominato il mondo. Ma dopo il virus? Beh, bisogna dire che il paese, dopo i primi tentennamenti propri dei regimi totalitari, ha reagito benissimo, non solo essendo prossimi, forse alla soluzione del problema, ma anche essendo forse il primo paese ad uscirne. Questo potrebbe provocare una serie di combinazioni molto favorevoli che metterebbero la Cina ancor di più in corsa per il sorpasso definitivo. Avere, forse risolto questo dramma, nel sentiment generale, cancellerà o attenuerà di molto gli errori iniziali ed al contrario contribuirà a dimostrare che il sistema generale cinese, punto di critica fondamentale da parte del resto del mondo, a causa delle deprivazione delle libertà per noi irrinunciabili, risulta vincente nelle situazioni di crisi ed è superiore al nostro. Inoltre la ripartenza economica del paese, che sarà, vedrete, imponente, contribuirà a far guadagnare ulteriore spazio dappertutto, proprio perché di fronte si troverà le nostre indebolitissime economie, molto ben disposte ad afferrare qualunque mano, anche se avvelenata, sia loro tesa per agganciare qualsiasi segnale che porti ad una timida ripresa, proprio mentre l'avversario numero uno continua a ripiegare su se stesso, ritirandosi, anzi spesso scappando dalle caselle del Risiko che prima occupava in forze, vedi tutto il settore mediorientale, avendo già da tempo rinunciato all'Africa e all'Asia.
La terza potenza mondiale, se pur così distaccata da non poter neppure pensare allo scudetto, è la Russia. Il paese, un tempo secondo assoluto, pur a distanza siderale dalla vetta, anche se si illudeva di esserne alle calcagna, dopo essersi autoprecipitato nel baratro per almeno un ventennio, ben aiutato a farlo da mani "amiche", si è messo nelle mani di una dittatura "semidemocratica", sull'invidia della vicina Cina, ma mancando completamente della dedizione umana del suo ingombrante vicino, è riuscita a mantenere la posizione, un po' perché mancano altri attori di quella rilevanza e un po' grazie alla inesauribile disponibilità di materie prime, grazie alle quali riesce a mantenersi malamente a galla e mentre la Cina conquista spazi, invitata e blandita da chi ne è poi invaso, il suo tentativo di riprendere rilevanza in quei territori perduti al tempo del disfacimento, ha successo solo con l'uso della forza e delle armi, vedi Ukraina, Caucaso, Siria. Questo metodo la condanna ad un sempre esagerato spreco di forze, già scarse e all'irrilevanza nell'economia secondaria e terziaria.
Rimarrebbe un quarto attore in questo teatro, l'Europa. E si tratta di un attore che avrebbe tutti i mezzi per partecipare alla recita. La storia e le capacità delle sue genti, la struttura economica produttiva e finanziaria, il livello della sua qualità e innovazione, la dimensione, l'esperienza ed il numero di abitanti. Come mai invece, non solo non sembra neppure partecipare alla corsa, ma ne vuole rimanere ostinatamente fuori? Nel momento della sua creazione, i padri fondatori, gente di grande lungimiranza, miravano certamente a diventare protagonisti assoluti e la strada era stata tracciata con una certa perspicacia, attraverso step successivi che dovevano condurre ad una unificazione graduale con progressiva cessione di sovranità, che avrebbe dovuto condurre, attraverso il progressivo miglioramento economico e alla successiva abolizione delle frontiere ad una completa e definitiva Unione, che avrebbe avuto tutte le armi per poter primeggiare di fronte alle altre. Cosa si è messo di traverso a procurare quello che potrebbe condurre al fallimento di questo sogno? Non si è fatto conto purtroppo della pochezza della natura umana del popolo, degli egoismi interni, dei via via crescenti nazionalismi, che si credevano ingenuamente morti dopo il grande conflitto e che invece sono via via risorti, conducendo ad una crescita imperiosa di quegli ideali sovranisti, vero cancro indistruttibile dell'umanità, che uscendo dalle fogne della storia dove erano stati cacciati, hanno cominciato ad erodere sempre di più le fondamenta della costruzione. Chi poteva facilmente distruggerli ai loro albori, procedendo a tappe forzate lungo il cammino, non li ha subito stroncati alla nascita come sarebbe stato necessario, timoroso, di perdere consensi da un lato e dall'altro perché anche lui aveva nelle vene questo virus malevolo che ha impedito di proseguire lungo la strada tracciata dai padri, proseguendo con unità fiscali, in materia militare e in tanti altri settori, che avrebbero segnato la strada per le definitive e sacrosante cessioni di sovranità che i nazionalismi avrebbero ucciso nella culla. Così ci troviamo a questo destino di decadenza irrimediabile, spezzettati in paesetti, alcuni un po' meglio messi, altri con le pezze al culo, ma tutti ugualmente irrilevanti nello scacchiere mondiale, governati da ominicchi e quaquaraquà. Il dopovirus potrebbe aprire a nuovi scenari? Certo, ma ci vorrebbero uomini di grandi idee che segnassero una strada di prospettive ambiziose fregandosene del voto di domattina o di quello che gridano nelle piazze sollevate dai populismi più beceri. Invece, temo, si cercherà di dare un colpo al cerchio e uno alla botte, facendo qualche concessione da una parte, sempre timorosi che i vari Felpa Pig, Occhi di Triglia e Tronco di Pina, sparsi in tutta l'Europa, non prendano troppo spazio, condannando quindi il sogno europeo alla morte oppure ad una lunga ed irrilevante agonia, mentre l'impero di mezzo governerà il mondo.
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